Professore, sono sempre affidabili le certezze della scienza?
«La scienza fornisce all’umanità molte intuizioni e conoscenze significative e ben motivate. È perfettamente razionale e accettabile affidarsi a esse. Certo non ci danno la certezza assoluta. Un importante controllo e riesame può essere richiesto quando la conoscenza cresce notevolmente, come accade nel passaggio dalla fisica newtoniana alla teoria dei quanti e alla relatività».
Le verità della scienza cambiano, a volte, da un giorno all’altro e così la conoscenza scientifica porta avanti i propri orizzonti. I concetti fondamentali del pensiero teologico, invece, non cambiano mai. Con questo “sfasamento temporale”, come avvengono le interazioni e il dialogo tra scienza e fede?
«Anche le intuizioni e i discernimenti teologici si sviluppano nel tempo, magari più lentamente (la teologia è più difficile della scienza). Basta pensare a quanto crebbe la teologia cristiana nei primi cinque secoli con le deliberazioni dei Concili della Chiesa. Il lavoro di esplorazione teologica continua anche oggi. Le interazioni tra religione e scienza sussistono perché entrambe sono interessate alla ricerca della verità, sia pure a diversi livelli di approccio con la realtà».
Nel libro intitolato «Credere in Dio nell’età della scienza», lei descrive lo scetticismo che cattura alcuni credenti quando il progresso tecnologico diffonde una concezione materialistica del mondo. Ma se la scienza accresce i dubbi la si può considerare rivale della fede?
«La scienza non incoraggia i dubbi dei credenti, se rispetta la sua sfera di competenza, cioè se parla unicamente dei processi naturali senza discutere su questioni di valore.
Così, per un fisico, in quanto fisico, la musica è fatta di vibrazioni nell’aria ma nessuno potrebbe essere indotto a credere che la musica sia soltanto questo e su di essa non ci sia altro da dire».
Diventare fisico o sacerdote? A un lettore che le chiedeva un consiglio, lei ha risposto: «Punti sulla scienza e si costruisca una sensibilità e una cultura religiosa pregando e impegnandosi nelle attività della sua chiesa».
«Penso che tutti noi riceviamo da Dio i nostri diversi talenti per esprimerli e usarli. Dobbiamo aspettarci che chi ha talento scientifico lo usi in modo appropriato. Ma non dovrebbe farne il centro assoluto della propria vita. Tutti gli esseri umani devono essere pronti a incontrare la realtà del sacro».
Lei dichiara che le verità della scienza e quelle della fede sono profondamente connesse. Può spiegare perché?
«Mettiamola in modo leggermente rozzo. La scienza si domanda “come” accadono le cose, la religione si chiede “perché” accadono. Per capire la realtà, noi abbiamo bisogno di fare domande e ricevere risposte su entrambe le questioni (il bricco sta bollendo perché il gas acceso sta riscaldando l’acqua e perché io voglio farmi una tazza di tè). Le risposte sono diverse ma devono essere in consonanza l’una con l’altra (mettere il bricco nel frigorifero sarebbe incompatibile con l’intenzione di prepararmi una tazza di tè). In questo senso di consonanza, scienza e religione risultano intimamente connesse».
Nulla può essere accettato come vero se non è provato scientificamente, affermano molti ricercatori. Lei ha obiettato che, in base al teorema di Godel, nella matematica pura esistono affermazioni che sono vere eppure non possono essere dimostrate. Ma se scienza e fede sono reciprocamente indipendenti, la religione trascende la scienza e non ha nulla da dimostrare.
«Credo che sia la scienza sia la religione abbiano come obiettivo la verità e la cerchino attraverso convinzioni ben motivate cui è ragionevole affidarsi, pur sapendo che non sono assolutamente certe. Comunque la credenza religiosa non si fonda sulla sottomissione a qualche autorità irrazionale e non contestabile».