«Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore» è il titolo del Meeting di quest’anno. Ma il cuore dell’uomo non è solo un muscolo che pompa nelle vene sentimenti, è anche forza di ragione, un setaccio che vaglia la realtà e non sta mai fermo, un abaco, una spirale di calcoli che da migliaia d’anni spinge l’uomo non solo a misurare la superficie dei campi coltivabili attorno a sé, ma a indagare sulla stessa misteriosa possibilità di comprendere di cui è dotato.
«Questo – dice Edward Nelson, uno dei maggiori matematici viventi – è certamente vero in molti campi dell’agire umano, soprattutto in quelli che coinvolgono le altre persone attorno a noi. Ma nella mia esperienza, e molti colleghi sarebbero d’accordo», le nuove idee matematiche sono figlie soprattutto «di un’immaginazione e di un’ispirazione che provengono da fonti misteriose», esterne al nostro cuore e ai nostri desideri. Anche se non estranee.
La matematica sembra una disciplina molto astratta, invece Nelson ha una percezione molto concreta del bene che può derivare anche da un lavoro come il suo: «Un’idea nasce sempre dall’impulso di creare qualcosa di nuovo, e di bello: questa è la natura umana. La Bibbia dice che siamo creati a immagine e somiglianza di Dio e per me questo vuol dire, tra l’altro, tentare di creare qualcosa di bello e di profondo. E anche, magari, apprezzare le creazioni dei colleghi», atto libero forse ancora più raro. «A volte», dice Nelson: «Anche senza che in molte persone ciò arrivi neppure a consapevolezza è questo a spingerci: la bellezza è quello che importa».
Euresis, associazione per la promozione e lo sviluppo della cultura e del lavoro scientifico, sta preparando per il prossimo Meeting di Rimini una mostra proprio sulle ragioni dell’inspiegabile efficacia della matematica e Nelson a questo “mistero” – come lo chiama lui – ha dedicato gli ultimi decenni della sua attività scientifica, segnati da un’attenzione più marcatamente filosofica. Nato a Decatur, in Georgia, da 51 anni lavora a Princeton, università della East Coast degli Stati Uniti dove è passata gente, tanto per fare qualche nome, come Einstein, Kurt Gödel – considerato ormai tra i maggiori logici della storia -, John von Neumann, uno dei padri della computer-science, John Nash (quello del film A Beautiful Mind), dominatore della teoria dei giochi, l’italiano Enrico Bombieri.
Nelson parla un ottimo italiano, perché da bambino ha vissuto a Roma. Al Meeting è già venuto quattro anni fa, e quell’esperienza lo ha colpito: «È stato un grande onore e anche un grandissimo piacere, vedere così tante persone interessate alla scienza». Quest’anno è stato invitato a tornare, e sta prendendo sul serio la proposta, anche se ha 78 anni e viaggiare da un continente all’altro non è semplice. Per il momento è venuto in Italia il mese scorso, per conoscere i ragazzi di Matematica del Clu di Milano, che – di loro iniziativa – un giorno hanno preso tastiera e adsl, hanno cercato sul web l’email del grande matematico e il 16 gennaio gli hanno scritto una e-lettera di invito. Volevano discutere con lui un celebre teorema di Gödel, che ha scosso dalle fondamenta le scienze del Novecento: «Non eravamo minimamente coscienti della richiesta “assurda” che stavamo avanzando e di tutto ciò che sarebbe seguito», racconta lo studente Nicola Abatangelo: «La risposta è arrivata in due giorni: “Cari colleghi (sic!), tante grazie dell’invito. Per me una data possibile sarebbe lunedì 15 marzo». E si è fatto avanti e indietro dal New Jersey in tre giorni, per vedere degli studenti. Perché? «Quello che mi è arrivato, l’ho percepito subito», risponde il matematico: «Era qualcosa di ben diverso dai soliti inviti a tenere una conferenza, in programma c’era un incontro fra me e loro. E questo è eccezionale». Così, infatti, è stato. La vita scientifica stessa – dice Nelson – procede attraverso incontri personali, facce precise: «Io ho fatto il liceo