Il Nobel ai “ragazzi” del grafene

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

La Stampa Tuttoscienze, 6 ottobre 2010, di Barbara Gallavotti
Se avete un gioiello di diamanti, sappiate che da qualche anno quelle pietre luccicanti hanno perso un bel po’ di primati, a tutto vantaggio della grigia cugina grafite, fino ad oggi relegata nelle mine delle matite. A ufficializzare l’incredibile sorpasso è stato il Premio Nobel di ieri, assegnato a due fisici di origine russa attualmente docenti all’università di Manchester, nel Regno Unito: Andre Geim e Konstantin Novoselov.Nel 2004, infatti, i due scienziati sono riusciti a ottenere proprio dalla grafite il cosiddetto grafene, dimostrandone poi le proprietà eccezionali. I loro studi, anche se recentissimi, possono essere considerati una punta di diamante (anzi una punta di grafene!) delle nanotecnologie: una scienza nuova, ma piena di incredibili promesse per il futuro. Ed è quasi nell’ordine delle cose che i due eroi della scienza incoronati quest’anno siano giovanissimi, 52 anni Andre Geim e appena 36 Konstantin Novoselov. Per dare un’idea del carattere dei due personaggi, basta ricordare che Geim, nel 1997, ha ricevuto un IgNobel, l’anti-Nobel con cui vengono scherzosamente insignite le ricerche apparentemente più ridicole (aveva verificato alcune leggi della fisica facendo levitare una rana in un campo magnetico).Si sa che i diamanti – come la grafite – sono fatti di carbonio. La differenza è che nel caso dei diamanti gli atomi di carbonio sono disposti a formare un cristallo tridimensionale, mentre la grafite è costituita da molti strati di un cristallo bidimensionale, nel quale gli atomi sono organizzati in esagoni collegati fra loro come cellette in un nido di api: proprio i singoli strati di cristallo bidimensionale vengono chiamati grafene. La differenza tra le due modalità di organizzazione degli atomi di carbonio può sembrare piccola, ma le conseguenze sono clamorose: la pietra più dura e luccicante del pianeta, da un lato, e un materiale che si sfarina ed è perfetto per lasciare una traccia su un foglio, dall’altro.

«Questo avviene a livello macroscopico, ma gli esperti di nanotecnologie sanno che, andando su scala atomica, le proprietà dei materiali possono cambiare radicalmente», spiega Marco Polini, esperto di nanotecnologie del «Laboratorio NEST» del CNR, tra i protagonisti delle ricerche sul grafene. E infatti nel mondo dell’infinitamente piccolo questo materiale si prende la rivincita. Geim e Novoselov se ne sono accorti partendo da una barra di grafite, assottigliata pazientemente e applicandole più volte del banale nastro adesivo, con cui toglievano ogni volta alcuni strati di atomi di carbonio (tutte le regole hanno le loro eccezioni, anche quella secondo cui gli scienziati sarebbero condannati ad utilizzare strumenti ipertecnologici e costosissimi).

In questo modo i ricercatori sono riusciti a isolare uno strato di grafene, anche se ridotto a piccolissimi frammenti. Poi l’idea geniale: appoggiare i frammenti di grafene su un supporto di silicio, il materiale principe nell’industria dei semiconduttori. Ed ecco che la Cenerentola di carbonio ha abbandonato gli abiti grigio-matita per mostrarsi in tutto il suo splendore. Il grafene, infatti, si è rivelato essere non soltanto il materiale più sottile mai ottenuto dall’uomo, ma è anche il più duro (ebbene sì, e ora a noi due, caro vecchio e superato diamante!).

Inoltre è un ottimo conduttore di elettricità e un impareggiabile conduttore di calore. È quasi trasparente, ma allo stesso tempo tanto denso che neppure i piccolissimi nuclei di elio riescono ad attraversarlo. Che cosa si può fare con un materiale tanto meraviglioso? Dal punto di vista strettamente scientifico, molto di ciò che un fisico può sognare. «Possiamo, per esempio, verificare ipotesi della meccanica quantistica relativistica fino ad ora fuori della portata di qualsiasi esperimento, studiare alcuni fenomeni su scala infinitamente piccola e molto altro ancora», sottolinea Polini. Ma, oltre a ciò, le possibili applicazioni pratiche sono davvero sorprendenti. In un futuro ancora lontano chip a base di grafene potrebbero aprire la strada a una miniaturizzazione delle componenti elettroniche impensabile con i chip al silicio, mentre nel giro di pochi anni il grafene promette di essere il costituente di schermi di computer sottili come fogli e leggerissimi, da arrotolare e mettere in tasca dopo l’uso.

Non solo. Sono anche attesi sensori sensibili alle più minuscole percentuali di molecole inquinanti. Basterebbe, poi, aggiungere l’1 per mille di grafene per ottenere il risultato, un po’ inquietante, di una plastica molto più robusta e resistente al calore.
Insomma è il caso di dire: «Un grafene, è per sempre».