Osservazione ed Interpretazione

Benedetta CappelliniArticoli

Decisamente controcorrente rispetto alla mentalità dominante, questo contributo analizza alcuni aspetti dell’opera più strettamente scientifica di Darwin, piuttosto che la sua teoria e le rivisitazioni che, nell’arco di due secoli, si sono sviluppate su di essa.   L’autore delinea così un personaggio che risulta più simile ad Haeckel che a Mendel o a Pasteur e che agli albori della biologia sperimentale, «caso forse unico nella storia della scienza, elaborò una teoria che incise profondamente non sulla prassi delle ricerche scientifiche, ma sul modo di interpretare i loro risultati in vista di una diversa concezione del mondo vivente».   Tuttavia, proprio questa capacità sintetica di collegare ed interpretare una molteplicità di fatti tende a spostare il focus di una ricerca analitica dall’osservazione all’interpretazione.   Così anche Darwin, come hanno rilevato parecchi studiosi, suoi contemporanei e non, osservando i Cirripedi ed i Chetognati commise svariati errori che furono dimenticati a fronte delle sue teorie generali.
Negli ultimi anni si è affermata la consuetudine di commemorare la nascita di Charles R. Darwin (12 febbraio 1809) con il Darwin Day, ma quest’anno il programma di manifestazioni è particolarmente ricco perché si celebrano insieme il bicentenario della nascita di Darwin e i 150 anni dalla pubblicazione del suo celeberrimo libro On the Origin of Species by Means of Natural Selection (1859), dove è esposta quella che per molti è la teoria dell’evoluzione per antonomasia.    La nota comune di queste iniziative è l’esaltazione della figura di Darwin come scienziato di altissimo valore, paragonabile a Galileo e Newton per aver rivoluzionato le scienze naturali con la sua teoria che avrebbe posto le basi della biologia moderna.    Questa specie di glorificazione non rappresenta una novità, perché durante la sua vita Darwin coltivò di pari passo interessi scientifici e relazioni personali che gli procurarono il sostegno di amici, colleghi e divulgatori, tanto che alla sua morte (18 aprile 1882) un articolo apparso sul Times sostenne che la basilica di Westminster era diventata ancora più sacra grazie alla presenza del suo sepolcro eretto accanto a quello di Newton.   Anche per via dell’attività di questa Darwin industry, negli ultimi 150 anni le voci a favore dell’opera e della teoria darwiniana hanno avuto maggior risonanza delle riserve e delle critiche.  Tra queste ultime, alcune sono di genere filosofico-religioso, ma altre sono di carattere scientifico.   Come introduzione al tema del presente articolo, vorrei citarne una rivolta da Hiram Caton alla Darwin Exhibition, grandiosa mostra itinerante creata dall’American Museum of Natural History di New York per celebrare, appunto, il bicentenario della nascita di Darwin.
Un naturalista dilettante
Nel suo articolo Getting Our History Right: Six Errors about Darwin and His In!uence (Evol. Psychol. 5: 52-69; 2007), Caton critica l’affermazione che Darwin «diede inizio alla biologia moderna» sottolineando che all’epoca della pubblicazione dell’Origin of Species l’approccio concreto alla biologia era già di tipo moderno, ossia meccanicistico e sperimentale, e sotto questo aspetto non fu modificato significativamente dalla nuova teoria evoluzionista.    Mentre scienziati come Louis Pasteur (1822-1895) e Gregor Mendel (1822-1884) fecero scoperte di fondamentale importanza impiegando il metodo sperimentale, Darwin non si distaccò mai dall’attitudine prettamente naturalistica acquisita durante il viaggio sul Beagle.   La sua teoria non si sviluppò da ricerche di laboratorio, ma dal confronto di idee filosofiche e sociologiche con le osservazioni accumulate durante quel famoso viaggio e l’enorme mole di informazioni raccolte da svariate fonti grazie alla già menzionata rete di relazioni.    