a New York e ho avuto un bravissimo insegnante, poi cacciato da scuola durante gli anni del maccartismo. Ho scritto la mia tesi assieme a Irving Segal, grande matematico, con un punto di vista molto originale. Certi incontri sono stati molto importanti». Anche quello con Ennio De Giorgi, altro genio sostanzialmente dimenticato dal nostro Paese, che sarà uno dei protagonisti della mostra del Meeting: «L’ho incontrato un’unica volta sull’Adriatico. Non andavamo d’accordo nel nostro modo di concepire i fondamenti della matematica, ma si è subito creata una simpatia personale». La parola chiave insomma, a Milano come a Rimini è proprio “meeting”, incontro, inteso non come organizzazione, appuntamento, ma come fatto che accade, sempre in maniera imprevedibile.«Una cosa unica». Quel 15 marzo la più grande aula del dipartimento di Matematica della Statale di Milano era piena. Nelson ha risposto alle domande nel suo stile asciutto, poi è andato avanti a dialogare con studenti e professori, spesso provocando, anche ammettendo a volte: «Non so rispondere». Niente soluzioni preconfezionate, tanto gusto di frugare tra questioni ancora non risolte. «Quando gli abbiamo chiesto se il fatto che la matematica sfugga a ogni tentativo di controllo da parte dell’uomo la privi di valore o la renda più interessante per lui, ci ha risposto: “Questa è la domanda che mi appassiona da più di trent’anni”», racconta Brunella Spinelli: «Quelli del Clu sono usciti con più domande che risposte». La sera, cena in un appartamento di studenti di Scienze: tavola apparecchiata con eleganza, vini ben accostati. «Con una ventina di studenti abbiamo chiacchierato di tante cose: mi è molto piaciuto», dice Nelson. La pietanza è andata un po’ di traverso quando però ha sostenuto che «in matematica non si può parlare di verità». Ma questo – precisa – non vale nelle altre scienze o in campi diversi del sapere umano. Nelson è un anti-platonico, per lui l’aritmetica è costruire formule non scoprire idee, è più vicina forse all’arte che alla fisica e la chimica, se non fosse «un’impresa di natura collegiale».
Spesso – dice Nelson – i matematici parlano della loro materia come di una religione: di “paradisi” come quello di Cantor, di cose in cui risolutamente “credono”. Lui si considera un “apostata” di questa religione scientista, «che è piuttosto recente». Si è sempre sentito “costernato” tutte le volte che ha annusato tra i numeri il fumo dell’idolatria: «Pitagora fondò una religione in cui i numeri giocavano un ruolo centrale. Essa oggi non è più praticata, ma ha influenzato Platone, e attraverso Platone ha influenzato noi». Nelson è convinto che «Dio chiede la nostra fede piena di fiducia» in Lui e non nelle idee di Platone e di Peano, che «aborra la nostra idolatria. Per noi, uomini e donne del mondo della conoscenza, prendere per cose reali le idee astratte, anche con l’elevato proposito di fondare una moralità su di esse, è una tentazione più insidiosa che l’adorazione di un’effigie di metallo, e ci corrompe di più». La serata si è chiusa con i canti alpini, ascoltando i quali Nelson si è commosso: «È stata un’idea geniale».
Il giorno dopo ha incontrato Euresis e ha dato qualche consiglio in vista del Meeting. Ha volato un po’ alto, naturalmente, ma ha dato spunti interessanti per l’ingresso della mostra sulla matematica che vedremo a Rimini. Ai giovani consiglia di «cominciare a fare la matematica» prima di perdersi in elucubrazioni teoriche: «Farla bene, e soprattutto farla con gioia. I giovani vogliono capire il senso profondo di tutto, e questo è giusto: ma ho detto loro che in matematica a volte può essere pericoloso». Quand’era più giovane pensava che l’aritmetica «non avesse nulla a che fare con la mia fede, ma ora non lo credo più: quando uno va sufficientemente a fondo in un ambito specifico, si avvicina al cuore di tutto». Che sia il teorema di incompletezza di Gödel o ascoltare i canti alpini.
