La decisione sull’opportunità tecnico-economica di qualsiasi azione si voglia intraprendere per la mitigazione delle emissioni di CO2 in atmosfera, passa necessariamente dalla risposta che si riesce a dare ad alcune domande fondamentali sui cambiamenti climatici, tema su quale siamo già più volte intervenuti su queste pagine, e sui loro possibili effetti.
Per fare sinteticamente il punto su alcuni dei quesiti che più appassionano e contrappongono i climatologi, ci è parso utile riprendere, quasi integralmente, le osservazioni comparse recentemente sul sito del dr. Roy Spencer, dell’Università dell’Alabama (si veda per ulteriori dettagli www.drroyspencer.com). Spencer é uno dei più lucidi ed equilibrati critici delle posizioni (ampiamente note per il rilievo avuto su tutti i mezzi di comunicazione di massa) su questo argomento portate avanti da organismi tecno-politici quali lo IPCC
Un riscaldamento globale è attualmente in corso?
In realtà non c’è un modo semplice di rispondere a questa domanda. Dato che le variazioni climatiche annuali sono così ampie, a questa domanda si può rispondere solo a posteriori, guardando agli anni precedenti come in uno specchietto retrovisore.
Un dato molto significativo è che le temperature medie troposferiche (cioè della parte di atmosfera a contatto col suolo fino a circa la quota di 12.000 metri) dopo il 2001 sembrano indicare una stasi od una tendenza a diminuire. Si veda a questo proposito il grafico seguente ricavato da Spencer-Christy da misure satellitari. Altre considerazioni sul fatto se le tendenze a crescere della temperatura rilevate negli ultimi 50-100 anni proseguiranno anche nel futuro, o stiano addirittura accelerando, sono solamente delle speculazioni.
Fa più caldo oggi di quanto non sia stato per migliaia di anni?
Per rispondere a questa domanda si può guardare ad una delle più recenti ricostruzioni delle variazioni di temperatura avvenute negli ultimi 2000 anni. Essa è stata ricavata da Craig Loehle del NCASI (National Council for Air and Strema Improvment) basandosi su un’ampia analisi di tutti i proxies disponibili, dai quali sono stato volutamente esclusi solo quelli relativi agli anelli di accrescimento degli alberi, ampiamente citati da altri autori, ma giudicati da Loehle, poco significativi perché troppo soggetti ad altre influenze oltre a quelle della temperatura.
Come si vede la variabilità naturale della temperatura, era molto ampia anche nel passato, quando l’influsso umano era sicuramente trascurabile; si riconoscono bene la piccola era glaciale ed il periodo caldo medievale, ma ci sono anche periodi più brevi di riscaldamento-raffreddamento di durata 50-100 anni.
I dati del grafico sono mediati sui 30 anni e non è così possibile distinguere, in questa ricostruzione basata su proxies, fenomeni di più breve durata, legati a episodi di El Nino di particolare intensità, come quello che si osserva, nel grafico precedente, per il 1998. Ma non è da escludere che cose analoghe succedessero anche in altri periodi caldi come quello medievale.
La scomparsa dei ghiacci polari è una prova che il riscaldamento è prodotto dall’uomo?
Sicuramente è una prova del riscaldamento, ma non del fatto che sia prodotto dall’uomo.
Dal grafico seguente si può comunque vedere che negli anni ’30 le temperature nell’Artico erano molto simili a quelle degli ultimi anni. Anche allora alcuni giornali avevano elevato allarmi sulla riduzione dei ghiacci ed il cambiamento della fauna.
Bisogna anche tener conto che le osservazioni sistematiche, tramite satelliti, della copertura di ghiaccio dell’artico sono iniziate nel 1979, proprio in coincidenza con l’inizio della PDO (Pacific Decadal Oscillation), che è un indice dell’andamento del tempo sul Nord Pacifico che “salta” circa ogni 30 anni. La coincidenza dell’inizio delle osservazioni satellitari giusto con il “grande salto climatico” (great climate shift) del 1977”, ha probabilmente contribuito a esasperare il giudizio di ciò che consideriamo normale in campo climatico. In effetti se guardiamo al grafico delle temperature dei 2000 anni passati, dovremmo giungere alla conclusione che non esiste qualcosa che si possa definire come clima normale.
.
I ghiacci artici non stanno continuando a sciogliersi sempre più velocemente?