Più che a Galileo e Newton, Darwin potrebbe essere paragonato ad Ernst Haeckel, perché «non fu la scienza a forgiare le loro concezioni della natura e dell’uomo, ma piuttosto un certo tipo di consapevolezza nazionale, storica e filosofica» [Gasman, 1971]. P  er questi motivi e per la mancanza di una formazione approfondita in ambito accademico Darwin potrebbe essere definito un geniale amateur che, caso forse unico nella storia della scienza, elaborò una teoria che incise profondamente
non sulla prassi delle ricerche scientifiche, ma sul modo di interpretare i loro risultati in vista di una diversa concezione del mondo vivente.    Tutto ciò è spesso citato a lode di Darwin, a volte perfino esagerando.   Per esempio, l’Exibition criticata da Caton riferisce che egli conduceva le sue ricerche «equipaggiato con barattoli e scatole da biscotti», ma il microscopio Smith & Beck che egli acquistò nel 1846 per i suoi studi sui Cirripedi e che la mostra definisce obsoleto era più che accettabile per gli standard dell’epoca.   Certamente la figura dell’outsider che arriva a fare grandi scoperte con mezzi approssimativi ha un suo fascino romantico, ma Darwin e i suoi sostenitori erano consapevoli dei rischi insiti in questa posizione.   Per guadagnarsi l’interesse della comunità scientifica, la nuova teoria evoluzionista non doveva apparire come l’opera di un dilettante che prende per vere le proprie speculazioni.   A questo proposito, si può ricordare che Darwin fu ammesso come socio corrispondente dell’Académie des sciences grazie ai buoni uffici di Armand de Quatrefages, che non condivideva la sua teoria, ma riuscì a persuadere i colleghi che l’opera del naturalista inglese comprendeva anche lavori «seri».   Il desiderio di accreditarsi come professionista di tutto rispetto fu uno dei motivi che indussero Darwin a dedicarsi allo studio della sistematica dei Cirripedi nei cosiddetti lost years (1846-1854).   Il risultato di questi studi fu la Monograph on the sub-class Cirripedia (1851, 1854), che secondo Crisp [Crisp, 1983], uno dei principali esperti di Cirripedi, potrebbe essere addirittura l’opera massima di Darwin.    Strano a dirsi, quest’affermazione figura all’inizio di un articolo dedicato in gran parte
a esaminare alcuni errori di Darwin a proposito dell’anatomia dei Cirripedi.    Questi errori meritano di essere ricordati non solo perché sono poco conosciuti fuori della cerchia degli specialisti di questi crostacei, ma anche perché aiutano a comprendere meglio l’«errore dimenticato» di Darwin.
Fatti e misfatti a proposito dei Cirripedi
In sintonia con l’atteggiamento encomiastico della Darwin industry, nella sua biografia Bowlby [Bowlby, 1990] afferma che fu Darwin a scoprire che i Cirripedi sono crostacei, e non molluschi, grazie all’attenzione rivolta agli stadi larvali e all’approccio evolutivo.    Quest’ultimo, in realtà, contribuì a trarre in errore Darwin e, quanto alle larve, la cypris e la sua metamorfosi in giovane cirripede furono descritte nel 1830 da Thompson [Thompson, 1830], mentre lo stadio larvale precedente tipico dei Crostacei, il nauplius, fu scoperto nel 1843 da Goodsir [Goodsir, 1843].    All’epoca della Monograph i Cirripedi erano già associati ai Crostacei e numero dei segmenti e tipologia delle relative appendici erano considerati caratteri di grande importanza sistematica.   Infatti Darwin citò l’archetipo del Crostaceo con 21 segmenti nella descrizione di morfologia generale che precede la classifficazione vera e propria dei Cirripedi.   