A caccia di antimateria

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Quando l’universo ebbe inizio, con il Big bang l’energia liberata avrebbe dovuto produrre materia e antimateria in uguali quantità. Ma l’universo in cui viviamo è fatto di materia. Il perché la materia prevalse sull’antimateria è uno dei misteri che gli scienziati cercano da tempo di scoprire.
Le particelle di antimateria sono speculari alle particelle ordinarie per ogni aspetto, tranne per il fatto di avere carica elettrica opposta. Lo scontro di una particella con la relativa antiparticella produce una violenta annichilazione. La conflagrazione di un solo grammo di materia con la rispettiva antimateria sprigionerebbe un’energia corrispondente a quarantamila tonnellate di tritolo. Se nell’universo ci fosse la stessa quantità di materia e antimateria, esse annichilirebbero quindi completamente, trasformando tutta la massa dell’universo in energia. Questo non è successo. E ci deve essere una spiegazione.
L’antimateria esiste, ma è rara in natura. Alcune sostanze radioattive emettono positroni e sono utilizzati nella Pet (tomografia ad emissione di positroni). Una piccola quantità di antiprotoni arriva costantemente dallo spazio, con i raggi cosmici. E anche lo sciame di particelle prodotto da un raggio cosmico di alta energia che colpisce un atomo dell’atmosfera contiene numerose antiparticelle. Ma quando si tratta di rintracciare quantità reali di antimateria l’esito è negativo: neppure l’esistenza di antiatomi isolati si trova in natura. Si è cercato di produrli artificialmente.
Recentemente con Lhc (il grande acceleratore del Cern di Ginevra) sono stati prodotti trentotto atomi di anti-idrogeno, mantenendoli in vita per un decimo di secondo (tempo lunghissimo se confrontato con la vita media di una particella di antimateria nel nostro mondo).
Si è anche pensato che l’antimateria non sia scomparsa, ma che nei primi convulsi momenti dopo il Big bang sia rimasta in qualche modo isolata dalla materia. Numerosi esperimenti con sensori di raggi gamma su satelliti hanno cercato tale emissione, ma senza successo. È anche possibile che esistano «isole» di antimateria molto distanti. Come si potrebbe verificare tale ipotesi? Qui entra in gioco l’«Anti matter spectrometer» o Ams-02, installato il 19 maggio sulla stazione spaziale orbitante durante la missione dello Shuttle Endeavour, a cui partecipava l’a s t ro – nauta italiano Roberto Vittori. È un rilevatore di particelle di nuova concezione, progettato per operare come modulo esterno della Stazione Spaziale Internazionale (Iss), formato da un grande magnete superconduttore da otto tonnellate, la cui missione è quella di capire se esistono tracce di antimateria nei raggi cosmici.
L’identificazione di un solo nucleo di antielio avrebbe grandi ripercussioni sulla teoria della sintesi primordiale degli elementi. Mentre quella di un antinucleo più pesante, producibile solo tramite fusione nucleare di antiprotoni in eventuali «antistelle», sarebbe la prova della presenza di zone dell’universo costituite di antimateria.
Nel 1998 Ams-01 (un prototipo dell’esperimento portato in orbita sullo Shuttle) stabilì il limite superiore di 106 per il rapporto del flusso anti-elio/elio nell’universo. Adesso Ams-02 raggiungerà il limite di 109, ampliando notevolmente il volume di universo che può essere testato per cercare antimateria primordiale. Inoltre Ams-02 effettuerà misure di precisione della composizione di tutte le componenti cariche dei raggi cosmici.
Le sue dimensioni sono davvero notevoli, più di tre metri di lato per un peso complessivo di 7,5 tonnellate. La realizzazione di Ams-02 per una missione che durerà almeno dieci anni sulla Iss ha richiesto lo sviluppo e la qualificazione spaziale di numerose tecnologie, molte delle quali sviluppate in Italia da Asi e Infn. Il componente più sofisticato è senza dubbio il magnete cilindrico superconduttore, operante a 1,4°K (ossia appena sopra lo zero assoluto) e raffreddato con un flusso di elio superfluido. Si tratta del primo magnete superconduttore disegnato per operare nello spazio.
