Come in altre occasioni le riflessioni e considerazioni che Roy Spencer (climatologo dell’Università dell’Alabama) periodicamente riversa sul sito web da lui curato (vedere www.drroyspencer.com) ci sono sembrate sensate e degne di considerazione. Ci è quindi parso utile rendere disponibile a tutti i lettori di Euresis, un recente commento di Spencer che riportiamo qui di seguito col suo titolo originale, ma tradotto integralmente in italiano, con qualche nostra semplice nota esplicativa.
“Ice ages or, 20th century warming, it all comes down to causation”,
Dal momento che spesso mi chiedono cosa ne pensi dei dati sulle trivellazioni profonde nei ghiacci antartici della base “Vostok” [fino al 2003 è stato il principale campo di trivellazione profonda dei ghiacci perenni realizzato in Antartico], dati che James Hensen [scienziato americano, spesso citato da Spencer come avversario] utilizza come “prova” che il contenuto della CO2 in atmosfera determina la temperatura, ho deciso di impiegare alcuni giorni ad analizzare quei dati, ed a valutare, insieme ad essi, anche la rilevanza delle forzanti climatiche dovute ai cicli di Milankovitch che viene calcolata da alcuni autori quali Huybers e Denton [si veda il loro articolo “Antarctic temperature at orbital timescales controlled by local summer duration”, disponibile on-line sul sito di Spencer], e che presumibilmente determinano almeno parte delle variazioni di temperatura che si osservano nei dati di Vostok.
Il grafico seguente mostra gran parte dei 400.000 anni di dati, temperature e contenuto atmosferico di CO2, raccolti a Vostok. Assumendo che queste stime siano realmente ciò che si sostiene esse siano, che cosa ci dicono, se lo dicono, sul ruolo della CO2 nei cambiamenti climatici?
Prima di tutto bisogna rendersi conto che nella comunità dei climatologi c’è stata una lunga storia di dibatti a proposito del fatto se i tre cicli della forzante solare previsti da Milankovitch possano essere la causa principale delle ere glaciali [si tratta, come è noto, di variazioni di lungo periodo dell’eccentricità dell’orbita, e dell’inclinazione e del moto di precessione dell’asse di rotazione terrestre, che inducono piccole variazioni dell’insolazione). Per quanto io posso capire, ci sono stati almeno tre problemi principali con la teoria di Milankovitch.
Primo, il grande ciclo dei 100.000 anni che si rileva nei dati di Vostok rimane inspiegato, perché i cicli di Milankovitch non mostrano alcuna amplificazione per quegli eventi, solo una serie regolare di piccole forzanti che tendono a essere correlate con i picchi più piccoli delle curve della temperatura e della CO2, visibili nel grafico di Vostok qui sopra.
Un secondo problema è stato che la correlazione positiva con i dati di Vostok, che si trova al Polo Sud, esiste con forzanti tipiche dell’emisfero settentrionale, non di quello meridionale. Al sud, le forzanti di Milankovitch sono in controfase con la risposta della temperatura dei ghiacci di Vostok. Ciò ha posto il problema di come i cambiamenti di forzante solare dell’emisfero nord possano causare dei cambiamenti così rilevanti del clima antartico.
Il terzo problema è che le forzanti di Milankovitch sono così piccole che è stato difficile capire come esse potessero causare anche i più piccoli cambiamenti di temperatura rilevabili nelle carote di ghiaccio, a meno che la sensibilità climatica sia molto alta (cioè che i feedback siano fortemente positivi). Questo sembra sia il punto di vista di James Henson: le piccole forzanti di Milankovitch hanno causato piccoli aumenti della temperatura, che a loro volta hanno causato aumenti della CO2, che sono loro succedute come il meccanismo forzante. Il recente paper di Huybers e Denton propone una spiegazione che allevierebbe il secondo e terzo problema. Se si ammette che la principale forzante del cambiamento dello strato di ghiaccio dell’Antartide sia la lunghezza delle estati nell’emisfero meridionale, piuttosto che l’intensità annuale della radiazione solare, e se si tiene anche in conto che ci vogliono molte migliaia di anni perché i ghiacciai, e dunque la temperatura, cambino in risposta alla forzante del tempo estivo, allora i cicli di Milankovitch dell’emisfero meridionale si sincronizzano piuttosto bene con i più piccoli eventi di Vostok (sebbene non ancora con i più ampi eventi dei 100.000 anni), e le forzanti coinvolte diventano anche più ampie.
Il ruolo della CO2 nelle registrazioni di Vostok
Dunque, cosa c’entra la CO2 in tutto ciò? Bene, nominalmente la teoria di Hensen richiede proprio che la temperatura piloti la CO2. Peraltro, é spesso stato notato che i valori di concentrazione della CO2 nei ghiacci di Vostok seguono quelli della temperatura con un ritardo medio di 800 anni, il che costituirebbe in certo modo un problema per la teoria di Hensen. Ma poi ci sono state incertezze nella datazione delle registrazioni della CO2 dovute alle supposizioni che si devono fare su quanto lontano e quanto velocemente la CO2 migra nelle carote di ghiaccio, dando l’apparenza di una differente età alla CO2. Così questa relazione di anticipo o ritardo presenta ancora alcune incertezze. Ma anche se gli andamenti della temperatura e della CO2 fossero perfettamente in linea, ciò significherebbe che Hensen ha ragione? Secondo me, no. Tutto si basa sulla supposizione che non esista nessun’altra forzante, oltre alla CO2, che causa i cambiamenti di temperatura. La teoria di Hensen richiede che le variazioni di temperatura causino un cambiamento della concentrazione di CO2, il che induce a porre la seguente domanda: che cosa ha fatto iniziare il cambiamento della temperatura? E cosa si può dire se il meccanismo che ha fatto iniziare il cambiamento della temperatura fosse effettivamente responsabile della maggior parte del cambiamento di temperatura stesso? In quel caso, la sensibilità climatica implicata dalla co-variazione di temperatura e CO2 diviene minore. Il fatto che nemmeno il recente lavoro di Huybers e Denton riesca a dare una risposta alla principale domanda, cioè su quale sia la causa del ciclo più ampio dei 100.000 anni rilevabile nei dati di Vostok, suggerisce che debba esserci un meccanismo forzante che ancora non conosciamo.
