3, 2, 1… il lancio di Planck: ci mostrerà l’Universo neonato

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Ormai siamo al count down per il satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA): il lancio del più potente telescopio a microonde mai concepito è previsto per oggi dalla base ESA di Kourou, in Guiana Francese, con una missione congiunta che lancerà nello spazio anche il satellite Herschel, dedicato a osservazioni nell’infrarosso lontano. Planck osserverà la “prima luce” rilasciata nello spazio circa 14 miliardi di anni fa, il cosiddetto “fondo cosmico di microonde”, quando l’età dell’universo era meno dello 0,003% di quella attuale.

La realizzazione del satellite Planck ha richiesto 17 anni di sviluppo da parte di una vasta collaborazione internazionale che ha visto l’Italia in prima linea sia dal punto di vista scientifico che tecnologico. Il gruppo di Cosmologia del Dipartimento di Fisica dell’Università di Milano, in collaborazione con ricercatori dell’Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica), del Cnr e dell’industria spaziale dell’area milanese, ha contribuito in modo decisivo alla realizzazione di uno dei due strumenti a bordo di Planck, il Low Frequency Instrument (LFI), e alla preparazione dell’analisi scientifica dei dati della missione. Marco Bersanelli, docente di Astronomia e Astrofisica al Dipartimento di Fisica della Statale e guida del gruppo Planck di Milano è “Instrument Scientist” di LFI e, insieme a Reno Mandolesi dell’Inaf di Bologna, ha contribuito al 1992 a dar vita al Consorzio.

Abbiamo incontrato Bersanelli insieme Aniello Mennella, fisico dell’università di Milano e “Calibration Scientist” di LFI, alla partenza per Kourou e ci siamo fatti descrivere cosa succederà oggi e nei prossimi mesi.

Per il lancio dei satelliti Herschel e Planck verrà utilizzato un vettore Ariane 5 di ultima generazione, il cosiddetto Ariane 5-ECA (Evolution Cryotechnique type A). Dotato di un “fairing” (l’alloggiamento dei satelliti) estensibile, questo vettore è in grado di effettuare lanci doppi fino ad una massa totale di 9.6 tonnellate. L’altezza massima del vettore è di 52 m, la larghezza massima è di 5,4 m e la massa è di 780 tonnellate circa.

L’Ariane 5 è dotato complessivamente di 4 motori: due motori nei due stadi del lanciatore e due booster laterali. I motori presenti nei due stadi sono a idrogeno liquido; in particolare il motore principale (Vulcain 2) ha una capacità di 150 tonnellate di ossigeno liquido e 25 tonnellate di idrogeno liquido. I due booster laterali sono a
combustibile solido e forniscono la spinta primaria per il sollevamento iniziale.

Mennella entra anche nei dettagli di come si svilupperà il lancio. «Al tempo zero del conto alla rovescia viene attivato il motore principale, il Vulcain 2. Dopo 7 secondi vengono attivati i booster laterali e in quel momento il vettore si stacca dal suolo. Dopo circa 2 minuti e mezzo i booster laterali terminano il loro combustibile e vengono sganciati per cadere nell’Oceano Atlantico. Il motore principale e successivamente quello del secondo stadio rimangono attivi per circa 25 minuti, dopodiché i satelliti si sganciano dal vettore ed iniziano il loro viaggio, della
durata di sei settimane circa, verso l’orbita finale attorno al punto lagrangiano secondo (L2) a 1.500.000 Km dalla terra».

 

Ci spiega poi cos’è il punto L2 e perché è stato scelto. «Nel sistema gravitazionale Terra-Sole esistono 5 punti, detti punti lagrangiani, in cui le forze gravitazionali si annullano. Questi luoghi sono particolarmente attraenti per la possibilità di posizionare dei satelliti in orbita attorno ad essi. Il punto L2, in particolare, è un punto situato oltre la Luna, a circa 1.5 milioni di chilometri dalla terra ed è allineato lungo la direzione terra-sole. La scelta di questo punto per Herschel e Planck deriva principalmente dai seguenti vantaggi: la lontananza dalla Terra, che permette una visione completa del cielo e una minima influenza della radiazione di origine terrestre sugli strumenti di misura; l’allineamento costante con la Terra e il Sole, che garantisce un ambiente termico estremamente stabile, condizione fondamentale per effettuare misure di precisione di un segnale debole come quello della radiazione cosmica di fondo».

Collocato in orbita, Planck inizierà il suo prezioso lavoro. Dopo circa tre settimane dal lancio, gli strumenti a bordo del satellite inizieranno a inviare dati a Terra; ma per circa tre mesi questi dati saranno esclusivamente diagnostici, in quanto dovranno essere effettuati numerosi test per garantirne la funzionalità e le prestazioni. Dopo circa 90 giorni dal lancio il satellite entrerà in operatività nominale e i dati ricevuti a Terra inizieranno ad essere analizzati dal punto di vista scientifico.

A bordo di Planck oltre a LFI c’è l’High Frequency Instrument (HFI), sviluppato da un consorzio a guida francese. Entrambi gli strumenti hanno lo stesso obiettivo: ricevere i fotoni del fondo  cosmico e realizzare una mappa delle anisotropie, ovvero l’immagine dell’universo a circa 380.000 anni dopo il Big Bang.
I due scienziati spiegano le differenza tra le due apparecchiature: «La differenza principale sta nelle frequenze di ricezione: LFI opera fra 30 e 70 GHz, mentre HFI opera fra 100 e 800 GHz. Una così grande copertura in frequenza (che è una caratteristica unica della missione Planck rispetto alle precedenti) è necessaria per poter separare il segnale cosmico di fondo dagli altri segnali di origine celeste: in particolare l’emissione della nostra galassia e quella degli oggetti al di fuori di essa».

Ma perché è così importante spingere la precisione delle misure del fondo cosmico a microonde ai livelli previsti per Planck? Così lo spiega Bersanelli: «Una delle cose più affascinanti del fondo cosmico è proprio l’estremo dettaglio con cui è possibile studiarlo. I fossili terrestri dopo pochi milioni di anni ci danno spesso informazioni incerte e approssimative. Qui invece abbiamo un fossile cosmico le cui caratteristiche si sono mantenute benissimo dopo 14 miliardi di anni, e Planck le potrà rivelare alla grande. Nei dettagli del fondo cosmico, in particolare nel contrasto di intensità e di polarizzazione del fondo cosmico a seconda della direzione in cielo, sono nascosti molti dei segreti dell’universo: la sua composizione (gli “ingredienti” di cui è fatto), l’origine delle strutture, la curvatura dello spazio, la storia passata e futura della sua espansione». 

Naturalmente in questa enorme opera di ricognizione cosmica contano anche i tempi di osservazione; e infatti si ipotizza già un possibile prolungamento della missione. «Più a lungo osserviamo il cielo – conclude Bersanelli – e più accurata è la misura che possiamo ottenere: è un po’ come fare una foto quando c’è poca luce: per avere una buona immagine dobbiamo aumentare il tempo di esposizione. Raddoppiando il tempo di osservazione, come contiamo di fare prolungando la survey di Planck fino a due anni, la precisione migliora del 40%. Questo miglioramento potrebbe rivelarsi molto importante per sondare l’impronta di fenomeni ultra-energetici che potrebbero farci toccare con mano le primissime frazioni di secondo di vita dell’universo, la cosiddetta epoca dell’inflazione, quando lo spazio potrebbe aver subito una espansione vertiginosa».