Tuttavia, egli commise una serie di errori, interpretando come antenne le protuberanze laterali del carapace del nauplius e come antennule i filamenti sensoriali cefalici, che non sono vere appendici.   A seguito di ciò, egli travisò anche le appendici dell’adulto, e questo mancato riconoscimento risultò funzionale ad altri errori.   Forse influenzato dalla sua teoria dell’evoluzione che privilegiava la trasformazione di strutture preesistenti, Darwin confuse l’ovario con le ghiandole del cemento, organi cefalici caratteristici dei Cirripedi che sboccano nelle antennule della cypris e alla metamorfosi fissano l’animale al substrato mediante il loro secreto adesivo.   Inoltre, egli interpretò le ghiandole annesse agli ovidotti come organi acustici, benché la loro morfologia fosse completamente diversa.    Invece di trovarsi alla base delle antenne come negli altri Crostacei, gli «organi acustici» risultarono perciò collocati alla base delle prime appendici toraciche dove sboccano gli ovidotti.   Darwin liquidò il problema suggerendo che nei Cirripedi quelle appendici fossero l’equivalente funzionale delle antenne, ma non potendo ammettere per ovvie ragioni che gli ovidotti sboccassero nell’«organo acustico», si convinse che essi partissero dalle ghiandole salivari, interpretate come ovario, e fossero privi di comunicazione con l’esterno.   Questa bizzarra anatomia comportò una fisiologia altrettanto fantasiosa.   Secondo Darwin, parte del «materiale cellulare» da cui si sviluppavano le uova passava dai tubuli ovarici nella ghiandola del cemento per essere trasformato in secreto adesivo dalla «speciale azione» delle pareti della ghiandola ed essere infine emesso dalle antenne.    Restava da spiegare come in assenza di aperture genitali le uova mature prodotte dal vero ovario (in realtà, le ghiandole salivari) potessero uscire all’esterno ed essere accumulate nelle sacche ovigere entro la cavità del mantello.   La soluzione proposta fu questa: le uova finivano nella cavità del corpo per rottura dei tubuli dell’ovario, erano raccolte in qualche modo misterioso sotto la cuticola del mantello, e infine erano emesse alla muta.   Darwin considerò la trasformazione dell’ovario in ghiandola del cemento, e relative conseguenze, come la caratteristica più importante dei Cirripedi, fornendone un’interpretazione evolutiva.   Probabilmente, nel crostaceo antenato dei Cirripedi le uova fuoriuscivano dalle antenne e venivano fatte aderire al substrato, ma poi la stessa struttura fu modificata per appiccicare l’intero animale, per cui le uova finirono per essere emesse in una maniera nuova e insolita.   A parte ogni altra assurdità, questa «mitologia evolutiva» [Crisp, 1983] non spiega affatto come nell’ipotetico antenato l’«ovario» fosse “nito nella testa.   Se consideriamo inoltre che Darwin interpretò le ghiandole escretrici mascellari come organi olfattivi semplicemente per la loro posizione adiacente alla bocca, sembra inevitabile concludere che egli avesse un’idea molto vaga non solo dell’anatomia microscopica, scienza che stava sviluppandosi proprio in quegli anni, ma anche di ciò che significa piano corporeo.   La trattazione sistematica dei Cirripedi comportava l’identificazione di omologie con altri Crostacei in base ai criteri stabiliti da Étienne Geo!roy Saint-Hilaire (1772-1844) e Heinrich Rathke (1793-1860), che comprendevano la conservazione delle posizioni reciproche e delle connessioni nervose degli organi.   Darwin trascurò questi principi fondamentali e quindi considerò come scoperte quelli che erano soltanto errori di interpretazione.   I Cirripedi, così profondamente modificati, si prestavano a questo genere di travisamento, ma dopo tutto Darwin li aveva scelti come oggetto di studio anche per via della loro stranezza, che prometteva interessanti ipotesi evolutive.