Non è così. Come si vede nel grafico seguente il 2007 è stato effettivamente un anno di minima nella copertura di ghiaccio artica, ma nel 2008 c’è stato un certo recupero, che è probabile continui quest’anno, dalla tendenza che si intravede in atto fino ad aprile.
Da quel che sembra dall’andamento dell’indice PDO è probabile che siamo entrati in una nuova fase di raffreddamento, che potrebbe spiegare sia il recupero dei ghiacci marini artici, sia il ritorno di inverni più freddi.
Gli orsi polari stanno morendo per il ritiro dei ghiacci?
Nel complesso, no. Sebbene due sub-popolazioni di orsi sembrano siamo minacciate da questo fenomeno, l’altra dozzina di sub-popolazioni esistenti sono stabili od in crescita. Gli orsi bianchi hanno superato nel passato altri periodi di caldo, e sopravvivranno anche a questo. Gli orsi, specie i cuccioli, ci colpiscono perché sono così carini, e costituiscono una efficace immagine del riscaldamento globale. Ma non dimentichiamoci che nel loro ambiente naturale sono l’unico predatore che, una volta individuata, insegue con insistenza una preda umana.
Cosa si può dire sulle coperture di ghiaccio che collassano nell’Antartico?
Proprio come la copertura di ghiaccio della Groenlandia continua a scivolare a valle ed a precipitare in mare, per effetto della neve che continua a cadere, anche la copertura antartica lentamente scivola in mare. Ma in Antartico si forma una crosta ghiacciata che può estendersi ampiamente anche nell’oceano, e che circonda tutto il continente. Questa crosta prima o poi si rompe e va alla deriva. E’ possibile che questi collassi diventino più frequenti quando acque più calde interessano una parte del continente: che è proprio quello che è successo negli ultimi anni. Può darsi che questo sia successo anche in altri periodi caldi del passato, ma non abbiamo modo di controllarlo. Nel suo complesso l’Antartico non si è riscaldato, e siccome è così freddo anche alcuni gradi di riscaldamento non faranno sciogliere la copertura ghiacciata, che negli ultimi 30 anni in totale è aumentata, al contrario di quella artica che è diminuita.
L’anidride carbonica è un gas pericoloso?
L’anidride carbonica non è velenosa, ma se la si respira può essere letale perché fa mancare l’ossigeno. Ma anche se si respira a lungo ossigeno puro si muore. La CO2 è indispensabile per la vita sulla terra; la fotosintesi delle piante terrestri e del plankton marino dipende da essa. Senza queste due forme di vita, tutti gli animali, compreso l’uomo, morirebbero. Per il ruolo così essenziale che ha, è curioso che alcuni personaggi, come Al Gore, paragonino la CO2 a un rifiuto.
Ma non possiamo continuare a pompare CO2 in atmosfera all’infinito, non è vero?
Certamente non possiamo farlo, e non lo faremo. Ma la quantità di CO2 che immettiamo in atmosfera è in realtà piuttosto trascurabile. Al 2009 ci sono da 38 a 39 molecole di CO2 ogni 100.000 molecole atmosferiche; per aumentare questo numero a 40 ci vorranno 5 anni, ai ritmi di emissioni attuali. Questo numero potrebbe raddoppiare per la fine del secolo, ma il doppio di un piccolo numero è sempre piccolo.
La CO2 è un importante gas serra?
Non molto. Il vapor d’acqua è responsabile dell’ 85 – 90% dell’effetto serra e le nubi fanno il restante 10 -15 %. La CO2 conta attorno al 3% ed il metano ancora meno. Su queste percentuali si trova in letteratura una certa variabilità perché il calcolo può essere effettuato solo per via teorica e sulla base di diverse ipotesi. L’effetto di un raddoppio della CO2 sarebbe circa 1°C, che è proprio il 3% dell’effetto serra globale di tutti i gas atmosferici, pari a circa 33°C.
Ma i modelli climatici non prevedono un serio incremento del riscaldamento globale, anche da piccoli aumenti della CO2?
E’ proprio così. Ma la maggior parte del riscaldamento calcolato dai modelli climatici non è dovuto direttamente alla CO2, ma ai cambiamenti ipotizzati di vapor d’acqua e nuvole indotti dai cambiamenti dell’anidride carbonica. E questo è il tallone d’Achille dei modelli. In effetti, mentre tutti questi modelli fanno ora cambiare le nuvole con il riscaldamento (alcuni in modo catastrofico) in maniera tale che il riscaldamento viene amplificato, ci sono ormai crescenti evidenze che le nuvole nel sistema climatico reale si comportano in maniera esattamente opposta. Questo vorrebbe dire che anche un raddoppio della CO2 per fine secolo, implicherebbe meno di 0,8°C di riscaldamento.
