Avvenire – “E’ vita”, 7 gennaio 2010, di Francesco Agnoli
Benedetto XVI riempie di grande sostanza la Giornata mondiale per la pace del 1° gennaio, definendo sempre meglio questa bellissima parola – «pace» – che però nella cultura contemporanea indica spesso concetti fumosi, estremamente vaghi quando non addirittura utopici. Dopo aver ricordato che la pace si costruisce rispettando anzitutto i princìpi non negoziabili, nella vita di ogni giorno, in famiglia e con le persone più prossime, il Pontefice nel messaggio di quest’anno ha voluto ammonire che la pace passa anche dal rispetto per il creato. Nel Genesi infatti il giardino del mondo è dato all’uomo, unica creatura a immagine e somiglianza di Dio, come un dono, affinché lo «domini» e lo «custodisca», come si fa con le cose di cui non si è proprietari, ma amministratori responsabili. Questa visione biblica del cosmo e dell’uomo è quella che ci ha permesso di meglio comprendere la nostra dignità di esseri razionali, e quindi di riconoscere nel contempo la superiorità dell’uomo rispetto al resto della natura creata.
La battaglia della Chiesa nei secoli contro la magia, l’astrologia, la superstizione in generale, è stata appunto in questa direzione: ricordare all’uomo che lui e solo lui è dotato di ragione e di libertà, e che non sono gli astri, il fato, le infinite divinità presenti nelle religioni politeiste e animiste, in una parola la natura, a determinarlo; è lui, al contrario, a poterla conoscere e dominare. La scienza e la tecnica, con tutto quello che di buono comportano, affondano la loro origine proprio in questa concezione del mondo. Infatti se leggiamo i padri della scienza moderna possiamo trovare sempre la stessa idea di fondo, così espressa dal grande scienziato J. C. Maxwell in una sua preghiera: «O Dio onnipotente, che hai creato l’uomo a tua immagine, e gli hai donato un’anima spirituale affinché ti ami e governi le tue creature, insegnaci a studiare le opere della Tua mano, affinché noi assoggettiamo il mondo al nostro dominio…».
Epperò, nel momento in cui l’uomo perde di vista la sua origine, da amministratore del creato può divenirne violentatore. Il pericolo di oggi, scriveva Erwin Chargaff, in uno splendido libro, Mistero impenetrabile (Lindau, 2009), è che le scienze naturali snaturino la natura e disumanizzino l’uomo. Infatti, per la «prima volta nella storia del mondo – continuava l’illustre scienziato – uno stolto si trova nelle condizioni di poter contaminare irrimediabilmente la biosfera», vivendo noi in «un’epoca debole (quanto ai princìpi, ndr) disponendo di strumenti forti (quanto alla tecnica, ndr)».
Da dove origina questa ubris prometeica?
Ha scritto il Papa: «Ho notato che quando la natura e, in primo luogo, l’essere umano vengono considerati semplicemente frutto del caso o del determinismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle coscienze la consapevolezza della responsabilità». Ciò significa che se non c’è più un Dio a cui rendere conto del dono ricevuto, ma tutto è frutto del caso, l’uomo finisce per credersi onnipotente e legittimato persino a rimodellare se stesso e il mondo.
Riprogettare gli esseri umani è infatti il titolo di un famoso libro di Gregory Stock, ed è anche il programma di transumanisti, estropiani, radicali, eugenisti e scientisti vari. Di fronte a questo tentativo neognostico di riplasmare il mondo, ha detto il Papa, occorre difendere il creato, l’uomo stesso che ne è il vertice, dall’arbitrio di quanti non riconoscono più alcuna distinzione tra bene e male, alcun limite alla loro capacità tecnica di agire.
Purtroppo, ha lasciato intendere il Papa, in questa battaglia non è possibile trovare alleanza con quella parte del mondo ambientalista ed ecologista che, nell’ottica di un nuovo paganesimo, annichilisce l’uomo e ne fa il «cancro» della «Madre Terra». Questa ecologia disumana non si preoccupa affatto di contrastare i progetti faustiani di quanti, nel chiuso del loro laboratorio, manipolano gli embrioni, li imprigionano in provette di vetro, li uccidono o li ibridano con dna animali.
Neppure si oppone alla distruzione dell’ambiente naturale della famiglia, alla clonazione e a quanti lavorano, ad esempio, per creare uteri artificiali e permettere la procreazione a uomini e donne anche a cent’anni. Anzi, ben lungi da questo, ripetono, come già faceva Loris Fortuna al tempo della legge sull’aborto, che siamo troppi su questo pianeta e che il vero nemico del clima e dell’ambiente è, appunto, l’uomo in quanto tale. Tra queste associazioni che mescolano ambientalismo pagano e allergia per l’uomo, ricordo solo la radicale «Zero people Growth», la ‘chiesa’ dell’eutanasia i cui membri innalzano cartelli con scritte tipo «Save the planet, kill yourself» (Salvate il pianeta, uccidetevi), e il Movimento per l’estinzione volontaria dell’umanità (Vhemt), secondo il quale, per il bene di «Gaia», «è necessaria la nostra scomparsa» totale dalla Terra. O anche, più soft, l’associazione radicale «Rientro Dolce», che si batte per la diminuzione dell’umanità da sei a due miliardi.
A quest’ultimo riguardo, il connubio tra mentalità radicale e ambientalista, giova ricordare che alcuni dei primi gruppi ambientalisti italiani sorgono dalle costole del Partito comunista e del Partito radicale. Tra il movimento verde vi sono in origine alcuni personaggi, come Alex Langer, che si interrogavano con ansia anche sulla manipolazione genetica, sull’aborto e sulle tecniche di fecondazione artificiale. Ma il loro pensiero diviene presto minoritario e i Verdi italiani finiscono per allearsi con i radicali e con i sostenitori dello scientismo. Contro gli ogm, ma a favore degli ‘ugm’ (uomini geneticamente modificati). Oggi il movimento verde, non più rappresentato in Parlamento, fa riferimento, almeno in parte, ad un quotidiano ambientalista ed ecologista, Terra , che fa da cassa di risonanza, ancora una volta, alle tesi radicali. Di seguito una classica citazione da Terra : «Nella preparazione del Vertice sul clima (di Copenaghen, ndr) è stato finora rimosso il fattore che più di tutti ha contribuito, nell’ultimo secolo, ad aumentare il consumo delle risorse ambientali: la crescita della popolazione mondiale.
Nonostante il tasso di fecondità sia in calo in molte parti del pianeta, si prevede che la popolazione mondiale supererà i 9 miliardi di abitanti entro il 2050. Questo dato, combinato alla crescita dei consumi nei Paesi in via di sviluppo, indica che il boom demografico continuerà nei prossimi decenni a determinare l’impronta ecologica della specie umana sulla Terra. In quei Paesi è quasi inesistente la concreta affermazione del diritto alla salute riproduttiva e all’informazione sessuale, della contraccezione e della pianificazione familiare, servizi che potrebbero contribuire a contenere la popolazione mondiale sotto gli 8 miliardi, con un impatto enorme su risorse scarse come aria, acqua e suolo. Per diminuire i rischi di fallimento del Vertice, i cosiddetti ‘Grandi’ della Terra dovrebbero superare i veti ideologici del fondamentalismo clericale e natalista – del quale il nostro governo è totalmente succube…» (Marco Cappato, Terra , 8 dicembre 2009).