Una scoperta mancata: l’ermafroditismo dei Chetognati
I motivi che spinsero Darwin a iniziare le ricerche sui Cirripedi potrebbero essere gli stessi che due anni prima lo indussero a pubblicare le sue osservazioni su Sagitta (genere appartenente al phylum Chaetognatha).    Il giovane naturalista catturò il primo esemplare di questi enigmatici animali l’11 gennaio 1832, durante il viaggio sul Beagle, e lo descrisse senza riuscire a identificarlo, aspirando probabilmente alla priorità della scoperta.    In seguito, Darwin si imbatté nei chetognati in varie altre occasioni e continuò a prendere appunti, ma tornato in patria venne a sapere che quegli strani «vermi» pelagici appartenevano al genere Sagitta, che era stato stabilito formalmente da Quoy e Gaimard nel 1827.    Nel 1844 erano già comparse altre descrizioni da parte di d’Orbigny e Forbes, e quindi Darwin non poté fare altro che citare tutti questi autori nell’introduzione del suo articolo, Observations on the Structure and of Propagation  the genus Sagitta (Ann. & Mag. N. Hist. 8: 1-6; 1844), e concludere con l’auspicio che le sue brevi osservazioni sullo sviluppo embrionale, le prime mai pubblicate, potessero contribuire a far luce sulle a#nità del genere, che all’epoca rimanevano oscure.    Come naturalista di bordo, Darwin ebbe agio di studiare a fondo i Chetognati.   Nel suo articolo, egli riferisce di «innumerable specimens which I procured» e di osservazioni svolte con «a lens of high power» che gli permisero di descrivere in modo abbastanza particolareggiato la forma esteriore dell’adulto.    Tra l’altro, egli notò che le pinne laterali e caudale giacevano entrambe sul piano orizzontale e che intorno alla bocca esistevano due file di minuti dentelli mai segnalati prima.    Quanto agli organi interni, Darwin menzionò il tubo digerente e un organo pulsante visibile solo in esemplari appena usciti dall’uovo, ma si so!ermò più a lungo sulla struttura della coda.    Al suo interno, era possibile distinguere quattro compartimenti o colonne pieni di un materiale “nemente granulare con aspetto variabile nei diversi esemplari, che nel suo stato di maggior sviluppo mostrava una continua e regolare circolazione di granuli all’interno delle colonne.    Darwin illustrò questi movimenti con una “gura e considerò il tutto parte dell’apparato riproduttivo, dato che gli esemplari con la coda piena di granuli circolanti presentavano invariabilmente ovari con uova a diversi stadi di sviluppo.    Gli ovari, localizzati nel tronco lungo i due lati dell’intestino, contenevano un materiale granulare più grossolano di quello della coda quando erano piccoli e immaturi, ma quando le uova erano mature si ingrandivano molto, e allora su ciascun lato del corpo compariva una piccola protuberanza conica che certamente serviva a emettere le uova.    Le lenti usate dovevano essere soddisfacenti, dato che Darwin riuscì a descrivere con esattezza quelli che sono in e!etti i movimenti delle cellule germinali maschili (spermatociti e spermatozoi) nelle cavità celomatiche della coda.    Un’altra osservazione corretta fu quella della costante relazione tra la quantità di materiale circolante nella coda e le dimensioni degli ovari.    Del tutto sorprendente, invece, fu l’interpretazione di questa relazione: «da questa circostanza, e dalla somiglianza del materiale granulare negli ovari, prima delle maturazione delle uova, con quello nella coda, tranne che per il fatto che in quest’ultima parte i granuli sono di dimensioni minori, ritengo che sia quasi certo che il materiale granulare si formi inizialmente nella coda, e successivamente passi negli ovari, dove gradatamente si sviluppa in uova.   È vero che non sono riuscito a rintracciare nessuna apertura che mettesse in comunicazione le due parti, ma sul fondo di ciascun ovario c’era uno spazio dove avrebbe potuto trovarsi localizzato un orifizio chiuso».   È evidente la somiglianza con l’errore commesso nei Cirripedi.    In un caso, le uova avrebbero dovuto formarsi da «materiale cellulare» capace di trasformarsi in cemento, nell’altro, svilupparsi da materiale esterno all’ovario (e cioè, dagli spermatozoi presenti nella coda, dove sono localizzati i testicoli).   In entrambi i casi, Darwin basò le sue conclusioni su aspetti morfologici estremamente generici, ipotizzò connessioni inesistenti e dimostrò di non aver la più pallida idea del funzionamento dell’ovario e della struttura delle uova. Questa ignoranza è confermata dalla descrizione dell’uovo maturo di Sagitta appena isolato dall’ovario. Darwin notò che al polo di distacco si produceva un rigonfiamento progressivo, finché tutto il contenuto dell’uovo, compreso un piccolissimo globulo interno, finiva dentro questo lobo cambiando il suo aspetto da trasparente a granulare e lasciando dietro di sé una capsula vuota.   Per quanto sembri paradossale, egli non capì che quello che stava descrivendo con tanta cura era solo un uovo danneggiato che fuoriusciva dal suo involucro esterno.    Il globulo minuto visibile all’interno dell’uovo anche dopo la separazione dall’involucro era quasi certamente il nucleo, ma Darwin suggerì che si trattasse di una bollicina d’aria (!), giustificando questa conclusione con ciò che avveniva durante lo sviluppo successivo.   È strano che Darwin non abbia sospettato l’ermafroditismo nei Chetognati, dato che lo descrisse pochi anni dopo nei Cirripedi, dove peraltro era già stato segnalato.   Egli avrebbe dovuto notare che non esisteva neppure un maschio fra tutti quegli «innumerable specimens» con uova a vari stadi di sviluppo.    Di conseguenza, o questi animali erano partenogenetici, fatto inusuale che avrebbe richiesto come minimo un cenno ad hoc, o erano ermafroditi, come in e!etti sono.   Lasciando da parte l’anatomia microscopica, questo ragionamento sarebbe bastato a evitare di scambiare gli spermatozoi presenti nella coda per materiale destinato a trasformarsi in uova.