Ma abbiamo già visto un 1° C di riscaldamento, cosa può allora averlo prodotto?
Le mie più recenti ricerche suggeriscono che la maggior parte del riscaldamento misurato negli ultimi cent’anni è dovuto principalmente a cambiamenti della copertura nuvolosa, dovuti probabilmente a fenomeni di lungo periodo come il summenzionanato PDO.
Una cosa che i modelli climatici non sembrano apprezzare è che basta una variazione del 1% della copertura nuvolosa globale, per provocare un riscaldamento globale. Curiosamente i modellisti non credono che questo possa accada, anche se non mi so spiegare il perché. Forse dipende dal fatto che non abbiamo potuto accumulare abbastanza a lungo osservazioni delle nuvole che documentino ciò. Ma il fatto che questi cambiamenti siano troppo piccoli perché riusciamo a misurarli, non significa che essi non esistano. La maggior parte dei meteorologi ritiene comunque questo cambiamento della copertura nuvolosa del tutto plausibile e frutto probabilmente di cambiamenti naturali degli andamento caotici del tempo e delle circolazioni oceaniche.
La “impronta digitale” del cambiamento dovuto alle attività umane, non è già stata trovata?
Non è così. I modellisti affermano che possono spiegare il riscaldamento solo includendo l’aumento dei gas serra nei loro modelli. Ma questa affermazione è basata su due assunti critici:
1) che il sistema climatico sia molto sensibile agli incrementi di CO2, il che dipende in realtà dalla incapacità dei modelli di simulare adeguatamente le nuvole
2) da una mancanza di osservazioni di lungo periodo che documentino più forti effetti naturali di riscaldamento, quali per esempio una leggera diminuzione della copertura nuvolosa, tale da lasciar passare una maggiore quantità di radiazione solare.
Un’altra “impronta” che viene spesso citata è il fatto che il riscaldamento è stato più forte sulle terre che sugli oceani, come ci si aspetterebbe per via dell’aumento di gas serra.
Ma il riscaldamento degli oceani e delle terre dovuto a una minore copertura nuvolosa sarebbe indistinguibile da quello causato da più CO2. Una diminuzione della nuvolosità oceanica riscalderebbero gli oceani che invierebbero più masse umide verso le terre. E siccome il vapore è il principale gas serra, le terre in risposta si riscalderebbero. Il riscaldamento delle terre sarebbe di conseguenza più forte di quello degli oceani, in quanto la loro capacità termica è minore. Quindi non facciamoci prendere in giro quando sentiamo che è stata trovata la “impronta digitale umana”. Non è stata trovata ed in effetti non c’è proprio nessuna impronta umana conosciuta.
Eventi atmosferici estremi come gli uragani, non sono aumentati negli ultimi anni?
Non è così, sono solo aumentati i danni dovuti a questi eventi.
Questo succede perché si è continuato a costruire lungo le coste ed in altri luoghi soggetti ad eventi atmosferici estremi. Più cose si costruiscono, più possono essere soggette a distruzione da parte di uragani e tornado. Alcune dei dati diffusi sulla maggiore intensità di eventi catastrofici, dipendono per la gran parte dalla nostra capacità di misurare questi eventi, che è molto aumentata negli ultimi anni. Ma, non c’è in realtà nessun modo di sapere se alcune tempeste recenti (ad esempio l’uragano Katrina quando era ancora nel Golfo del Messico) erano più forti di altre verificatesi nella prima metà del XX secolo, quando non avevamo a disposizione radar meteorologici, satelliti e aeroplani strumentati per volare al loro interno.
Che cosa si può dire della maggiore acidificazione degli oceani dovuta all’aumento della CO2?
Si sa ancora poco sulla chimica degli oceani, in termini di come varia nel tempo e di come viene controllata. C’è un certo consenso fra gli oceanografi che l’aumento di CO2 atmosferica dall’inizio della rivoluzione industriale abbia fatto diminuire il pH oceanico medio da 8,18 a 8,10. Ma il pH è molto variabile a seconda dei luoghi, e questa diminuzione è più una stima teorica attesa che un valore realmente misurato. Una minoranza di studiosi sostiene che gli oceani hanno sufficiente capacità per prevenire l’acidificazione. In effetti secondo osservazioni recenti il plankton oceanico crescerà in maniera più rapida ed abbondante con l’aumento della CO2 atmosferica (come del resto fanno anche le piante terrestri).
