Avvenire, 12 Aprile 2012, di Gian Luigi Gigli
Le navate di Notre-Dame si sono riempite ieri sera in occasione della Messa per la vita, presieduta da monsignor de Moulins Beaufort, vescovo ausiliare di Parigi. Con la celebrazione eucaristica di ringraziamento è terminata la cerimonia per la chiusura dell’inchiesta diocesana della causa di beatificazione del professor Jerome Lejeune. Con centinaia di parigini, erano presenti la vedova del professore, i suoi quattro figli e i ventisette nipoti, molti colleghi e – particolarmente commossi – molti pazienti con sindrome di Down accompagnati dai familiari.
Jerome Lejeune è, infatti, colui che ha scoperto la Trisomia del cromosoma 21 quale causa della sindrome di Down. Pensava che la sua scoperta sarebbe un giorno servita alla cura dei pazienti, e soffrì molto nel veder affermarsi la diagnosi prenatale come giustificazione dell’aborto, cosiddetto “terapeutico” ma in realtà eugenetico, mirante all’eliminazione dei diversi. Allo stesso modo, non poteva evitare di appassionarsi quando parlava dei problemi della disabilità o del futuro della terapia per le malattie genetiche. È in tale contesto che maturò la sua appassionata battaglia contro l’aborto. La sua testimonianza forte e autorevole, fedele al magistero della Chiesa sui temi della vita, gli fece accettare serenamente l’ostracismo cui l’avevano condannato una parte del mondo accademico e alcuni ambienti dei medici francesi. L’intransigente difesa della vita nascente e, in particolare, la sua opposizione all’aborto in caso di malformazioni o malattie genetiche del nascituro gli costarono probabilmente anche un annunciatissimo Premio Nobel. Colpita da tanta ostilità l’Associazione dei medici cattolici italiani maturò l’idea di nominarlo membro onorario, quasi a ripagarlo del non poter far parte dell’Associazione francese.
Ho avuto la fortuna di parlare a più riprese Jerome Lejeune. Oltre che un conferenziere brillante, era una persona molto amabile e un conversatore affascinante. L’incontro con Lejeune è stato per me, medico, un esempio tangibile di come fosse possibile coniugare la fede e la scienza senza difficoltà ed esitazioni, senza paure e senza timidezza, semplicemente per rendere testimonianza alla verità. È stato anche l’esempio di una fedeltà senza riserve al Papa e alla Chiesa da parte di una personalità disposta a pagare di persona, in termini di successo accademico e di ricchezza, per non venir meno alla sua coscienza. Un esempio di cui mi sono spesso ricordato quando mi è capitato di subire torti e pressioni per testimoniare l’amore alla vita.
Lejeune è il padre della moderna citogenetica, ha esplorato le aberrazioni cromosomiche e i difetti di saldatura del tubo neurale, ha lottato per trovare terapie per i suoi piccoli pazienti. A lui si deve l’uso ormai comune di arricchire la dieta delle gestanti con acido folico, per prevenire i danni allo sviluppo del sistema nervoso centrale durante la gravidanza. Soprattutto gli dobbiamo una fedeltà indefettibile alla causa dei più fragili, i bambini non ancora nati. Senza rispetto per loro non è possibile costniire una società rispettosa di tutte le fragilità. Lejeune è il modello di un laico capace di vivere in modo esemplare la vocazione cristiana nella famiglia, nella ricerca scientifica, nell’insegnamento e nella professione medica. Con Giovanni Paolo II sviluppò un legame speciale. Il Papa ne riconobbe pubblicamente la testimonianza nominandolo, pur già malato, primo presidente della neoistituita Pontificia Accademia per la vita e inginocchiandosi, dopo la morte, sulla sua tomba nel cimitero di Parigi.
Convinto anch’io che Lejeune abbia esercitato in modo eroico le virtù cristiane, spero e prego die i suoi meriti possano essere riconosciuti dalla Chiesa. Sarebbe un modello formidabile per quanti operano nel campo della biologia e della medicina, oltre che per le gestanti in difficoltà, tentate di ricorrere all’aborto, e per tutti i bambini con problemi malformativi, ritardo mentale e malattie genetiche. Sarebbe il riferimento ideale per chi difende la vita e promuovere la dignità dell’uomo. Oggi Jerome Lejeune può aiutarci a recuperare un’antropologia rispettosa di ogni uomo e di tutto l’uomo, senza riserve e senza discriminazioni.