Un errore imbarazzante
Tra i principali trattati di zoologia, soltanto quello di Libbie Hyman [Hyman, 1956] cita l’articolo di Darwin nel capitolo sui Chetognati in riferimento ad alcuni caratteri dell’adulto correttamente descritti.   Le osservazioni embriologiche, invece, non sono menzionate neppure nei trattati di embriologia dell’epoca, come quello di Francis Balfour [ Balfour, 1880-1881].    Nel materiale che ho avuto a disposizione gli unici cenni sono quelli di Alexandr O. Kowalevsky (1840-1901) e Carl Gegenbaur che furono i primi, dopo Darwin, a occuparsi dello sviluppo dei Chetognati.   Nell’introduzione del suo articolo Embryologische Studien an Würmern und Arthropoden (Mém. Acad Impér. Sci. St. Pétersbourg, ser. 7, 16: 1-70; 1871), Kowalevsky fece un brevissimo riferimento al lavoro di Darvin (sic).   Maggiori dettagli si trovano nel precedente articolo di Gegenbaur, Ueber die Entwickelung der Sagitta (Abh. Natur. Gesell. zu Halle, 4: 1-18; 1857), che vale la pena di riassumere per descrivere la parte embriologica dello studio di Darwin.    Gegenbaur inizia il suo articolo sottolineando che la collocazione sistematica di Sagitta rimane incerta, nonostante gli eccellenti studi anatomici di Krohn (1844) e Wilms (1846).   Una risposta più chiara dovrebbe venire dall’embriologia, ma il lavoro di Darwin non fa altro che confondere le idee suggerite dal tipo di organizzazione, rivelando «un processo di sviluppo del tutto singolare, che si discosta completamente da quanto si conosce sugli animali inferiori».   Secondo la descrizione di Darwin, riferita quasi integralmente da Gegenbaur, le uova di Sagitta in via di sviluppo sono formate da due sfere concentriche, e quella interna presenta su un lato un addensamento di materiale granulare che ben presto va a formare una sorta di bordo sporgente che si estende per due terzi della circonferenza della sfera.   Questa cresta è l’embrione, e un vaso sottile percorre la sua intera lunghezza.   Quindi, un’estremità si allarga a formare la testa e l’estremità opposta forma la coda, che si distacca per prima dalla superficie della sfera interna.   Quando si libera anche la testa, il giovane animale giace ricurvo dentro l’involucro esterno, mentre la sfera da cui si è sviluppato è spinta di lato e apparentemente ha esaurito la sua funzione.   A questo stadio, il vaso mediano intestinale è molto più distinto, attorno all’estremità caudale si vede una sottilissima pinna membranosa, e alla “ne il giovane animale fuoriesce dall’involucro e si sposta autonomamente con movimenti simili a quelli di un adulto di Sagitta.    Anteriormente vicino alla testa si distingue un organo pulsante.   In tutti gli stadi di sviluppo l’uovo contiene un globulo minuto apparentemente fatto d’aria che gli permette di galleggiare e che, secondo Darwin, potrebbe essere lo stesso già riscontrato nell’uovo appena liberato dall’ovario.   Fin qui Darwin, riferisce Gegenbaur.   Punto a capo.   Ed ecco la sorpresa.   «La somiglianza di questo sviluppo con quello di un uovo di Pesce è impressionante.   Il formarsi dell’abbozzo embrionale, il sollevarsi dell’embrione dal tuorlo, la comparsa di un organo pulsante (cuore?) e infine anche la presenza di una goccia d’olio – come dobbiamo interpretare quella sferetta presa da Darwin per una vescicola piena d’aria – tutti questi sono fatti molto eloquenti che fanno dubitare che Darwin abbia realmente avuto davanti un uovo di Sagitta.»    