C’è oggi un punto che può diventare critico nel rapporto tra scienza e fede religiosa, quando la scienza avanza rapidamente e, attraverso la tecnologia, controlla i fenomeni della natura. Perché invocare l’intervento di Dio per regolarli quando la scienza ha dimostrato di poterci riuscire da sola? È la domanda che oggi l’uomo si pone, secondo Benedetto XVI, e che si sviluppa in un ragionamento ancora più dirompente: molti beni che un tempo l’uomo si aspettava dalle forze superiori oggi e li procura con la sua iniziativa.
In questo scenario, alla crescente avanzata della scienza è sembrata corrispondere una ‘ritirata’ della filosofia e della religione.
In questo scenario, alla crescente avanzata della scienza è sembrata corrispondere una ‘ritirata’ della filosofia e della religione.
Tuttavia non bisogna dimenticare una considerazione che è poi la chiave di volta di tutta la riflessione su scienza e fede, nota il papa. È vero: oggi la scienza è in grado di prevedere un certo numero di fenomeni, di studiarne lo sviluppo. Ma l’uomo non può riporre nella scienza «una fiducia talmente radicale e incondizionata da credere che il progresso scientifico possa spiegare qualsiasi cosa e rispondere pienamente a tutti i bisogni esistenziali e spirituali».
La scienza non può rendere l’uomo onnipotente. Dalla strettoia si esce soltanto ammettendo che Dio ha creato gli esseri umani dotandoli di ragione «e in questo modo l’uomo è diventato colui che amministra la creazione ed è ‘l’aiutante’ di Dio». Ecco spiegato perché tra scienza e fede non esiste alcun ‘conflitto inevitabile’.
Questi concetti, espressi da papa Ratzinger nell’anno 2006, davanti alla Pontificia accademia delle Scienze, fanno parte di un volume dal titolo I papi e la scienza nell’epoca contemporanea, che raccoglie i discorsi tenuti dal 1914 a oggi da sette pontefici davanti a quello che è stato definito il ‘Senato scientifico della Chiesa cattolica’. Ha curato l’opera – da oggi in libreria – monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, che dell’Accademia è il cancelliere. Quasi un secolo di testi documenta la grande apertura verso la scienza e anzi l’incoraggiamento che i pontefici hanno dato alla ricerca. In molti casi, l’argomento trattato dall’Accademia e l’intervento papale si rivelano molto in anticipo sui tempi. Il volume, che fa parte della collana ‘Già e non ancora’ della Jaca Book, è co-edito dalla stessa Pontificia accademia delle Scienze (pagine 560, euro 58,00).
Non era un concetto scontato, nel 1943, che toccasse alla scienza doversi impegnare concretamente per la pace; ma, dopo un colloquio tra Pio XII e il fisico Max Planck, dall’Accademia uscì il monito (purtroppo inascoltato) della Chiesa a sospendere quanto prima la guerra perché stavano per essere impiegate le armi nucleari. Seguì, con Giovanni XXIII, l’enciclica più coinvolgente, la Pacem in terris.
La scienza non può rendere l’uomo onnipotente. Dalla strettoia si esce soltanto ammettendo che Dio ha creato gli esseri umani dotandoli di ragione «e in questo modo l’uomo è diventato colui che amministra la creazione ed è ‘l’aiutante’ di Dio». Ecco spiegato perché tra scienza e fede non esiste alcun ‘conflitto inevitabile’.
Questi concetti, espressi da papa Ratzinger nell’anno 2006, davanti alla Pontificia accademia delle Scienze, fanno parte di un volume dal titolo I papi e la scienza nell’epoca contemporanea, che raccoglie i discorsi tenuti dal 1914 a oggi da sette pontefici davanti a quello che è stato definito il ‘Senato scientifico della Chiesa cattolica’. Ha curato l’opera – da oggi in libreria – monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, che dell’Accademia è il cancelliere. Quasi un secolo di testi documenta la grande apertura verso la scienza e anzi l’incoraggiamento che i pontefici hanno dato alla ricerca. In molti casi, l’argomento trattato dall’Accademia e l’intervento papale si rivelano molto in anticipo sui tempi. Il volume, che fa parte della collana ‘Già e non ancora’ della Jaca Book, è co-edito dalla stessa Pontificia accademia delle Scienze (pagine 560, euro 58,00).