Attualmente ci sono delle specie che si stanno estinguendo per effetto del riscaldamento globale?
In linea generale non c’è nessun modo di sapere se qualche specie si sta estinguendo. Dovremmo inventariare ogni singola specie su ogni ettaro di superficie, per sapere ciò, e come si sa gli scienziati stanno anche sempre scoprendo nuove specie. Come si è detto se anche ciò accadesse si tratterebbe di un effetto in gran parte naturale. Come nel caso dei modelli climatici, le statistiche sulla estinzione delle specie, provengono in gran parte da calcoli teorici, dalle dubbie basi scientifiche
Al di là di quel che dice la scienza, alla fine non rimarremo senza combustibili fossili?
Certamente alla fine succederà, ma per ora non ci sono tecnologie che possano sostituirli, al livello di scala con cui l’umanità ha oggi bisogno di energia. Le fonti di energia alternativa per il momento forniscono quote marginali, ed hanno loro stesse alcuni problemi. Sia i governi (usando le nostre tasse) che l’industria privata (usando parte dei suoi introiti) stanno conducendo da decenni ricerche sulle nuove fonti di energia. Il mercato è probabilmente il luogo dove risolvere questa controversia, perché chiunque riuscirà a inventare una qualsiasi nuova maniera “economica” di produrre energia farà soldi a palate.
Non si possono far nascere per legge nuove forme di energia, e se ci si prova è probabile che l’economia ne soffrà. Anzi i primi a soffrirne saranno probabilmente quelli che vivono ai margini dell’economia, perché l’energia c’entra con tutto, ed un incremento di prezzo dell’energia si ripercuote inevitabilmente nei costi delle merci e dei servizi.
Alcune considerazioni finali sulla scienza
La previsione del futuro sembra uno dei campi nei quali la scienza riesce a “prendere più cantonate”. Era così anche nel ‘800 e nel ‘900
Prendiamo per esempio l’andamento del livello dell’acqua nel Lago Superiore (uno di grandi laghi del nord America, grafico successivo), che nel 1926, dopo anni di decremento, era divenuto particolarmente basso.
In quell’anno un “esperto” del tempo scrisse su un giornale specializzato (Daily Mining News, del 27 maggio 1926):
“La fine delle cascate del Niagara è matematicamente certa, a meno che i livelli dei Grandi Laghi non vengano fatti risalire”. Questa affermazione in senso letterale non era probabilmente sbagliata, e riusciva a comunicare il massimo di allarme senza essere espressamente falsa.
Si tratta esattamente dello stesso tipo di linguaggio contenuto nel “Sommario per i politici” dell’ultimo rapporto dello IPCC (2007), un documento che volutamente minimizza ogni livello di incertezza scientifica sull’origine antropogenica del riscaldamento globale, mentre nello stesso tempo massimizza l’allarme.
Ultimamente, i timori sul riscaldamento globale, l’estinzione delle specie e l’acidificazione degli oceani, dipendono dal fatto che gli scienziati non comprendono fino in fondo gli equilibri naturali. La natura non è statica, ma causa continui cambiamenti sia nel clima che nei sistemi biologici. L’idea comune che la natura sia in qualche sorta di “delicato” equilibrio, una concezione condivisa perfino da buona parte degli scienziati, deriva da una concezione romantica o da qualche pregiudizio religioso. Ma gli equilibri in natura sono in continuo riaggiustamento, sia per effetto di forze interne che esterne e la natura è dinamica, non statica. Il fatto che un equilibrio sia stato osservato in qualche momento storico non vuol per niente dire che questo equilibrio sia “delicato”.
Perché un cambiamento degli ecosistemi e del sistema climatico dovrebbe essere OK per la presenza degli alberi, e non per quella degli uomini sulla Terra? E’ vero la natura si deve adattare alla presenza degli uomini, ma in ogni caso gli animali e le piante si adattano in continuazione alla presenza di altri animali e piante. Non ha alcun senso fornire questi diritti agli animali ed alle piante, ma non a noi stessi. E siccome ci sono abbondanti evidenze scientifiche che la natura preferisce che ci sia più CO2 in atmosfera, dobbiamo seriamente prendere in considerazione il fatto che bruciare i combustibili fossili, non sia, nel complesso, una cosa così negativa per il Pianeta.