Questo sospetto risulta ancor più fondato considerando che Darwin non ebbe alcuna evidenza diretta della reale provenienza delle uova, ma semplicemente le trovò a galleggiare in superficie nello stesso tratto di mare dove 25 giorni prima aveva osservato numerosi esemplari di Sagitta con gli ovari maturi.   Il dubbio che Darwin avesse descritto uova di Pesce, racconta Gegenbaur, era venuto anche ad August Krohn, che era stato ben felice di poterglielo confidare di persona trovandosi insieme con lui a Messina (1852-1853) per studiare lo sviluppo di Sagitta.    Effettivamente, in entrambi i casi si tratta di uova trasparenti e pelagiche, ma basta un’analisi microscopica per rivelare le di!erenze del tipo di sviluppo.   A seguito di queste osservazioni, Gegenbaur inviò da Messina una nota breve ad Albert von Kölliker, editor della rivista Zeitschrift für wissenschaftliche Zoologie, per segnalare che lo sviluppo di Sagitta è completamente diverso da quello che Darwin «ha creduto di osservare».   In questa nota, Ueber die Entwickelung von Doliolum, der Scheibenquallen und von Sagitta (Zeit. wiss. Zool., 5: 13-16; 1853), viene già detto l’essenziale: l’uovo di Sagitta, a di!erenza di quello di Pesce, è isolecitico a segmentazione totale, e la formazione degli abbozzi embrionali non è paragonabile a quella dei Vertebrati.   Dato che entrambi i lavori di Gegenbaur, e successivamente quello di Kowalevsky, furono pubblicati in tedesco su riviste attualmente poco conosciute, quello a proposito dei Chetognati potrebbe essere davvero un errore dimenticato di Darwin.  Questa dimenticanza potrebbe dipendere dalla naturale tendenza della letteratura scientifica a conservare nelle citazioni soltanto le osservazioni corrette, creando così l’idea alquanto illusoria di un progresso lineare delle conoscenze. Nel caso di Darwin, però, potrebbe trattarsi di una rimozione deliberata. Il sospetto sembra giusti”cato perché nel 1859, e cioè a soli due anni dalla pubblicazione, l’articolo di Gegenbaur sullo sviluppo di Sagitta fu tradotto in inglese e pubblicato quasi integralmente nel Quarterly Journal of Microscopical Sciences, senza però includere la descrizione del colossale abbaglio preso da Darwin.   A questo proposito, si dice soltanto che le uova descritte da Gegenbaur «bore no resemblance to the ova described by Darwin as belonging to Sagitta».   L’intenzionalità di questa omissione risulta evidente se consideriamo che nella traduzione inglese compare soltanto l’ultima parte della frase posta da Gegenbaur a chiusura del paragrafo dedicato alla descrizione delle uova di Sagitta.    In realtà, Gegenbaur scrisse: «È forse superfluo che a questo punto io rimarchi che non poteva esserci alcuna somiglianza tra le uova da me osservate e quelle descritte da Darwin come appartenenti a Sagitta».   Benché rispetti formalmente la neutralità dello stile accademico, questa precisazione suona alquanto ironica per il lettore dell’articolo tedesco che dall’introduzione è già stato informato dell’errore di Darwin e delle perplessità da esso suscitate, nonché del contenuto della nota indirizzata a von Kölliker da Gegenbaur.   Nella traduzione inglese il significato della frase viene occultato, perché manca completamente la descrizione degli antefatti. In questo modo, sotto una veste apparentemente asettica, la traduzione ad uso degli inglesi elimina ogni riferimento, anche indiretto, all’errore di Darwin.  È difficile non attribuire questa concisione al fatto che l’editor della rivista era Edwin Lankester, amico e sostenitore di Darwin.

