Un grandissimo numero di neutrini sono anche prodotti da certi tipi di decadimenti radioattivi e da reazioni nucleari come quelle prodotte dal Sole, dai raggi cosmici e soprattutto dai reattori nucleari. Forse pochi sanno che una importante frazione dell’energia prodotta dalla fissione nucleare sfugge sotto forma di neutrini. Postulato da Pauli nel 1930, il neutrino fu rivelato sperimentalmente nel 1956 da Cowan e Reines, che ricevettero solo quarant’anni dopo il premio Nobel.Il 23 febbraio 1987 neutrini provenienti dall’esplosione della supernova SN 1987A a 168 mila anni luce furono rivelati sperimentalmente in laboratori sotterranei in Giappone e negli Usa, la più luminosa esplosione stellare vista ad occhio nudo da quando Keplero osservò una supernova nel 1604. Oggi sappiamo che i neutrini saranno la fine ultima della morte di ogni stella, incluso il nostro Sole, ma fortunatamente solo tra circa cinque miliardi di anni!
Per comprendere l’immensità dell’Universo che ci circonda, basti pensare che all’incirca ogni secondo una nuova supernova esplode, trasformandosi in neutrini, da qualche parte dell’Universo!
I fisici sono quindi convinti che i neutrini siano uno dei più importanti e straordinari fenomeni cosmologici, in gran parte ancora tutti da scoprire, come confermato peraltro dai numerosi premi Nobel per la Fisica attribuiti a questo soggetto. Basti pensare che assieme a ogni protone proveniente dalla primordiale nucleosintesi, quella che generò circa tre minuti dopo il Big Bang tutta la materia conosciuta dell’universo – i famosi tre minuti così ben descritti dal libro di Steve Weinberg – sono generati ben un miliardo di neutrini, che ancora oggi attraversano lo spazio cosmico.
Come inizialmente postulato dal nostro Bruno Pontecorvo e dimostrato da numerosi esperimenti, oggi sappiamo che esistono almeno tre tipi diversi di neutrini. Uno dei fenomeni più straordinari è che essi spontaneamente «oscillano» tra di loro e cioè viaggiando a grandi distanze si trasformano continuamente tra di loro. Da qui l’estremo interesse ad esempio del fascio di neutrini proveniente dal Cern di Ginevra che attraversando le Alpi e gli Appennini a grande distanza sottoterra, risale in superficie grazie alla rotazione della Terra e viene rilevato, unico in Europa, nei laboratori del Gran Sasso presso L’Aquila a circa 800 chilometri di distanza. I nostri esperimenti al Gran Sasso stanno mostrando ogni giorno di più come i neutrini risultanti alla fine di questo lungo viaggio siano profondamente diversi da quelli inizialmente prodotti.
Questi esperimenti sono anche centrali ad un’altra delle più straordinarie scoperte degli ultimi anni e cioè l’evidenza sperimentale di quella che comunemente si chiama la «materia oscura», che diede tra l’altro il premio Nobel nel 2006 a John Mather e a George Smoot per il successo del satellite Cobe lanciato nel 1989 e del loro successivo prodigioso lavoro di ricerca con più di mille tra ricercatori e ingegneri.
Questo straordinario risultato, oggi confermato da molteplici osservazioni cosmologiche, ci dice che la materia ordinaria, quella di cui siamo fatti e caratterizzata dalla ben nota tabella degli elementi chimici di Mendeleiev, non è la forma predominante della materia dell’Universo e che una ben altra componente, molto più massiva, invisibile e fino ad ora completamente sconosciuta, in realtà controlla, grazie alla sua forza gravitazionale, la massa dell’Universo tutto intero. Da qui l’immenso interesse di scoprire la presenza in laboratorio e la vera natura della materia oscura che senza dubbio ci attraversa continuamente, un risultato le cui conseguenze immense superano largamente quelle della fisica e cosmologia, della stessa importanza della rivoluzione copernicana quando si dimostrò che la Terra non era il centro dell’Universo. Lo studio della materia oscura è un altro argomento portante dell’Infn e dei laboratori del Gran Sasso.
Quest’ultimo e quello dei neutrini sono ambedue campi di ricerca ancora tutti da scoprire. E’ forse anche possibile che la materia oscura origini in una forma ancora da scoprire dovuta ai neutrini e più precisamente ai cosiddetti neutrini sterili. Ma potrebbe essere anche qualcosa d’altro, come ad esempio le particelle Susy che sono un soggetto centrale di ricerca dell’acceleratore Lhc al Cern di Ginevra. E’ questo un magnifico e meraviglioso esempio di quello che Galileo Galilei battezzò come «filosofia naturale»: solo l’esperimento potrà darci le risposte che ci attendono.
E’ indubbio che queste grandissime potenziali scoperte necessitino di nuovi, più potenti strumenti di osservazione. Da qui l’importanza dell’evento che si celebra oggi ai laboratori del Gran Sasso con l’inaugurazione dell’ esperimento Icarus, un programma di altissimo livello fondato sulla tecnica innovativa di liquidi criogenici di elevatissima purezza e di centrale importanza tanto per lo studio dei neutrini a grande distanza che per il problema della materia oscura.
E’ questa un’occasione per celebrare vent’anni di originale ricerca e sviluppo attraverso la realizzazione concreta in Italia di uno strumento scientifico di grandi dimensioni, di altissima tecnologia e fino ad ora unico al mondo, e che, peraltro seguendo il nostro esempio, sia americani che giapponesi hanno iniziato a sviluppare e perseguire.
Carlo Rubbia
Premio Nobel per la fisica
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