Se la CO2 fosse la principale forzante nei campioni di Vostok, allora basterebbe un incremento di 10 ppm nella concentrazione della CO2 per causare una variazione di temperatura di 1 grado centigrado. Nei dati di Vostok il campo completo di variazione della CO2 equivale ad una forzante di 1,6-2 Watt/mq, e se questo causasse le variazioni complessive di temperatura osservate nel passato, ai giorni nostri dovremmo già avere avuto fino a 10 gradi di riscaldamento a causa della CO2 che abbiamo immesso in atmosfera bruciando combustibili fossili. Ciò in quanto 1,6 Watt/mq corrisponde circa alla stessa forzante di origine umana che si suppone esista nella atmosfera odierna.
Ma se qualche altra forzante fosse responsabile del cambiamento di temperatura, ciò implicherebbe necessariamente una minore sensibilità climatica. E quanto più grande fosse questa forzante sconosciuta da tenere in conto, tanto più piccola dovrebbe essere la sensibilità climatica da calcolare [per la CO2].
La questione centrale della causalità
Sono convinto che la interpretazione delle variazioni nei rilievi di temperatura e CO2 di Vostok, presenti lo stesso problema della interpretazione del riscaldamento e dell’incremento di CO2 misurato nell’ultimo secolo: la causalità. In entrambi i casi la supposizione che esista una elevata sensibilità climatica [alla concentrazione di CO2] fatta da Hansen e da altri (che si traduce in un valore elevato attribuito al riscaldamento di origine antropica) dipende in modo critico dal fatto che non esista un altro meccanismo che causi la gran parte delle variazioni. Se la maggior parte del riscaldamento degli ultimi 100 anni fosse dovuto alla concentrazione di CO2, ciò implicherebbe un clima moderatamente sensibile all’anidride carbonica. Se invece la CO2 avesse causato le variazioni di temperatura registrate dai ghiacci di Vostok, il clima sarebbe catastroficamente sensibile ad essa.
Ma l’implicita assunzione che la scienza conosca quali siano le forzanti del cambiamento climatico degli ultimi 50 anni, per non dire quelle degli ultimi 100.000, mi colpisce come pura e semplice hubris. In contrasto alla “visione consensuale” dello IPCC [Intergovrnamental Panel on Climate Change] che solamente forzanti “esterne” quali i vulcani, le variazioni della insolazione e l’inquinamento umano possano causare cambiamenti del clima, le forzanti potrebbero anche generarsi “internamente”. Sono convinto che ciò in gran parte spiega ciò che abbiamo osservato nella variabilità del clima, a tutte le scale temporali. Un cambiamento della circolazione atmosferica ed oceanica potrebbe facilmente realizzare ciò con un piccolo cambiamento della copertura nuvolosa a bassa quota sugli oceani. In altri termini, il riscaldamento globale potrebbe in gran parte essere il risultato di un ciclo naturale.
Lo IPCC assume che le forzanti climatiche generate internamente semplicemente non esistano. Se invece esistessero, essi dovrebbero ammettere che non c’è modo di discriminare quanta parte del riscaldamento degli ultimi 50 anni sia naturale e quanto antropico.
I timori di un riscaldamento essenzialmente dovuto all’uomo dipendono in modo critico dal presupposto che il clima non possa mai cambiare tutto da se stesso, in modo naturale, o che non ci sia all’opera qualche altro meccanismo forzante esterno di cui non siamo a conoscenza. Visto il complesso e non lineare comportamento del sistema climatico, mi sembra che il presupposto che tutte le cose, come la copertura nuvolosa globale, rimangano sempre uguali, non è garantita.
Nella ricerca scientifica, alla fine sono proprio le ipotesi che ti si rivoltano contro.
Che posto rimane per la CO2?
Sembra dunque che quasi l’unica conclusione che si può trarre con sicurezza dai dati di Vostok è che la temperatura pilota le variazioni della CO2 (anche la teoria di Hansen in parte lo richiede), ma l’idea che la CO2 abbia di conseguenza causato gran parte delle variazioni di temperatura registrate sembra eccessivamente speculativa. E se pensate di usare i dati di Vostok per sostenere che il riscaldamento pilota l’attuale aumento di CO2, ve lo potete scordare. Nei record di Vostok l’aumento di CO2 è dell’ordine di 8-10 ppm per grado centigrado, mentre il riscaldamento atmosferico globale degli ultimi 100 anni è stato accompagnato da un incremento di concentrazione di CO2 che è dieci volte superiore.
Al fondo, i timori che i cambiamenti climatici attuali siano sostanzialmente di origine antropica, sono basati sul presupposto che noi conosciamo cosa ha causato i cambiamenti del passato. Se i cambiamenti climatici del passato sono stati causati da piccole forzanti (troppo piccole perché noi le possiamo conoscere), allora il sistema climatico è molto sensibile. Ma naturalmente, queste forzanti potrebbero essere state piuttosto forti, perfino imposte dal sistema climatico stesso, ed allo stesso modo potremmo non conoscerle.
La tecnologia potrà anche essere cambiata nel tempo, ma la natura umana sembra sia rimasta la stessa.