L’Osservatore Romano, 11 Giugno 2011, di Maria Maggi
Mercurio, nella mitologia romana era il messaggero degli dèi. Ora un altro messaggero, la sonda della Nasa Messenger (acronimo di Mercury surface, space environment, geochemistry and ranging), sta orbitando attorno al minuscolo primo pianeta del sistema solare, che porta il nome di quel dio mitologico.
Fino al marzo 1974 il pianeta Mercurio era avvolto quasi completamente nel mistero. Essendo il pianeta più interno, è scarsamente visibile da Terra e sempre un po’ annegato, all’alba o al tramonto, nella luce del Sole. La sua scoperta deve essersi verificata comunque nella preistoria. L’osservazione scientifica più antica conosciuta risale al 265 antecedente l’era cristiana, come ci ha tramandato il grande astronomo Tolomeo. Già Platone, nella Repubblica, fece un commento sul colore giallastro di Mercurio, anche se la maggior parte degli osservatori a occhio nudo lo descrivono come bianco. Con il telescopio, dopo il 1600, gli astronomi non sono riusciti a descrivere la superficie del piccolo pianeta fino al volo del Mariner 10, una sonda automatica della Nasa che, il 29 marzo 1974, lo avvicinò per la prima volta. Nel corso di tre sorvoli fu fotografata circa metà della superficie. Mercurio si rivelò notevolmente simile alla Luna, mostrando un suolo costellato di crateri, ma anche assai diverso, con scarpate e creste lunghe centinaia di chilometri, talvolta sovrapposte a formazioni più antiche. Sulla sua superficie, tra l’altro, fu individuato il più grande bacino d’impatto del sistema solare, chiamato poi Caloris. Ma la sonda osservò altre caratteristiche: il pianeta aveva una tenuissima atmosfera di argon, neon ed elio, una temperatura in superficie tra i 510 e i 210 gradi centigradi un campo magnetico pari all’1 per cento di quello terrestre e una massa pari al 6 per cento di quella della Terra.
A trent’anni da quella prima missione la Nasa ha lanciato il 3 agosto 2004 la sonda Messenger, che, il 18 marzo 2011, è entrata in orbita «ermeocentrica», compiendo una manovra impossibile per Mariner 10. Questa prima sonda, infatti, fu collocata in orbita solare e passava ogni sei mesi nei pressi di Mercurio. Uno dei motivi per cui sono stati necessari tre decenni di studi per riprendere l’esplorazione di Mercurio e rimanervi in orbita, è stata la necessità di dover risolvere importanti problemi tecnologici. Se una sonda fosse andata direttamente verso Mercurio, ossia verso il pozzo gravitazionale del Sole, sarebbe arrivata nei pressi del pianeta con una velocità troppo grande per la cattura orbitale, così l’unica possibilità per Mariner 10 era di diventare un satellite del Sole: ancora oggi lo è, ma è muto dal 1975, quando le sue attrezzature smisero di funzionare. Siccome i motori a razzo convenzionali di Messenger non sono in grado di frenare a sufficienza per orbitare attorno a Mercurio, gli scienziati hanno ideato un percorso tortuoso sfruttando l’effetto fionda per diminuire gradualmente la velocità nel passaggio ravvicinato attorno ad alcuni pianeti (fly-by). La sonda, dopo il lancio è passata così una volta vicino alla Terra, due a Venere e tre a Mercurio, rallentando a ogni transito, e nell’arco di sei anni e mezzo è riuscita a ridurre la velocità fino a 11 chilometri al secondo, adatta alla cattura in orbita. Messenger è stata progettata per rispondere a sei interrogativi fondamentali riguardanti Mercurio: qual è la composizione chimica della superficie? Qual è la sua storia geologica? Come può un pianeta così piccolo avere un campo magnetico globale? Che dimensioni ha il nucleo ed è ancora in parte fuso? Sono di ghiaccio le chiazze osservate col radar vicino ai poli? Che cosa avviene nella sua rarefatta atmosfera? La missione avrà una durata di un anno terrestre circa. Dovrebbe terminare il compito che Mariner 10 ha lasciato a metà.
La sonda Messenger presenta per far ciò moltissimi miglioramenti nella scansione della superficie, con camere aventi una risoluzione di 18 metri (quella a bordo di Mariner 10 aveva una risoluzione di un chilometro), ed eseguirà per la prima volta una ripresa completa del pianeta. Occorreva però adattarla alla situazione infernale operativa: lì il Sole è 11 volte più luminoso che sulla Terra e quindi la sonda è stata schermata opportunamente. Anche i pannelli solari sono posti molto inclinati per assorbire solo una parte della luce e non surriscaldarsi. Inoltre gli strumenti scientifici, per non finire arrosto, sono collocati su uno strato di paraffina, che fonde e assorbe calore quando il veicolo è più vicino al suolo, mentre solidifica quando è ad alta quota o sull’emisfero in ombra.
Un’anticipazione delle novità che la missione ci porterà ci è stata già fornita nei mesi scorsi, quando i ricercatori della Nasa hanno annunciato la scoperta di attività vulcanica recente su Mercurio, osservata nel corso dei fly-by di avvicinamento della sonda. Prima di Mariner 10 si pensava che Mercurio fosse geologicamente morto da lungo tempo, come la Luna, ossia che avesse esaurito tutto il suo calore endogeno, ma le immagini inviate di pianure di origine apparentemente vulcanica hanno fatto sorgere perplessità. Messenger ha già sciolto alcuni dubbi, individuando chiare tracce di depositi lavici e di antiche eruzioni. Rappresentando le strutture superficiali morfologicamente simili i responsabili della missione hanno tracciato la prima carta geologica di Mercurio. Si nota che le pianure sono distribuite su tutta la superficie e la più recente potrebbe avere un’età di circa un miliardo di anni, più giovane rispetto a quelle della Luna e di Marte.
Intanto, i sette strumenti a bordo di Messenger stanno cominciando a raccogliere dati e immagini, che dall’orbita hanno una risoluzione almeno tre volte migliore di quelle riprese nella fase di avvicinamento. L’orbita della sonda, che compie un giro in 12 ore, è molto allungata, raggiungendo, nel punto più vicino, la distanza di 200 chilometri dalla superficie di Mercurio e, nel punto più lontano, la distanza di 15 mila chilometri. Gli scienziati sono fiduciosi che la missione continuerà a rivoluzionare le nostre conoscenze.
Questo però è solo l’inizio di un attacco ai segreti di Mercurio. Nel 2014 partirà «BepiColombo»: missione dell’Esa, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Giapponese Jaxa, con l’Italia molto coinvolta. Si tratta di una missione ben più complessa di Messenger: consisterà di due satelliti separati, uno dedicato all’ambiente che circonda Mercurio (radiazione solare, campo magnetico, vento di particelle), e l’altro interamente rivolto al pianeta stesso (superficie, topologia, struttura interna) per ottenere una visione completa del pianeta.
Perché Mercurio suscita tanto interesse? Essendo il pianeta più vicino al Sole, ha un ruolo importante nel mostrare come si sono formati i pianeti di tipo terrestre (Mercurio, Venere, Terra e Marte). L’analisi della sua struttura interna ci aiuterà a comprendere meglio le fasi iniziali dell’evoluzione del Sistema solare.