Giovanni Caprara, Corriere della Sera, 28 Settembre 2012
Se al Cern di Ginevra gli scienziati hanno scoperto il bosone di Higgs, la famosa «particella di Dio», lo devono a Lucio Rossi, fisico dell’Università statale di Milano che ha guidato la progettazione e la costruzione del superacceleratore LHC dove la particella è stata catturata. Rossi è il «padre» del lungo anello che corre per 27 chilometri sotto le montagne a cavallo della Francia e della Svizzera e questa sera alle 18.30 racconterà la sua straordinaria storia e la storia di un’avventura che sembrava quasi impossibile al Museo nazionale della scienza e della tecnologia «Leonardo da Vinci» in occasione della «Notte dei ricercatori». Rossi, piacentino di nascita, ma milanese d’adozione da quando frequentava l’università dove poi diventava professore, negli anni Novanta realizzava per l’Istituto nazionale di fisica nucleare il ciclotrone superconduttore installato poi a Catania. Era il primo del genere in Europa. Intanto aveva incominciato a studiare alcuni elementi del superacceleratore del Cern e quando dovevano scegliere a chi affidare l’opera Lucio Rossi era il più esperto europeo a cui far ricorso. Così accadde e dal 2001 si trasferiva nel grande laboratorio ginevrino per affrontare la non facile impresa. Mai era stato costruito un anello così lungo con dei magneti superconduttori raffreddati a 270 gradi sottozero. Ma era necessario per raggiunge quell’energia nello scontro tra i protoni che avveniva al suo interno, indispensabile per riprodurre le condizioni dell’universo una frazione di secondo dopo il Big Bang. Da quell’inferno sotterraneo sarebbe zampillata la «particella di Dio» che mobilitava tremila ricercatori. E nel luglio scorso il grande annuncio di Fabiola Gianotti e Joe Incandela, i responsabili dei due esperimenti Atlas e Cms: il bosone era stato catturato. Grazie ai 10 mila magneti superconduttori concepiti da Lucio Rossi. Ora il grande fisico milanese guarda al futuro ed è già impegnato nel progettare nuove parti che renderanno ancora più potente il superacceleratore. «Così, dice, aumenteremo il numero degli scontri tra i protoni aprendo la porta a nuove scoperte altrimenti impossibili». Con la sua macchina Lucio Rossi ci porta alle origini dell’Universo, a quel grande mistero che la scienza cerca di decifrare. E dimostra come, nonostante le difficoltà, il nostro Paese continui a esprimere grandi scienziati.