Senza simbolo non c’è l’uomo

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Fiorenzo Facchini, L’Osservatore Romano, 21 novembre 2013
Le trasformazioni della materia e, più in generale, delle risorse della natura in oggetti da cui l’uomo ricava qualche utilità o vantaggio costituiscono la tecnica, nella quale si esprimono le capacità cognitive dell’uomo che si rivela faber perché sapiens, come notava Jean Piveteau.

Si parla anche di tecniche nel mondo animale eseguite per mezzo di particolari organi: il becco, le zampe, la proboscide possono essere usati come strumenti. Esse rispondono a finalità ben precise e si svolgono con regole che configurano una vera tecnica. Basti pensare alla costruzione delle dighe realizzate dal castoro, alle celle esagonali delle api, alla costruzione del nido negli uccelli. Lo scimpanzè utilizza bastoni e pietre.

Si tratta di comportamenti che seguono regole precise iscritte nel Dna o nell’imprinting della specie o che vengono realizzati per imitazione. Come essi si siano formati non è affatto chiaro. Sono comportamenti istintivi, costanti e stereoti- pi, non pensati dall’animale. Come ha osservato Oakley (1992) «gli animali ricorrono all’uso di utensili, ma a differenza dell’uomo non li fabbricano». Ben diversa la tecnologia realizzata dall’uomo che modifica intenzionalmente la mate- ria, più in generale la natura, per determinati scopi pensati nella sua mente.

Nella tecnologia impiegata dall’uomo possiamo riconoscere due elementi caratteristici: la intenzionalità in ordine a un determinato fine pensato e da raggiungere, e la capacità di innovazione e di perfezionamento, attraverso la utilizza- zione dei prodotti della tecnica per scopi diversi. Tutto questo è possibile perché l’uomo è fornito di intelligenza astrattiva. Essa si può riconoscere già nella fabbricazione intenzionale di strumenti e quindi nelle prime fasi dell’umanità. Alla intelligenza astrattiva e allo psichismo riflesso dell’uomo si lega la simbolizzazione, la quale secondo l’ermeneutica moderna, non va ristretta alle raffigurazioni dell’arte o al linguaggio. Assumendo che il simbolo è un segno, una realtà materiale, visibile, che rimanda a altro che sfugge, a un significato che rientra nell’immaginario dell’uomo, tutta la realtà, ha osservato Cassirer (1923), può assumere una «pre- gnanza simbolica» e il simbolico rappresenta il significato che la realtà oggettiva acquista nella coscienza dell’uomo.

Secondo Ricoeur, il segno ha un carattere univoco, legato a pura funzionalità o fenomeni fisici, il simbolo ha un carattere di plurivocità, contiene una sovrabbondanza di senso. In ogni caso è l’uomo che attribuisce significati simbolici alle cose (segno grafico, raffigurazione, suono) o coglie nei fenomeni della natura e negli elementi cosmici il rimando ad altro. «Il simbolo dà a pensare», afferma Rico- eur (1960), riprendendo un aforisma di Kant, «è aurora di riflessione» (1967). Dove c’è pensiero, c’è capacità di riflessione.

La simbolizzazione costituisce il nucleo profondo dello psichismo umano. «Attraverso il simbolo l’uomo riconosce ed esprime in forma sociale o rituale le potenti forze che sente intorno a sé, in questo modo le domina e le conduce al controllo sociale» (Cassirer, 1931). Secondo Eliade (1952) negli ultimi decenni c’è stata una riscoperta del simbolismo nel suo valore gnoseologico e nella sua appartenenza alla sostanza della vita spirituale dell’uomo a cui si lega la storia. Il pensiero simbolico è connaturale all’essere umano e precede il linguaggio e il ragio- namento discorsivo.

L’accezione ampia di simbolo fa riconoscere un carattere simbolico non soltanto al linguaggio e alle raffigurazioni dell’arte parietale e mobiliare, ma a molte mani- festazioni del comportamento umano che vengono ad assumere, per dirla con le parole di Cassirer, una «pregnanza simbolica». Vengono così arricchite di significato anche le risposte ai bisogni biologici, la tecnologia strumentale e il rapporto con il territorio.

La corporeità non si risolve nella funzionalità, ma esprime la persona; il focolare è per riscaldare e per cuocere i cibi, ma anche occa- sione di comunicazione; l’abito protegge, ma ha anche un significato sociale, e così via.

Anche i prodotti della tecnica sono rivelatori della capacità astrattiva dell’uomo che pensa allo strumento che vuole realizzare e quindi lo rappresenta idealmente facendo assumere allo strumento fabbricato un significato nell’ambito di un sistema di relazioni con la realtà fisica e con l’ambiente umano, senza esaurirsi nella specifica funzione a cui è primariamente destinato. Per questo motivo lo strumento viene non soltanto fabbricato e utilizzato, ma conservato e migliorato in ordine all’uso che si può farne.