Uova molto particolari
Comunque si siano svolti i fatti, vale la pena di esaminare più a fondo questo «errore dimenticato».  Come racconta Darwin (1844), «il 27 e 29 Settembre 1832 passammo attraverso lo stesso tratto di mare (al largo di Bahia Blanca sulla costa della Patagonia settentrionale) dove 25 giorni prima avevo osservato grandi quantità di Sagitta exaptera con gli ovari pieni di uova, e alloradidatt trovai numerosissime uova che galleggiavano in superficie».   Tanto bastò per considerare quelle uova come appartenenti a Sagitta.   E non è tutto.   Darwin annotò che le dimensioni delle uova galleggianti erano più di tre volte  maggiori di quelle delle uova più grandi di Sagitta prelevate dall’ovario.   Invece di sospettare che i due tipi di uova appartenessero ad animali diversi, egli offrì la seguente spiegazione: «dato che le uova dentro gli ovari erano di dimensioi variabili, a seconda del loro stadio di maturazione, potremmo aspettarci che la loro crescita fosse proseguita dopo la loro espulsione.» Questa interpretazione è veramente incredibile, anche alla luce delle conoscenze dell’epoca.   Come si è visto, lo stesso Darwin aveva descritto (erroneamente) un materiale granulare proveniente dalla coda che negli ovari avrebbe dovuto trasformarsi in uova, ma l’unico materiale che le uova galleggianti avrebbero potuto assumere per crescere così enormemente sarebbe stato acqua marina, a meno che Darwin non pensasse a un rigon”amento della «bolla d’aria», corrispondente, in realtà, al nucleo delle vere uova di Sagitta, e alla goccia d’olio delle uova di Pesce. Entrambe le possibilità sono del tutto assurde, ma l’impressione suggerita dalla lettura dell’articolo è che Darwin non si sia neppure posto il problema.   Ugualmente incredibile è che Darwin abbia descritto lo sviluppo di queste uova in maniera sostanzialmente corretta senza capire che si trattava di embrioni di Pesce. Quello che egli chiamò «vaso intestinale» (?) era quasi certamente il tubo neurale che si dilata nella testa a formare l’abbozzo dell’encefalo.   Negli embrioni di Pesce sono molto vistosi gli abbozzi degli occhi, ma Darwin non ne parlò a!atto, e del resto non descrisse neppure gli ocelli presenti in Sagitta.   E ancora, egli vide l’abbozzo del cuore nei Pesci appena nati, ma non si chiese perché quest’organo pulsante mancasse nell’adulto di Sagitta.  La presenza di pinne in entrambi gli animali forse contribuì a trarlo in inganno, ma la pinna caudale dei Chetognati, a di!erenza di quella dei Pesci, giace sul piano orizzontale, come specificato dallo stesso Darwin.   Contrariamente alla sua descrizione, è quindi impossibile che il movimento guizzante del giovane pesce appena uscito dall’uovo fosse uguale a quello dell’adulto di Sagitta.

