Marco Bersanelli*, La Stampa, 22 marzo 2013
Dopo vent’anni di attesa e lavoro, dopo tre anni di osservazioni da un angolo sperduto dello spazio a un milione e mezzo di chilometri dalla terra, dopo migliaia di ore d’impegno di un piccolo esercito di brillanti scienziati di tutto il mondo (molti italiani), ieri abbiamo finalmente mostrato i primi risultati della missione Planck dell’ESA. Guardare indietro verso l’alba del tempo e catturare l’immagine più nitida mai realizzata dell’universo appena nato, questo l’obiettivo di Planck. Oggi possiamo dirlo: missione compiuta. Planck è una sorta di macchina del tempo. Poiché la luce, per quanto veloce, impiega molto tempo ad attraversare le distanze cosmiche, osservare oggetti a grande distanza nello spazio significa anche vederli come essi erano indietro nel tempo. Planck porta questa situazione alle estreme conseguenze: i suoi sofisticati strumenti catturano luce (che oggi vediamo sotto forma di microonde) che ha viaggiato quasi per l’intera età dell’universo, circa 14 miliardi di anni, e dunque ci restituiscono un’istantanea di come si presentava il cosmo all’inizio, quando la sua età era lo 0,003% di quella attuale. È come vedere un bimbo a poche settimane di vita rispetto a un adulto di 50 anni.
Gli strumenti di Planck sono i più potenti ricettori di microonde mai costruiti. Grazie alla loro sensibilità e risoluzione angolare ci hanno permesso di registrare con estrema precisione le piccole fluttuazioni di densità che agitavano il plasma infuocato che riempiva l’universo primitivo. Si tratta di oscillazioni acustiche (onde sonore) i cui effetti gravitazionali hanno dato il via alla formazione delle strutture. Per la prima volta Planck ha captato per intero questa «sinfonia cosmica», la cui analisi ha permesso di misurare con precisione senza precedenti le caratteristiche dell’universo.
I risultati ci offrono un misto di conferme e di sorprese. Anzitutto Planck ha verificato in modo spettacolare la validità del modello cosmologico standard. Significa in pratica che i tratti essenziali del nostro universo sono descritti molto bene da una manciata di parametri: sei numeri in tutto. L’universo iniziale era di una semplicità disarmante. Impressiona considerare come quello stato semplicissimo iniziale sia stato terreno fertile per lo sbocciare della complessità e della ricchezza che troviamo nell’universo presente. Planck ha anche precisato il valore di quei parametri che fissano l’abbondanza degli ingredienti di materia-energia, la geometria dello spazio, la dinamica dell’espansione. Troviamo che la materia «ordinaria» (della quale sono fatte le stelle, le galassie, e tutto il mondo conosciuto, compresi noi stessi) costituisce solo il 4,9% del contenuto dell’universo. La presenza della materia oscura non solo è confermata, ma «pesa» più del previsto: è il 26,8% del totale, un quinto in più di quanto si pensava. Il resto è il contributo dell’energia oscura, la misteriosa forza responsabile dell’accelerazione cosmica. Inoltre troviamo che la famosa costante di Hubble, che misura il tasso dell’espansione, ha un valore inferiore a quello dedotto da altre osservazioni astronomiche. Tutto ciò fornisce anche una data di nascita ben precisa per il nostro universo: 13,82 miliardi di anni, con la pazzesca precisione dello 0.4%.
Ma non è tutto. Le mappe di Planck hanno anche rivelato alcuni indizi che potrebbero essere sintomo di qualcosa di più profondo. Uno dei pilastri della cosmologia moderna è il cosiddetto principio cosmologico, ovvero l’assunto che su grande scala l’universo è in sostanza ovunque uguale a se stesso. Planck ha rivelato qualche crepa: si osserva una lieve asimmetria tra un emisfero e l’altro del cielo; inoltre si nota la presenza di un’ampia regione «fredda» difficile da spiegare come una semplice fluttuazione statistica; e altre piccole stranezze.
E’ straordinario vedere in diretta l’universo neonato con una definizione mai vista prima. E l’avventura non finisce qui. Questi risultati riguardano solo i primi 15 mesi di osservazioni, abbiamo ancora molti dati nel cassetto, compresa l’analisi sulla polarizzazione che promette altre novità. Arrivederci nel 2014!
*Università degli Studi di MilanoE’ straordinario vedere in diretta l’universo neonato con una definizione mai vista prima. E l’avventura non finisce qui. Questi risultati riguardano solo i primi 15 mesi di osservazioni, abbiamo ancora molti dati nel cassetto, compresa l’analisi sulla polarizzazione che promette altre novità. Arrivederci nel 2014!
Instrument Scientist e Deputy PI di Planck-LFI