Francamente, mi dichiaro psicologicamente non in grado di credere che l’universo sia privo di significato. Ritengo che esso sia portatore di un senso, e la nostra più grande sfida intellettuale in quanto esseri umani consiste nel ricercarne la più intima essenza. La mia fede non costituisce il risultato di un’accecante illuminazione sulla via di Damasco. Né tantomeno porta l’impronta di un’educazione coltivata tra le mura domestiche. Un insegnante d’asilo pone nella sua semplicità molti interrogativi profondi, ma raramente essi attengono al senso dell’universo. Gli adolescenti che iniziano a diventare adulti potrebbero chiedersi “quale è il significato di tutto ciò?”. La domanda è esistenziale, ma la risposta molto più sottile. La percezione emerge non tra fulmini, terremoti e roghi, ma nella voce ancora fioca dell’universo stesso.
Lo scopo dell’universo è con buone probabilità quello di fungere da dimora ideale per quelle creature consapevoli della propria esistenza le quali sono in grado di interrogarsi a fondo e di indagare sulla natura stessa dell’universo. A poco a poco ho iniziato ad apprezzare la magnifica predisposizione dell’universo a far emergere vita intelligente. Gli atomi di carbonio, dotati della capacità dì formare tra essi legami, pongono le basi di un’immensa varietà di combinazioni nei meccanismi cellulari: nessun altro ato- mo offre uno spettro così ampio di possibilità. Ma il carbonio non si è generato in seguito al big bang. Esso si è formato lentamente, per milioni di anni, all’interno dei nuclei dei corpi celesti in evoluzione. Se alcune delle costanti fondamentali della natura fossero state anche solo minimamente differenti, non si sarebbe avuta una tale abbondanza di carbonio. E risulta alquanto difficile immaginare l’evoluzione di forme di vita intelligente senza la presenza un elemento con simili caratteristiche. Una rondine non fa primavera. Ma nella messa a punto dell’universo, l’abbondanza di carbonio rappresenta solo uno di tanti aspetti degni di menzione. Esistono”coincidenze”di questo tipo in misura sufficiente da indurre gli osservatori maggiormente dediti alla riflessione ad una pausa. Gli scienziati poco inclini ad accettare un universo i cui meccanismi siano pienamente funzionanti si vedono obbligati a prenderne nota. Naturalmente, se l’universo fosse in qualche modo differente da come oggi ci appare, non saremmo probabilmente qui ad osservarlo; ma una risposta di questo tipo difficilmente potrebbe soddisfare i nostri interrogativi.
Supponiamo in ogni caso che esistano effettivamente molteplici universi, ognuno dei quali con proprie intrinseche caratteristiche. In tal caso noi ci troveremmo nell’universo che, come la minestra dei tre orsi, è semplicemente adatto a noi.
Gli altri universi sterili, molti dei quali privi di stelle o di pianeti, esisterebbero nel proprio spazio per sempre precluso all’osservazione. Tale teoria appare pertanto come una controargomentazione scarsa- mente persuasiva. Ed anche le presenza di un solo universo congeniale potrebbe dirsi quasi un miracolo. Nell’oscuro mistero del grande esperimento creativo di Dio si possono rinvenire molteplici sfaccettature che noi, in termini umani, giudicheremmo come scopi dell’universo. Incredibile a dirsi, ritengo che ciò faccia parte della volontà del creatore di rivelarsi a dispetto dell’intelligenza e delle personalità umane. Dall’esperimento di Dio deriva la libertà di scelta, ed io scelgo di credere in universo portatore di un fine. I miei riflessivi amici atei che negano che l’universo racchiuda in sé un fine ultimo sono anch’essi a loro modo uomini e donne di fede. Forse intimoriti dalla grandezza del disegno, essi tendono a ricercare un’interpretazione dell’universo percorrendo strade differenti. Ironicamente, essi stessi potrebbero essere parte del fine ultimo dell’universo.
Lo scopo dell’universo è con buone probabilità quello di fungere da dimora ideale per quelle creature consapevoli della propria esistenza le quali sono in grado di interrogarsi a fondo e di indagare sulla natura stessa dell’universo. A poco a poco ho iniziato ad apprezzare la magnifica predisposizione dell’universo a far emergere vita intelligente. Gli atomi di carbonio, dotati della capacità dì formare tra essi legami, pongono le basi di un’immensa varietà di combinazioni nei meccanismi cellulari: nessun altro ato- mo offre uno spettro così ampio di possibilità. Ma il carbonio non si è generato in seguito al big bang. Esso si è formato lentamente, per milioni di anni, all’interno dei nuclei dei corpi celesti in evoluzione. Se alcune delle costanti fondamentali della natura fossero state anche solo minimamente differenti, non si sarebbe avuta una tale abbondanza di carbonio. E risulta alquanto difficile immaginare l’evoluzione di forme di vita intelligente senza la presenza un elemento con simili caratteristiche. Una rondine non fa primavera. Ma nella messa a punto dell’universo, l’abbondanza di carbonio rappresenta solo uno di tanti aspetti degni di menzione. Esistono”coincidenze”di questo tipo in misura sufficiente da indurre gli osservatori maggiormente dediti alla riflessione ad una pausa. Gli scienziati poco inclini ad accettare un universo i cui meccanismi siano pienamente funzionanti si vedono obbligati a prenderne nota. Naturalmente, se l’universo fosse in qualche modo differente da come oggi ci appare, non saremmo probabilmente qui ad osservarlo; ma una risposta di questo tipo difficilmente potrebbe soddisfare i nostri interrogativi.
Supponiamo in ogni caso che esistano effettivamente molteplici universi, ognuno dei quali con proprie intrinseche caratteristiche. In tal caso noi ci troveremmo nell’universo che, come la minestra dei tre orsi, è semplicemente adatto a noi.
Gli altri universi sterili, molti dei quali privi di stelle o di pianeti, esisterebbero nel proprio spazio per sempre precluso all’osservazione. Tale teoria appare pertanto come una controargomentazione scarsa- mente persuasiva. Ed anche le presenza di un solo universo congeniale potrebbe dirsi quasi un miracolo. Nell’oscuro mistero del grande esperimento creativo di Dio si possono rinvenire molteplici sfaccettature che noi, in termini umani, giudicheremmo come scopi dell’universo. Incredibile a dirsi, ritengo che ciò faccia parte della volontà del creatore di rivelarsi a dispetto dell’intelligenza e delle personalità umane. Dall’esperimento di Dio deriva la libertà di scelta, ed io scelgo di credere in universo portatore di un fine. I miei riflessivi amici atei che negano che l’universo racchiuda in sé un fine ultimo sono anch’essi a loro modo uomini e donne di fede. Forse intimoriti dalla grandezza del disegno, essi tendono a ricercare un’interpretazione dell’universo percorrendo strade differenti. Ironicamente, essi stessi potrebbero essere parte del fine ultimo dell’universo.