1. IL LINGUAGGIO
Che cosa rende possibile dire io? Solo un essere capace di linguaggio può identificare, fra le mille parole, anche la minuscola e misteriosa parola “io”. Ma da dove proviene questa capacità così profondamente e unicamente umana? Il linguaggio è comunemente inteso a partire dal suo utilizzo più evidente: comunicazione tra diversi soggetti, sostenuta da una serie di regole condivise che vengono tramandate dalle famiglie e dagli studi elementari. Eppure, questa definizione non basta a catturarne l’essenza fino in fondo. La natura e la tecnica offrono esempi che sembrano avvicinarsi al linguaggio: ci meravigliamo di fronte alle complesse danze delle api o ai variegati canti degli uccelli, e ci stiamo abituando ad avere in tasca degli assistenti vocali che forse seguono le regole grammaticali più correttamente di noi. Ma esiste, oppure no, uno scarto fondamentale rispetto al nostro parlare? Partendo dal lavoro del neurolinguista Andrea Moro, saremo invitati a scoprire dove si annidano le differenze, scavando nelle profondità del nostro cervello per scoprirne le possibilità intrinseche nella teoria delle lingue impossibili. Vedremo come il linguaggio è fondamentale non soltanto per poter esprimere il nostro pensiero, ma anche per la sussistenza stessa del nostro pensiero. Si tratta di una struttura biologicamente determinata e precedente ad ogni esperienza, unica nell’universo, che permette di andare oltre le necessità basilari e di affrontare l’esperienza più profonda di confronto con il senso ultimo delle cose.
2. LA COSCIENZA
Se c’è una parola che indica una proprietà che ci contraddistingue come soggetti è la parola “coscienza”. Si tratta di una proprietà decisiva e fragile, che può facilmente svanire, come quando ci addormentiamo, per poi ricomparire altrettanto rapidamente al risveglio. Non solo. Esistono molte situazioni, che vanno dai comi di qualche giorno a stati vegetativi che possono durare anni, nei quali sembra quasi impossibile intercettare qualunque traccia di una personalità presente all'interno di un corpo non più capace di comunicare con il mondo esterno. Sembra allora che il mistero della coscienza debba restare inaccessibile all’indagine scientifica. Molti scienziati vorrebbero legare la percezione di sé e del mondo alla capacità di comunicarlo ("funzione"). Seguendo l'approccio del professor Marcello Massimini il visitatore sarà accompagnato alla scoperta di storie vere di persone che hanno sperimentato la cosiddetta "zona grigia", laddove il legame tra coscienza e funzione risulta più problematico e sfuggente, forse compromesso. Procedendo nel percorso gli interrogativi aumenteranno, incontrando tecniche sofisticate sviluppate in anni recenti per intercettare le più deboli tracce di coscienza. Secondo questo approccio la prima indagine va svolta all’interno di noi allo scopo di riconoscere le caratteristiche dell’esperienza soggettiva della coscienza, per poi cercare, nella inestricabile complessità del cervello, elementi misurabili che corrispondano a queste caratteristiche. Mediante questa strategia, che non ha l’ambizione di spiegare la coscienza, si trovano nuovi accessi a questa nostra ineffabile qualità, anche quando non siamo in grado di comunicarla.