Un’alternativa ai raggi X: la “lente acustica” che esplora il nostro corpo

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Sergio Musazzi, IlSussidiario.net, 2 luglio 2009
Da alcuni anni ormai sono in corso numerose ricerche nel campo dell’ottica che riguardano lo studio dei cosiddetti “metamateriali”. I metamateriali sono oggetti che non esistono in natura, le cui proprietà ottiche non dipendono dal materiale di cui sono composti ma  alla loro struttura interna. Nel campo delle microonde, ad esempio, i metamateriali fino ad ora realizzati sono costituiti da complesse strutture di materiale conduttore (formate ad esempio da spire e bobine di varia forma) aventi peculiari caratteristiche di induttanza e capacità. Naturalmente, per poter interagire con le onde elettromagnetiche, queste strutture devono avere dimensioni confrontabili con quelle della lunghezza d’onda e questo rende difficile la realizzazione di metamateriali che operino nella regione del visibile (dove la lunghezza d’onda è una frazione di un milionesimo di metro). Una caratteristica che accomuna i metamateriali è quella di possedere (diversamente da tutti i materiali convenzionali) un indice di rifrazione negativo. Questo significa che quando la luce attraversa un metamateriale il suo comportamento non obbedisce alle usuali leggi dell’ottica. Un raggio di luce che incide su un metamateriale, ad esempio, viene rifratto nella direzione speculare rispetto a quella che osserviamo in un normale materiale trasparente. Questo e altri comportamenti anomali della luce, rendono i metamateriali estremamente interessanti per la possibilità che essi offrono di realizzare applicazioni non possibili con i materiali esistenti in natura. Fra le ricerche più spettacolari attualmente in corso si distinguono lo studio del mantello che rende invisibili (come quello di Herry Potter!) e la realizzazione di superlenti, ovvero di lenti che, superando i limiti imposti dalla diffrazione, sono in grado di risolvere (cioè di individuare distintamente) oggetti più piccoli della lunghezza d’onda.

Recentemente questi studi si sono spostati anche nel campo delle onde acustiche ed è di questi giorni la notizia che un team di ricercatori dell’Università dell’Illinois, sfruttando un opportuno metamateriale acustico, ha realizzato la prima superlente acustica. Queste ricerche, analogamente a quelle svolte in ottica, consentirebbero di apportare importanti innovazioni nel campo dell’imaging acustico, nel campo delle tecniche acustiche usate per le prove non distruttive su grosse strutture civili e perfino in ambito militare nelle applicazioni legate alle tecnologie per la sicurezza sottomarina (rendere invisibili ai sonar i sottomarini).

Secondo quanto dichiarato dagli autori di questa ricerca in un articolo pubblicato sul numero di maggio di Physical Review Letters, il metamateriale acustico è stato realizzato utilizzando dei risonatori di Helmholtz (cavità risonanti a certe frequenze acustiche che trovano applicazione anche per la realizzazione di strumenti musicali o per l’abbattimento dei suoni a bassa frequenza nelle sale da concerto) che accoppiati ad altri componenti passivi (canali acustici) riproducono un comportamento analogo a quello di un circuito induttivo-capacitivo.

Per capire l’importanza della scoperta ricordiamo che le lenti acustiche sono del tutto analoghe a quelle usate in ottica, l’unica differenza sta nel fatto che esse deflettono il suono anziché la luce. Le applicazioni più comuni di queste lenti sono attualmente nel campo della diagnostica medica (tutti conoscono l’ecografia). Le immagini ottenute per via acustica tuttavia, benché più sicure (le onde acustiche non interagiscono con i tessuti), sono sicuramente meno nitide e risolte di quelle che si possono ricavare per via ottica. La rivelazione precoce di alcune forme tumorali ad esempio, oggi viene realizzata esclusivamente per via ottica nonostante l’utilizzo di radiazioni ionizzanti come i raggi X renda questo tipo di diagnostica pericoloso per la salute del paziente. L’avvento di una superlente acustica in grado di risolvere dettagli più piccoli della lunghezza d’onda acustica potenzierebbe enormemente le tecniche diagnostiche che attualmente ne fanno uso e le renderebbe concorrenziali con quelle ottiche.