Il 17 marzo è ripartito per Princeton. Due giorni dopo in Facoltà è arrivata questa mail: «Grazie per avere organizzato così bene. L’incontro e la cena erano veramente qualche cosa unica per me».
«Questo – dice Edward Nelson, uno dei maggiori matematici viventi – è certamente vero in molti campi dell’agire umano, soprattutto in quelli che coinvolgono le altre persone attorno a noi. Ma nella mia esperienza, e molti colleghi sarebbero d’accordo», le nuove idee matematiche sono figlie soprattutto «di un’immaginazione e di un’ispirazione che provengono da fonti misteriose», esterne al nostro cuore e ai nostri desideri. Anche se non estranee.
La matematica sembra una disciplina molto astratta, invece Nelson ha una percezione molto concreta del bene che può derivare anche da un lavoro come il suo: «Un’idea nasce sempre dall’impulso di creare qualcosa di nuovo, e di bello: questa è la natura umana. La Bibbia dice che siamo creati a immagine e somiglianza di Dio e per me questo vuol dire, tra l’altro, tentare di creare qualcosa di bello e di profondo. E anche, magari, apprezzare le creazioni dei colleghi», atto libero forse ancora più raro. «A volte», dice Nelson: «Anche senza che in molte persone ciò arrivi neppure a consapevolezza è questo a spingerci: la bellezza è quello che importa».
Euresis, associazione per la promozione e lo sviluppo della cultura e del lavoro scientifico, sta preparando per il prossimo Meeting di Rimini una mostra proprio sulle ragioni dell’inspiegabile efficacia della matematica e Nelson a questo “mistero” – come lo chiama lui – ha dedicato gli ultimi decenni della sua attività scientifica, segnati da un’attenzione più marcatamente filosofica. Nato a Decatur, in Georgia, da 51 anni lavora a Princeton, università della East Coast degli Stati Uniti dove è passata gente, tanto per fare qualche nome, come Einstein, Kurt Gödel – considerato ormai tra i maggiori logici della storia -, John von Neumann, uno dei padri della computer-science, John Nash (quello del film A Beautiful Mind), dominatore della teoria dei giochi, l’italiano Enrico Bombieri.
Nelson parla un ottimo italiano, perché da bambino ha vissuto a Roma. Al Meeting è già venuto quattro anni fa, e quell’esperienza lo ha colpito: «È stato un grande onore e anche un grandissimo piacere, vedere così tante persone interessate alla scienza». Quest’anno è stato invitato a tornare, e sta prendendo sul serio la proposta, anche se ha 78 anni e viaggiare da un continente all’altro non è semplice. Per il momento è venuto in Italia il mese scorso, per conoscere i ragazzi di Matematica del Clu di Milano, che – di loro iniziativa – un giorno hanno preso tastiera e adsl, hanno cercato sul web l’email del grande matematico e il 16 gennaio gli hanno scritto una e-lettera di invito. Volevano discutere con lui un celebre teorema di Gödel, che ha scosso dalle fondamenta le scienze del Novecento: «Non eravamo minimamente coscienti della richiesta “assurda” che stavamo avanzando e di tutto ciò che sarebbe seguito», racconta lo studente Nicola Abatangelo: «La risposta è arrivata in due giorni: “Cari colleghi (sic!), tante grazie dell’invito. Per me una data possibile sarebbe lunedì 15 marzo». E si è fatto avanti e indietro dal New Jersey in tre giorni, per vedere degli studenti. Perché? «Quello che mi è arrivato, l’ho percepito subito», risponde il matematico: «Era qualcosa di ben diverso dai soliti inviti a tenere una conferenza, in programma c’era un incontro fra me e loro. E questo è eccezionale». Così, infatti, è stato. La vita scientifica stessa – dice Nelson – procede attraverso incontri personali, facce precise: «Io ho fatto il liceo a New York e ho avuto un bravissimo insegnante, poi cacciato da scuola durante gli anni del maccartismo. Ho scritto la mia tesi assieme a Irving Segal, grande matematico, con un punto di vista molto originale. Certi incontri sono stati molto importanti». Anche quello con Ennio De Giorgi, altro genio sostanzialmente dimenticato dal nostro Paese, che sarà uno dei protagonisti della mostra del Meeting: «L’ho incontrato un’unica volta sull’Adriatico. Non andavamo d’accordo nel nostro modo di concepire i fondamenti della matematica, ma si è subito creata una simpatia personale». La parola chiave insomma, a Milano come a Rimini è proprio “meeting”, incontro, inteso non come organizzazione, appuntamento, ma come fatto che accade, sempre in maniera imprevedibile.