L’evoluzione vista da un audidatta
Quali possono essere le ragioni di questi errori?   Recentemente ha suscitato scalpore una copertina di New Scientist dove sopra la figura di un albero campeggiava la scritta Darwin was wrong.  Questa frase provocatoria si riferiva alle di!erenze tra le attuali filogenesi molecolari e quelle proposte da Darwin, ma nell’Ottocento solo un mago o un profeta avrebbe potuto anticipare gli esiti delle più avanzate ricerche di genetica.   Invece, gli errori esaminati in quest’articolo non sono giustificati dal livello rudimentale delle conoscenze dell’epoca.   A proposito dello sviluppo dei Chetognati, si può ricordare che nella terza e quarta decade dell’Ottocento l’embriologia era agli inizi, ma le caratteristiche fondamentali dell’embrione dei Vertebrati, Pesci compresi, erano state stabilite da Karl Ernst von Baer nel 1828-1835.  Negli stessi anni restavano da chiarire le relazioni fra la teoria cellulare e la divisione dell’uovo, ma era già stato accertato che la segmentazione è parziale nelle uova ricche di tuorlo, come quelle di Uccelli e Pesci, e totale nelle uova con tuorlo meno abbondante, come quelle di Anfibi e molti invertebrati, tra cui Sagitta.   Infatti, Krohn e Gegenbaur compresero subito che il presunto embrione di Sagitta doveva appartenere a un Pesce, e quindi da parte di Darwin, esattamente come nel caso dei Cirripedi, si trattava di un problema di interpretazione e non di osservazione.   Questi errori non possono neppure essere attribuiti a inesperienza giovanile.   Quando pubblicò l’articolo su Sagitta Darwin era nel fiore degli anni e stava maturando la teoria dell’evoluzione, e del resto, quando effettuò le sue osservazioni durante il viaggio sul Beagle egli era di soli tre anni più giovane di Gegenbaur all’epoca del soggiorno a Messina.  Lo studioso tedesco era allora un neofita nel campo delle scienze naturali, avendo lasciato da un anno la pratica della medicina per partecipare a un progetto di ricerca coordinato da Albert von Kölliker.   Molto probabilmente è questo nome, e ciò che esso comporta, a fare la differenza.   Darwin fu in larga misura un autodidatta e approfondì le sue nozioni scientifiche in modo estemporaneo tramite contatti personali.   Gegenbaur, invece, si formò come naturalista con maestri che erano tra i massimi scienziati dell’epoca, Johannes Müller e A. von Kölliker, e completò le sue conoscenze durante il soggiorno a Messina studiando lo sviluppo di diversi invertebrati marini sotto la supervisione dello stesso von Kölliker.   L’esito di questi studi furono quattordici pubblicazioni di tutto rispetto che permisero a Gegenbaur di ottenere la libera docenza, e non appunti scritti su block-notes, come nel caso di Darwin durante il viaggio sul Beagle.  Si potrebbe obiettare che l’esito finale di questi appunti fu la teoria darwiniana dell’evoluzione, ma è lecito domandarsi fino a che punto questa teoria sia stata influenzata dalla carente preparazione scientifica di Darwin.  Dato che fatti accertati e speculazioni fantasiose (unwissenschaftliche, antiscientifiche, avrebbe detto Gegenbaur) tendono a essere collegati da un rapporto inversamente proporzionale, una conoscenza adeguata delle forme animali dovrebbe precedere ogni teoria sul loro cambiamento, e viceversa, il travisamento di queste forme potrebbe facilmente condurre a ipotesi errate.   Il pot-pourri di caratteri nelle combinazioni più stravaganti di anatomia e fisiologia che abbiamo visto nei lavori sui Cirripedi e Sagitta è quasi certamente connesso con la visione darwiniana di variazioni casuali in tutte le direzioni e la possibilità di «any link whatever should be found between the main divisions of the Animal Kingdom», come disse lo stesso Darwin in una sua lettera.  Come dimostra la sua ipotesi sull’evoluzione dei Cirripedi, Darwin era propenso a credere che ogni trasformazione fosse possibile, e in questa luce si comprende meglio l’ironia di von Baer [von Baer, 1873] a proposito dei «molti dilettanti che credono nella trasmutazione totale».   Questa postilla fu aggiunta alla fine di un articolo volto a confutare le somiglianze tra la larva di ascidia e i Vertebrati che erano state portate da Darwin a sostegno dell’evoluzione dei Vertebrati da antenati invertebrati.   Dato che von Baer conosceva bene il lavoro di Kowalevsky (1871) in cui si dice che Darvin (sic) descrisse come uova di Sagitta uova di Pesce, la sua puntigliosa descrizione delle omologie che contraddistinguono ciascun tipo animale e l’allusione ai «dilettanti» acquistano sfumature inedite alla luce dell’«errore dimenticato» di Darwin.

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INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
D. Gasman (1971), The Scientific Origins of National Socialism, American Elsevier Inc., New York.
D.J. Crisp (1983), Extending Darwin’s investigations on the barnacle life-history, Biol. J. Linn. Soc. 20: 73-83.
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Si ringraziano per la collaborazione le biblioteche della Stazione Zoologica “A. Dohrn” di Napoli e del Museo Civico di Storia Naturale “G. Doria” di Genova.

© Pubblicato sul n° 36 di EMMECIquadro

* Ricercatore confermato e docente di Bioetica presso il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Genova