Il satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea, giunto a metà delle sue osservazioni, non manca di regalarci piacevoli sorprese. Da quando è stato lanciato nel maggio 2009 il telescopio sta producendo una mappa ad alta definizione della prima luce dell’universo, il fondo cosmico di microonde. Ma strada facendo offre inattese scoperte.
Nel suo viaggio di quasi 14 miliardi di anni, la luce primordiale attraversa distese di spazio popolate da innumerevoli galassie, le quali spesso si raggruppano in ammassi di migliaia di galassie immerse in un gas rarefatto ad altissima temperatura. Talvolta gli ammassi di galassie sono collegati in strutture ancora più vaste, i cosiddetti superammassi: sono i giganti dell’universo, con dimensioni dell’ordine dei 100 milioni di anni luce. Il che non è poco se pensiamo che ogni anno luce è circa diecimila miliardi di chilometri.
Eppure tutte queste strutture (galassie, ammassi, superammassi) sono come grani di polvere nella vastità dello spazio cosmico, nel senso che le distanze che separa le une dalle altre sono enormemente più grandi delle loro dimensioni. L’universo della materia è essenzialmente vuoto: quando guardiamo il fondo del cielo, nonostante tutto, il campo è libero. Questa è una grande fortuna per i cosmologi, e in particolare per noi che stiamo decifrando i dati di Planck, perché possiamo contare sul fatto che la luce primordiale ci porta un’immagine essenzialmente indisturbata dell’universo appena nato.
Ma occasionalmente, lungo direzioni ben precise, la luce fossile risente della presenza della materia che incontra sulla sua strada. Questo complica un poco l’analisi dei dati, ma al tempo stesso ci mostra nuove meraviglie. Lo studio preliminare delle mappe di Planck ha rivelato le prime impronte inconfondibili di ammassi di galassie attraverso il cosiddetto effetto “Sunyaev-Zel’dovich”. Quando i fotoni della luce primordiale incontrano il gas caldo che gravita in un ammasso, subiscono una alterazione della loro energia secondo un andamento ben preciso, che gli strumenti di Planck sono in grado di misurare con grande precisione.Il gas all’interno degli ammassi raggiunge temperature elevatissime, di milioni di gradi, e per questo emettono radiazione X. Nel caso dell’oggetto mostrato in figura, l’immagine ottenuta da Planck unita a quella successivamente presa nella banda X con un altro satellite dell’ESA, XMM-Newton, hanno portato alla scoperta di un nuovo superammasso composto dalla combinazione di tre ammassi di galassie. È la prima volta che un superammasso viene scoperto grazie alla sua “ombra” sul fondo cosmico.
Nel suo viaggio di quasi 14 miliardi di anni, la luce primordiale attraversa distese di spazio popolate da innumerevoli galassie, le quali spesso si raggruppano in ammassi di migliaia di galassie immerse in un gas rarefatto ad altissima temperatura. Talvolta gli ammassi di galassie sono collegati in strutture ancora più vaste, i cosiddetti superammassi: sono i giganti dell’universo, con dimensioni dell’ordine dei 100 milioni di anni luce. Il che non è poco se pensiamo che ogni anno luce è circa diecimila miliardi di chilometri.
Eppure tutte queste strutture (galassie, ammassi, superammassi) sono come grani di polvere nella vastità dello spazio cosmico, nel senso che le distanze che separa le une dalle altre sono enormemente più grandi delle loro dimensioni. L’universo della materia è essenzialmente vuoto: quando guardiamo il fondo del cielo, nonostante tutto, il campo è libero. Questa è una grande fortuna per i cosmologi, e in particolare per noi che stiamo decifrando i dati di Planck, perché possiamo contare sul fatto che la luce primordiale ci porta un’immagine essenzialmente indisturbata dell’universo appena nato.
Ma occasionalmente, lungo direzioni ben precise, la luce fossile risente della presenza della materia che incontra sulla sua strada. Questo complica un poco l’analisi dei dati, ma al tempo stesso ci mostra nuove meraviglie. Lo studio preliminare delle mappe di Planck ha rivelato le prime impronte inconfondibili di ammassi di galassie attraverso il cosiddetto effetto “Sunyaev-Zel’dovich”. Quando i fotoni della luce primordiale incontrano il gas caldo che gravita in un ammasso, subiscono una alterazione della loro energia secondo un andamento ben preciso, che gli strumenti di Planck sono in grado di misurare con grande precisione.Il gas all’interno degli ammassi raggiunge temperature elevatissime, di milioni di gradi, e per questo emettono radiazione X. Nel caso dell’oggetto mostrato in figura, l’immagine ottenuta da Planck unita a quella successivamente presa nella banda X con un altro satellite dell’ESA, XMM-Newton, hanno portato alla scoperta di un nuovo superammasso composto dalla combinazione di tre ammassi di galassie. È la prima volta che un superammasso viene scoperto grazie alla sua “ombra” sul fondo cosmico.
Questo gioco grazioso è ricco di informazioni: la misura dell’effetto Sunyaev-Zel’dovich su un grande campione di ammassi, che Planck si accinge a compiere, è di grande importanza per comprendere l’origine e l’evoluzione delle strutture cosmiche e consente di ottenere informazioni sulla materia oscura che costituisce gran parte della loro massa. Intanto, nella comunità Planckiana, queste primizie aumentano l’attesa per la ricchezza dei dati che verranno…
Marco Bersanelli, Instrument Scientist di Planck-LFI
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