«Una cosa unica». Quel 15 marzo la più grande aula del dipartimento di Matematica della Statale di Milano era piena. Nelson ha risposto alle domande nel suo stile asciutto, poi è andato avanti a dialogare con studenti e professori, spesso provocando, anche ammettendo a volte: «Non so rispondere». Niente soluzioni preconfezionate, tanto gusto di frugare tra questioni ancora non risolte. «Quando gli abbiamo chiesto se il fatto che la matematica sfugga a ogni tentativo di controllo da parte dell’uomo la privi di valore o la renda più interessante per lui, ci ha risposto: “Questa è la domanda che mi appassiona da più di trent’anni”», racconta Brunella Spinelli: «Quelli del Clu sono usciti con più domande che risposte». La sera, cena in un appartamento di studenti di Scienze: tavola apparecchiata con eleganza, vini ben accostati. «Con una ventina di studenti abbiamo chiacchierato di tante cose: mi è molto piaciuto», dice Nelson. La pietanza è andata un po’ di traverso quando però ha sostenuto che «in matematica non si può parlare di verità». Ma questo – precisa – non vale nelle altre scienze o in campi diversi del sapere umano. Nelson è un anti-platonico, per lui l’aritmetica è costruire formule non scoprire idee, è più vicina forse all’arte che alla fisica e la chimica, se non fosse «un’impresa di natura collegiale».
Spesso – dice Nelson – i matematici parlano della loro materia come di una religione: di “paradisi” come quello di Cantor, di cose in cui risolutamente “credono”. Lui si considera un “apostata” di questa religione scientista, «che è piuttosto recente». Si è sempre sentito “costernato” tutte le volte che ha annusato tra i numeri il fumo dell’idolatria: «Pitagora fondò una religione in cui i numeri giocavano un ruolo centrale. Essa oggi non è più praticata, ma ha influenzato Platone, e attraverso Platone ha influenzato noi». Nelson è convinto che «Dio chiede la nostra fede piena di fiducia» in Lui e non nelle idee di Platone e di Peano, che «aborra la nostra idolatria. Per noi, uomini e donne del mondo della conoscenza, prendere per cose reali le idee astratte, anche con l’elevato proposito di fondare una moralità su di esse, è una tentazione più insidiosa che l’adorazione di un’effigie di metallo, e ci corrompe di più». La serata si è chiusa con i canti alpini, ascoltando i quali Nelson si è commosso: «È stata un’idea geniale».
Il giorno dopo ha incontrato Euresis e ha dato qualche consiglio in vista del Meeting. Ha volato un po’ alto, naturalmente, ma ha dato spunti interessanti per l’ingresso della mostra sulla matematica che vedremo a Rimini. Ai giovani consiglia di «cominciare a fare la matematica» prima di perdersi in elucubrazioni teoriche: «Farla bene, e soprattutto farla con gioia. I giovani vogliono capire il senso profondo di tutto, e questo è giusto: ma ho detto loro che in matematica a volte può essere pericoloso». Quand’era più giovane pensava che l’aritmetica «non avesse nulla a che fare con la mia fede, ma ora non lo credo più: quando uno va sufficientemente a fondo in un ambito specifico, si avvicina al cuore di tutto». Che sia il teorema di incompletezza di Gödel o ascoltare i canti alpini.
Il 17 marzo è ripartito per Princeton. Due giorni dopo in Facoltà è arrivata questa mail: «Grazie per avere organizzato così bene. L’incontro e la cena erano veramente qualche cosa unica per me».