Non era un concetto scontato, nel 1943, che toccasse alla scienza doversi impegnare concretamente per la pace; ma, dopo un colloquio tra Pio XII e il fisico Max Planck, dall’Accademia uscì il monito (purtroppo inascoltato) della Chiesa a sospendere quanto prima la guerra perché stavano per essere impiegate le armi nucleari. Seguì, con Giovanni XXIII, l’enciclica più coinvolgente, la Pacem in terris.
Suscitò tale scalpore, soprattutto nel mondo sovietico, nota Sánchez Sorondo, che – superata la crisi missilistica di Cuba del 1962 – l’anno dopo si giunge all’udienza concessa al genero di Chrušcëv dal papa. Per quell’enciclica e per tutta la sua azione a favore della coesistenza, a Giovanni XXIII viene assegnato il premio Balzan per la Pace. Nel 1980, la Pontificia accademia delle Scienze organizza un gruppo di lavoro, formato dai massimi esperti mondiali in materia nucleare (sovietici compresi). Si tiene una tavola rotonda e Giovanni Paolo II, rileva Sánchez Sorondo, si sofferma a parlare personalmente con ognuno dei partecipanti. In quell’occasione, il papa denuncia l’incessante minaccia rappresentata dal riarmo delle nazioni più ricche: «Le scoperte della scienza siano messe al servizio della pace, e non del terrore e della tirannia».
Tra le scienze della pace, i papi accolgono subito con favore l’impresa spaziale. «Anche per questa strada, Dio vuole essere cercato e trovato dagli uomini», dice Paolo VI. Poi si apre l’era della grande biologia moderna. Nel 1964, il Nobel John Eccles organizza ‘Brain and consciousness’, un seminario su cervello e coscienza, e – osserva l’attuale cancelliere dell’Accademia – Paolo VI intuisce l’attualità del tema: «Cari scienziati, la Chiesa è accanto a voi, pronta ad offrirvi i lumi di cui è custode, quando la vostra ricerca vi porterà sulla soglia delle domande che trascendono l’ambito della scienza. La Chiesa non teme le più audaci scoperte scientifiche, ma esige che siano guidate da un nuovo umanesimo, nel rispetto della persona umana ». E nel 1988, quando non è ancora esplosa la disputa sulle cellule staminali embrionali, Giovanni Paolo II è netto: «Pensare di salvare una vita umana distruggendone un’altra è una contraddizione intollerabile dal punto di vista logico ed etico». Non mancano le settimane di studio sulla lebbra e quelle sul cancro (la prima nel 1949, quando l’oncologia era ancora una disciplina praticamente disarmata). Nel 1977 Paolo VI, già gravemente ammalato, indica ai ricercatori vie alternative nella lotta al cancro, tra queste le strategie immunologiche che puntano a rafforzare le difese naturali dell’organismo. Un filone di ricerca sul quale la scienza oggi lavora e sperimenta, incontrando difficoltà perché è qui il nocciolo duro della lotta contro i tumori.
«C’è stato spesso un fluire e un rifluire tra il lavoro della Pontificia accademia delle Scienze e il magistero dei papi – spiega il
cancelliere Sánchez Sorondo nella prefazione al volume –. E sempre si è discusso di questioni che, dopo qualche anno, sarebbero diventate cruciali». La nutrizione di milioni di esseri umani affamati o sottoalimentati (la prima settimana di studio sull’argomento risale al 1955). Acqua, ambiente, energia, debito internazionale dei Paesi poveri, la loro stentata crescita economica. E fertilizzanti e Ogm: «Si valutino i pro e i contro – dice Giovanni Paolo II –. E, trattando ogni aspetto di ogni questione, si compia una meditazione profonda sulla persona umana».
«C’è stato spesso un fluire e un rifluire tra il lavoro della Pontificia accademia delle Scienze e il magistero dei papi – spiega il
cancelliere Sánchez Sorondo nella prefazione al volume –. E sempre si è discusso di questioni che, dopo qualche anno, sarebbero diventate cruciali». La nutrizione di milioni di esseri umani affamati o sottoalimentati (la prima settimana di studio sull’argomento risale al 1955). Acqua, ambiente, energia, debito internazionale dei Paesi poveri, la loro stentata crescita economica. E fertilizzanti e Ogm: «Si valutino i pro e i contro – dice Giovanni Paolo II –. E, trattando ogni aspetto di ogni questione, si compia una meditazione profonda sulla persona umana».