Ams è un progetto nato sedici anni fa, frutto di una collaborazione internazionale in cui sono coinvolti sessanta istituti di sedici Paesi, per un totale di seicento ricercatori. Coordinato dal Nobel Samuel Ting, il vice è l’italiano Roberto Battiston, docente dell’università di Perugia e presidente Infn della Commissione nazionale per la Fisica astroparticellare.
Da Ams si attendono risposte a problemi che stanno alla base della fisica delle particelle elementari. In particolare lo studio della natura della materia oscura tramite la ricerca di distorsioni negli spettri di particelle e antiparticelle rare.
La materia visibile nell’universo, come le stelle e le galassie, costituisce il cinque per cento circa del bilancio totale di massa-energia nell’universo. Il restante novantacinque è buio, o meglio è in parte materia oscura (circa il ventitré per cento) e in parte energia oscura (il resto). La natura esatta delle due componenti oscure non è nota.
Uno dei candidati scelti come costituente della materia oscura è il neutralino, una particella ipotizzata molto pesante, ma che interagisce debolmente. Se queste particelle esistessero, potrebbero collidere tra loro dando origine a eccessi di particelle cariche o neutre che possono essere rivelate da Ams-02.
Inoltre tutta la materia presente sulla Terra è costituita da due tipi di quark, l’up e il down, ma sperimentalmente ne sono stati scoperti sei: up, down, strange, charm, bottom e top. I fisici si chiedono se per caso esista della materia fatta dai tre quark up, down e strange. Particelle di questo tipo sono previste dalla teoria e sono state battezzate strangelets. Possono avere una grande massa e un basso rapporto carica/massa: si tratterebbe di un tipo di materia esotica, del tutto nuova, che Ams-02 potrebbe rivelare.
Per ultimo, essendo l’Ams operativo sulla Iss per un decennio, raccoglierà un’immensa quantità di dati accurati e permetterà misurazioni della variazione a lungo termine del flusso dei raggi cosmici su un campo di energia esteso, dai protoni ai nuclei del ferro. Dopo la missione nominale l’Ams-02 potrà, comunque, continuare a fornire misurazioni sui raggi cosmici. Ciò sarà certamente utile, perché, per esempio, le radiazioni cosmiche sono un grave ostacolo a un volo spaziale su Marte con equipaggio umano. Con misurazioni precise sull’ambiente attraversato dai raggi cosmici si potranno pianificare adeguate contromisure.
La maggior parte degli studi sui raggi cosmici finora svolti sono stati fatti con strumenti portati da palloni stratosferici per pochi giorni e hanno mostrato variazioni significative. Oltre alla comprensione di come proteggersi dalle radiazioni, condizione necessaria per poter effettuare voli spaziali umani interplanetari, questi dati consentiranno di determinare con precisione la propagazione interstellare e le origini dei raggi cosmici.
Quindi Ams sta cercando di scoprire le particelle che compongono la materia ignota, chiamata antimateria primordiale, materia oscura, materia strana. La sua scoperta aprirebbe le porte a nuovi scenari della conoscenza. Potrebbe svelare l’esistenza di antistelle e antigalassie; far comprendere la natura della materia oscura costituente circa un quarto di tutto l’universo, una quantità cinque volte superiore a quella della materia ordinaria; segnalare un «mondo» di una materia ultradensa composta di quark strange, anziché solo di quark up e down come quelli che compongono la materia ordinaria.
Questa «altra» materia potrebbe costituire un altro universo, diverso da quello oggi noto. I primi risultati di fisica si attendono già entro i primi sette mesi di presa dati dell’esp erimento.