La rievangelizzazione dell’Occidente? Può partire dalla scienza

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Piero Benvenuti, Avvenire, 25 luglio 201o
La decisione di costituire un nuovo Consiglio Pontificio per l’Evangelizzazione dell’Occidente nasce dalla profonda conoscenza dell’evoluzione storica della civiltà da parte di Benedetto XVI e invita quindi alla riflessione non solo la Chiesa, ma anche tutti gli ambiti culturali: filosofia, politica, arte, scienza.
Il vescovo e teologo Bruno Forte, commentando in un interessante articolo apparso di recente sul Sole 24ore la costituzione del nuovo dicastero vaticano, offre una lucida analisi dell’attuale decadenza “post-moderna” nella quale l’iniziativa si inserisce. Secondo l’autore, il dissolversi delle grandi ideologie del secolo scorso ci ha lasciato orfani di speranza e di passione per la verità. Di conseguenza l’indifferenza e la superficialità sono diventate vere malattie endemiche che ci rendono facile preda della potenza persuasiva e pervasiva di effimeri modelli edonistici.
Come far risuonare in questo contesto la “buona novella”? – si chiede Bruno Forte. Perché un messaggio di salvezza sia accolto è necessario che chi lo ascolta si sia già posto delle domande esistenziali cui non abbia saputo dare risposta.
Purtroppo la società occidentale, sempre più succube di modelli consumistici e materiali, ha di fatto rimosso tali domande, troppo inquietanti per i suoi ideali televisivi di tranquilla felicità e potrebbe reagire con indifferenza o addirittura con fastidio ed irrisione a chi gli ricordasse con forza:   «…Considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza».

Un compito non facile quindi, quello del nuovo Dicastero Pontificio, ma assolutamente necessario per tentare di salvare la nostra civiltà da un inesorabile declino.
L’obiettivo, sia chiaro, travalica il semplice proselitismo religioso: c’è in gioco la salvaguardia dell’identità della natura umana, della caratteristica che ci distingue dagli animali: la passione per la ricerca della verità. Per questo tutti gli uomini, coscienti di essere tali, credenti e non credenti, dovrebbero guardare con interesse all’iniziativa e collaborare al suo successo. Chi potrebbe offrire veramente un aiuto? Forse, inaspettatamente, la scienza può essere oggi un valido alleato.
La passione che anima il fisico delle particelle o il cosmologo a rivelare con i loro esperimenti e le loro deduzioni l’invisibile trama razionale che collega i fenomeni spazio-temporali, non è forse una spinta genuina verso una conoscenza unitaria del cosmo e della sua storia? Una conoscenza della realtà che progredisce grazie ad un metodo, quello scientifico, che oggi ha riconosciuto dall’interno i propri limiti, ma dei quali è comunque giustamente fiero perché essi sono anche il motivo del suo innegabile successo e della sua autorevolezza.

Ecco allora che la ri-evangelizzazione dell’Occidente potrebbe cominciare oggi lanciando proprio agli scienziati il messaggio evangelico “metanoiete” – cambiate mentalità – senza che essi debbano rinunciare a nulla, nemmeno ad uno “iota”, della conoscenza acquisita, sollecitati però a cercare il senso delle cose, al di là, ma non in contrasto, con la scienza sperimentale. I vantaggi sarebbero notevoli per tutti: l’invito evangelico entrerebbe direttamente nella realtà vissuta quotidianamente dalla civiltà della tecnologia – figlia della scienza – e il teologo sarà costretto a commentare il significato dei dogmi partendo da ciò che l’uomo d’oggi conosce e percepisce attraverso la scienza: qual è l’interpretazione che dobbiamo dare, oggi, del Peccato Originale? Qual è il significato del secondo albero, quello della Vita, piantato al centro del giardino dell’Eden?
Domande che, se innestate direttamente sulle conoscenze scientifiche acquisite e universalmente riconosciute, le farebbero vibrare di attualità ecumenica e indurrebbero tutti, credenti e non, a meditare su cosa sia veramente l’Uomo.
In fondo, come ci ricordava Benedetto XVI in una sua recente catechesi, è quello che fece Tommaso d’Aquino quando, venendo a conoscenza del sistema filosofico aristotelico, non lo considerò estraneo o incompatibile, ma un formidabile aiuto a ripensare la filosofia dei Padri. «Mostrare questa indipendenza di filosofia e teologia e, nello stesso tempo, la loro reciproca relazionalità è stata la missione storica del grande maestro.» – scrive il Pontefice.

Oggi, per analogia, il confronto che appare più fruttuoso è quello con la scienza: se l’Aquinate riscrivesse oggi la sua Somma Teologica, disputando sulla natura del tempo (Parte I, Questione 46), sicuramente citerebbe Albert Einstein assieme ad Agostino di Ippona a suffragio delle sue tesi!
Anche la scienza trarrebbe grande vantaggio da una alleanza di scopo con l’iniziativa di rievangelizzazione.
Assistiamo sempre più allibiti (almeno in Italia) alla facilità con la quale programmi televisivi pseudoscientifici di grande diffusione mescolino tranquillamente scienza e magia, avvistamenti di Ufo e missioni spaziali, predizioni maya e previsioni del tempo, ponendo il tutto allo stesso livello di veridicità.  Sinora le reazioni degli scienziati sono state timide e sporadiche, ma forse ora, dopo che un magistrato li ha chiamati in giudizio per non essere stati in grado di predire con precisione l’istante, il luogo e l’estensione di un evento sismico, si renderanno conto dell’urgente necessità di una ri-alfabetizzazione scientifica, molto simile nelle motivazioni a quella del nuovo dicastero vaticano. Inoltre, un confronto leale e costante tra le due iniziative aiuterebbe la scienza a riflettere, nelle sue varie discipline, su quale sia il reale livello di indipendenza della ricerca dai condizionamenti esterni, materiali ed ideologici e stimolerebbe i filosofi a rientrare in gioco rispolverando la Filosofia della Natura, troppo a lungo lasciata in un angolo.

Qualche tempo fa Ermanno Olmi, parlandomi del progetto di un documentario su ciò che rimane oggi, nella nostra società, del messaggio cristiano, mi confidava che lo avrebbe voluto iniziare (o concludere) parafrasando il principe Miškin dell’Idiota di Dostoevskij: «Solo la scienza salverà il mondo». Scienza invece di bellezza?!  Confesso che al momento rimasi molto perplesso: come avrebbe potuto l’arida scienza competere con la bellezza nel tentativo di salvarci?
Nella prospettiva ora delineata, offrendo alla scienza l’opportunità di recuperare un’anima, le parole del poeta Ermanno suonano profetiche.

(*) Ordinario di Astrofisica presso l’Università di Padova, sub-commissario dell’Agenzia Spaziale Italiana.