«Un genio che parlava ai più piccoli»
di Daniele Zappalà
Il postulatore padre Jean-Charles Nault: «Moltissime le testimonianze spontanee provenienti da tutto il mondo. Era al contempo capace di rivolgersi ai grandi della terra così come ai più semplici, anche spiegando in modo molto accessibile le cose più complesse della scienza»
Il professor Jéróme Lejeune è stato una testimonianza vivente dell’unità completa della persona umana e della difesa della vita. Personalmente, ho vissuto il lavoro svolto sul suo percorso come un’avventura bella ed entusiasmante». A parlare in questi termini è padre Jean-Charles Nault, abate dell’Abbazia benedettina di SaintWandrille e postulatore della causa di beatificazione del celebre scienziato francese, scopritore dell’anomalia cromosomica all’origine della Trisomia 21. Ieri a Parigi, presso la cattedrale di Notre-Dame, Padre Nault ha presenziato ai vespri solenni nel quadro della celebrazione di chiusura della fase diocesana della causa. Per l’occasione, una «Messa per la vita» è stata presieduta da monsignor Eric de Moulins-Beaufort, vescovo ausiliare della capitale.
Padre Nault, può riassumerci il lavoro svolto?
Siamo giunti alla fine della parte diocesana e la successiva fase si svolgerà a Roma. Il lavoro è durato quasi 5 anni, con uno svolgimento che si può considerare piuttosto rapido. Il mio molo è stato quello di coordinare il lavoro di tre commissioni, a cominciare da un tribunale ecclesiastico che ha svolto le audizioni dei testimoni oculari. Una seconda commissione, denominata «storia e archivio», ha raccolto tutti i documenti del servitore di Dio, cioé da lui scritti, e tutti i documenti su di lui. Una terza commissione, composta da teologi, ha invece verificato che nei testi scritti dal professor Lejeune non vi fosse nulla di contrario alla fede e alla morale. Una ventina di volontari hanno trascritto tutti i documenti in formato elettronico.
Avete raccolto molte testimonianze?
Non posso fornire informazioni dettagliate su quelle da me sollecitate, ma si tratta comunque di un gran numero di testimonianze. Abbiamo poi ricevuto moltissime testimonianze spontanee sulla reputazione di santità. Colpisce, in proposito, la dimensione internazionale, trattandosi di testimonianze in gran parte provenienti dal mondo intero. In proposito, molti continuano a chiederci in tutte le lingue una preghiera, approvata dal cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, che abbiamo composto per chiedere grazie con l’intercessione del servitore di Dio. È un altro segno dell’aumento permanente della reputazione di santità.
Quali categorie di persone hanno maggiormente testimoniato?
Si tratta di un insieme molto differenziato. Ci sono persone del mondo medico, così come pazienti colpiti da malattie dell’intelligenza ma non solo, persone impegnate nella difesa della vita, molte comunità religiose, tanti giovani.
L’impegno ecclesiale del professor Lejeune è stato preso in considerazione?
Jéróme Lejeune ha avuto una dimensione ecclesiale importante, essendo stato nominato da Papa Giovanni Paolo II come primo presidente della Pontificia Accademia per la vita. L’analisi di questa fase farà naturalmente parte integrante dell’inchiesta romana, successiva alla raccolta d’informazioni fin qui eseguita.
A livello personale, come riassumerebbe la figura del professor Lejeune?
Siamo di fronte a una persona di un’intelligenza fuori dal comune, che aveva una straordinaria capacità di entrare in contatto con i più piccoli. Era al contempo capace di rivolgersi ai grandi di questo mondo così come ai più semplici, anche spiegando in modo molto accessibile le cose complesse della scienza. Ha saputo mostrare la coerenza fra la fede e la scienza, la fede e la ragione.
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