A differenza di quanto si rileva presso altri primati, estinti o viventi, osserva Kitahara Frisch, gli strumenti usati o fabbricati dall’uomo non sono degli accessori che vengono utilizzati e poi gettati, ma sono conservati o, se vengono abbandonati, è perché se ne costruiscono dei migliori.

Anche il rapporto con il territorio, mediante la delimitazione e l’organizzazione di spazi, destinati a scopi diversi, oltre a rispondere a un progetto, fa assumere al luogo abitato molteplici significati, non soltanto di protezione, ma anche sociali. In questi casi parlerei di simbolismo funzionale, perché l’artefatto assume un significato nella sua obiettività e rinvia a un’idea, a una finalità pensata da chi l’ha fabbricato e fa parte di un complesso di attività e di un sistema di relazioni che formano la vita sociale. La tecnica viene ad assumere un valore simbolico, perché si sviluppa nell’immaginario dell’uomo.

La cultura strumentale diventa così un indicatore della presenza dell’uomo il quale può essere riconosciuto, secondo molti paleoan- tropologi, già nella cultura del ciottolo, praticata da Homo habilis 2,5-2 milioni di anni fa e via via perfezionata fino a realizzare i bifacciali con Homo ergaster/erectus di 1,6-1,8 milioni di anni fa, nei quali è evidente il concetto di simmetria. Questi strumenti sono rivelatori di pensiero e di simbolismo. Senza riflessione non c’è simbolo, senza simbolo non c’è l’uomo.

La tecnologia più evidente nel- l’uomo preistorico riguarda la fabbricazione degli strumenti, ma possiamo riconoscere anche una tecnologia nella organizzazione del territorio. La delimitazione di spazi abitativi o per l’organizzazione della caccia o di atelier per la lavorazione della selce è documentata fin nelle fasi di Homo erectus del Paleolitico inferiore, e nel Neolitico con lo stanziamento in un territorio (case da abitare, villaggi), per non parlare della tecnologia finalizzata a grandi manufatti evocativi del sacro nel Neolitico e nell’età dei metalli, come le costruzioni megalitiche, i templi, e i santuari. Si tratta di una tecnologia avanzata sul piano architettonico, impiegata per la rappresentazione del mondo simbolico. Il Neolitico vede con l’agricoltura e l’allevamento lo sviluppo di tecnologie applicate alla riproduzione di piante e animali. A queste prime biotecnologie si accompagna tutto un mondo simbolico che si riflette nella vita dell’uomo e nella società.

Nel rapporto tra simbolo e tecnologia non possiamo dimenticare il fuoco, sia nella probabile prima fase di utilizzazione del fuoco spontaneo in natura, che nella sua domesticazione. Non è chiara l’epoca in cui l’uomo ha realizzato la produzione del fuoco dopo avere utilizzato, così si ritiene, quello prodotto spontaneamente in natu- ra. Tracce di focolari sono attestate a partire dal Paleolitico medio, ma l’uso del fuoco è documentato da oltre un milione di anni. Senza indulgere alla fantasia esso va visto non solo sul piano utilitaristico, ma anche come elemento di unione, nel suo valore simbolico.

Un altro esempio di rapporto tra tecnologia e mondo simbolico può essere considerato l’uso dell’ocra o di sostanze coloranti. Non lo tro- viamo solo nelle tombe del Paleoli- tico superiore di 30-40.000 anni fa. Nella grotta di Blombes in Africa australe, risalente a circa 80.000 anni fa, sono state trovate tavolette di ocra con incisioni geometriche di oscuro significato. L’uso di so- stanze coloranti è attestato in alcu- ni depositi neandertaliani, per non parlare delle rappresentazioni pa- rietali delle grotte del Paleolitico superiore e del Neolitico che rivelano un mondo simbolico rappresentato con grande raffinatezza e arte.

Il rapporto tra tecnologia e simbolismo nell’uomo preistorico è molteplice, così come nell’uomo attuale la tecnologia è largamente impiegata per la rappresentazione del mondo simbolico. È un aspetto del comportamento culturale dell’uomo. La tecnologia è certamente un modo in cui si esprime l’attività e lo psichismo dell’uomo, anche se il suo mondo interiore va oltre la tecnica. È ricorrente l’espressione cultura materiale, ma l’espressione, che ha un riferimento alla materia che viene utilizzata nella fabbricazione degli strumenti, è riduttiva e non deve trarre in inganno, perché in realtà c’è un mondo simbolico spirituale dietro lo strumentario e l’apparato tecnico che viene utilizzato.