Il TERREMOTO: perché la Scienza non pone l’ultima parola

Benedetta CappelliniEditoriale

Osservando attentamente la natura, studiando le leggi che la regolano, adottando le sue strategie, l’uomo ha varcato grandi orizzonti ed aperto nuove frontiere. Lo sviluppo tecnologico ottenuto nei più svariati settori ne è un chiaro esempio.  Ma c’è un punto che rimane una sfida: l’imprevedibilità della natura.  E questo viene difficilmente accettato.  Ne è un esempio il recente terremoto avvenuto in Abruzzo, le cui immagini e resoconti sono in primo piano sui media e nel dibattito pubblico. A seguito delle calamità naturali, ci si ritrova con l’inevitabile domanda del “non si poteva evitare?”; con la consueta coda di polemiche.  A maggior ragione in questo caso, dove c’è chi sostiene che il sisma si poteva prevedere (il Comune, la Regione e la Protezione Civile erano stati allertati) contribuendo a creare disorientamento tra in non addetti a i lavori.
Il recente sisma in Abruzzo rappresenta un’occasione per riflettere. Di fronte a un evento così drammatico, quale è la posizione più ragionevole da tenere? Senza dubbio occorre uscire dalla polemiche e dalle proprie “presunte certezze”, per analizzare tutti i fattori che compongono il fenomeno.
Lo studio dei terremoti, in particolare, è complesso: riguarda la conoscenza della dinamica della Terra e deve essere affrontato in maniera interdisciplinare, coinvolgendo ambiti tematici molto diversi. Anche in Italia, territorio con numerose aree ad elevato rischio sismico, ci sono vari team di ricercatori (INGV, CNR, Enti Universitari), partner e coordinatori di importanti progetti europei, che indagano sulle sorgenti e modalità di propagazione dei terremoti.  Parallelamente è in corso d’opera un sofisticato sviluppo tecnologico; sono in atto, ad esempio, collaborazioni nazionali e internazionali per la progettazione di osservatori sottomarini per poter identificare le faglie attive, la loro estensione e natura al fine di migliorare la conoscenza sui processi geologici che causano i terremoti e gli tsunami ad essi associati.
I dati ottenuti dalle diverse indagini sono incoraggianti, permettendo di effettuare simulazioni.  La scienza è un cammino e anche in questo settore sono stati fatti molti passi avanti: ad oggi sono note le zone a rischio sismico, si conosce perché il fenomeno si origina, si mettono a punto sistemi di monitoraggio via via più sofisticati per analizzare le dislocazioni tettoniche e si indaga sui “segnali” che potrebbero essere associati a imminenti spostamenti della Terra.  Tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze, non si è in grado di sapere quando e con che intensità il sisma avverrà.  Grazie alle informazioni disponibili sono stati redatte, e sono in continuo aggiornamento, mappe con indicate le aree a elevato rischio sismico e vengono forniti i criteri per le normative tecniche relative alle costruzioni.
La prevenzione è lo strumento più valido che abbiamo per affrontare potenziali disastri. A tale scopo occorre tenere conto, a partire dalle mappe sismiche, essenzialmente di due fattori: costruire edifici a norma e una “educazione civica” che consenta alla popolazione, in aree a rischio, la convivenza con queste calamità naturali (si veda l’esempio del Giappone).  Gli Abruzzesi con la loro dignità sono un segno per tutti; ma la loro intraprendenza e coraggio non possono comunque coprire tanti comportamenti scorretti e rendono più acuta la domanda sul perché per il denaro si arrivi a speculare anche sulla vita umana.
Resta per tutti un grande compito di conoscenza e di responsabilità per alimentare e sostenere la speranza.  Nella piena consapevolezza che la natura ha le sue leggi e per convivere con essa occorre conoscerla; ma l’uomo non ne è il padrone.