L’osservatore Romano, 04 Marzo 2012, di Giuseppina Piccirilli
A colloquio con Piero Benvenuti dell’università di Padova
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Grande scienziato protagonista di primo piano a livello mondiale, Edoardo Amaldi è stato un pioniere della “politica della scienza” come elemento fondamentale di collaborazione internazionale. La sua visione politica della scienza è alla base della odierna struttura organizzativa spaziale europea. Oggi lo spazio lo ricorda dando il suo nome alla navicella europea Atv, prossima al suo lancio verso la Stazione spaziale. Con Piero Benvenuti, ordinario del Dipartimento di Fisica e astronomia dell’università di Padova, tracciamo un profilo dell’uomo di scienza e del suo pensiero politico sull’utilizzazione pacifica della ricerca.Quali le motivazioni per intitolare a Edoardo Amaldi l’Atv- 3?
Il motivo principale è sicuramente il ruolo fondamentale che Edoardo Amaldi ha avuto nel convincere i Paesi europei, alla fine degli anni Cinquanta, a unire le forze per costruire una programma spaziale comune che potesse competere con quelli degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Nel dicembre 1958 scrisse una lettera al professor Luigi Crocco, esponendogli l’idea di costituire quella che diventerà in seguito l’Agenzia spaziale europea (Esa): è un gioiello di capacità di analisi e di lungimiranza. È significativo che alcune copie della lettera saranno “spedite” agli astronauti della Stazione spaziale internazionale usando come “portalettere ” la navicella che porta il suo nome.
Quali erano le considerazioni che animavano Amaldi per la costituzione dell’ente europeo per lo spazio?
Credo che le ragioni vadano ricercate nella sua esperienza di giovane, brillante scienziato. Aveva avuto la fortuna di avere come docente di fisica Enrico Fermi e già all’età di 23 anni aveva trascorso un periodo di ricerca all’estero, a Lipsia, sotto la guida di Peter Debye. Al suo ritorno era subito entrato a far parte del famoso gruppo dei «ragazzi di via Panisperna», che ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo della fisica atomica. Un percorso straordinario che lo ha portato a comprendere che solo una collaborazione a livello mondiale avrebbe potuto far fronte in maniera adeguata alle risorse, economiche e professionali, necessarie. Prima di occuparsi di spazio a livello europeo, Amaldi era stato promotore nel 1952 di una simile iniziativa riguardante la ricerca nucleare che avreb be dato vita, già nel 1954 al Cern, il Centro europeo per la ricerca nucleare, che oggi è divenuto la punta di diamante della ricerca mondiale nel campo della fisica fondamentale. L’esperienza positiva ed entusiamante del Cern lo aveva sicuramente incoraggiato a proseguire l’impresa applicandone l’esempio anche alla ricerca spaziale.
A quell’epoca comunque l’Italia aveva già un suo programma spaziale nazionale: quale fu l’interazione di Amaldi?
È vero, Luigi Broglio era impegnato nella costruzione delle piattaforme Santa Rita e San Marco al largo delle coste del Kenia che in seguito furono utilizzate con successo per il lancio autonomo di satelliti interamente italiani, ancorché messi in orbita con vettori americani. Nella lettera citata, Amaldi dice di aver esposto le sue idee a Broglio, che però gli apparve piuttosto scettico. Oggi possiamo dire che la visione europea di Amaldi era vincente e che il sogno di Broglio di riuscire a costruire un lanciatore tutto italiano — probabilmente irrealizzabile in ambito puramente nazionale — si è oggi, in sostanza, coronato con il successo del primo lancio di Vega, vettore europeo realizzato con il grande contributo dell’Italia.
Quali erano le caratteristiche principali che Amaldi immaginava per il costituendo ente spaziale europeo?
Innanzitutto l’eccellenza e l’agilità. Nella sua lettera chiede a Crocco di aiutarlo a individuare le persone più competenti in tecnologie e scienze spaziali nei principali Paesi europei. Poche persone, cinque o sei, ma di grande statura professionale e morale: «Se nel gruppo organizzativo iniziale si infila qualche persona non sufficientemente seria, l’impresa sarebbe destinata a finir male», scrive. Un gruppo iniziale piccolo con elevata professionalità e capacità progettuale capace in pochi mesi di produrre un piano realistico e competitivo a livello delle due «potenze» spaziali dell’epoca. Un altro aspetto rilevante, espresso con forza da Amaldi e che sarebbe poi rimasto uno degli assi portanti dell’Esa, è la preoccupazione per un utilizzo esclusivamente pacifico dello spazio. Caratteristica fondamentale in un momento storico in cui le due nascenti potenze spaziali, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, davano al settore un valenza di grande competizione bellica. Amaldi in realtà capisce perfettamente l’importanza politica che lo spazio può rappresentare per la “difesa” di un Paese o di un Continente, non professa cioè un pacifismo ingenuo: afferma che nel prospettare un programma di «ricerca» europeo per lo spazio, questo non dovrebbe essere condizionato dalle esigenze militari, ma solo da quelle scientifiche e tecnologiche. Tale programma, una volta realizzato, offrirà senz’altro dei vantaggi per la difesa, qualora questa si rendesse necessaria.
La sua visione “europea” rischiava di mettere in secondo piano le iniziative nazionali?
Assolutamente no! Amaldi era un europeista convinto ma voleva fermamente che l’Italia fosse e si mantenesse protagonista nel processo di europeizzazione. Vedeva nella costituzione di enti europei lo stimolo necessario per mantenere e sviluppare in Italia linee di ricerca competitive. Pensava, come di fatto avviene oggi, a un continuo scambio di ricercatori italiani con gli enti europei, per valorizzare e internazionalizzare la loro esperienza professionale e la ricerca nazionale. Non a caso è stato co-fondatore con Gilberto Bernardini e Eligio Perucca dell’Istituto nazionale di fisica nucleare che oggi opera in grande sinergia con il Cern di Ginevra. Nel 1958 promosse la realizzazione di un elettrosincrotrone che venne costruito da Giorgio Salvini nei nuovi Laboratori nazionali di Frascati e successivamente stimolò la nascente linea di ricerca sulle onde gravitazionali. Tutte queste imprese nazionali si collegano naturalmente con i maggiori programmi europei e mondiali e contribuiscono a mantenere la ricerca italiana ai massimi livelli di eccellenza.
Quali altre qualità, anche al di là della sua visione europea della ricerca, possiamo ammirare in Amaldi?
La sua preoccupazione per l’insegnamento della scienza, in particolare della Fisica, ai giovani del suo Paese. Una preoccupazione che lo indusse a rifiutare l’offerta dell’amico Enrico Fermi, a nome dell’università di Chicago, di una cattedra negli Stati Uniti per poter continuare a insegnare Fisica sperimentale a Roma per più di quarant’anni. Assieme alla moglie Ginestra scrisse un libro di Fisica per le scuole superiori, successivamente rivisto e aggiornato dal figlio Ugo, anche lui fisico nucleare al Cern, che ha avuto un enorme successo: si stima che più di due milioni di studenti abbiano studiato la fisica sull’«Amaldi».
Oltre alla passione per la scienza e il suo insegnamento, Amaldi è stato un pacifista convinto e si fece promotore di varie iniziative internazionali per il disarmo nucleare e per il controllo degli armamenti. Infine, negli ultimi anni di attività, si dedicò a scrivere la storia della fisica del periodo entusiasmante di cui era stato protagonista. In particolare scrisse una biografia di Ettore Majorana, il più enigmatico dei «ragazzi di via Panisperna », scomparso misteriosamente nel marzo 1938, di cui Edoardo era stato forse il miglior amico.