Cancelliamo il tempo e capiremo

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Ventisei secoli fa, un uomo che viveva in una città greca sulla costa dell’odierna Turchia ebbe un’idea prodigiosa e stupefacente: E se il cielo sopra la nostra testa continuasse anche sotto i nostri piedi? E se la Terra non fosse che un grosso sasso che galleggia nello spazio, sospesa sul nulla? L’uomo si chiamava Anassimandro, la città era Mileto. L’idea, nuova nella storia del mondo, era, come ben sappiamo oggi, oltre due millenni e mezzo più tardi, giusta.

Il filosofo della scienza Karl Popper ha definito quest’idea «una delle più audaci, più rivoluzionarie e più portentose della storia del pensiero umano». Ma Anassimandro ci ha lasciato un’eredità ancora più importante. Ha mostrato che la realtà non è come ci appare, che possiamo avere idee sbagliate sul mondo e che, se partiamo da una serena consapevolezza della nostra ignoranza, attenta osservazione e intelligente riflessione possono permetterci di liberarci da qualcuno degli innumerevoli pregiudizi che impastoiano i pensieri: possiamo vedere più lontano. Così facendo, Anassimandro ha iniziato un’immensa e affascinante avventura: la strada della conoscenza scientifica.
Seguendo questa strada, abbiamo imparato che la Terra è una sfera, poi che gira su se stessa vorticosamente e corre intorno al Sole. Che Terra e Sole si attirano come la Terra attira i sassi, che lo spazio è curvo, che gli oggetti sono fatti di atomi, che il calore è il rapido movimento di questi atomi, che ci sono 100 milioni di stelle nella galassia e 100 milioni di galassie nel cielo che vediamo. Che l’Universo era nel passato una palla di fuoco esplosa in un gigantesco scoppio 14 miliardi di anni fa. Abbiamo anche imparato innumerevoli altre cose, che hanno cambiato profondamente la nostra comprensione del mondo e di noi stessi.
Ogni cambiamento è difficile, perché scardina abitudini mentali e pregiudizi e richiede idee inusitate. Come è possibile, chiedevano ad Anassimandro gli antichi, che, se vado sotto alla Terra, poi io possa camminare a testa in giù? Come può il mio «sotto» diventare un «sopra »? E’ incomprensibile! E a Galileo, che difendeva l’idea di Copernico che la Terra stesse girando, i contemporanei, confusi, chiedevano come potesse essere possibile che ci stiamo muovendo, quando stiamo invece qui fermi. Cosa vogliono dire «sopra» e «sotto», «muoversi» ed «essere fermi »? Queste nozioni devono essere riviste per capire meglio il mondo. Il lettore non sorrida di queste difficoltà degli antichi. Sono le stesse che portano molti oggi a domandarsi cosa diavolo intendesse Einstein nel sostenere che un evento, che accade «prima» per me, possa accadere «dopo» per te. Ci sono passi nell’evoluzione della nostra comprensione del mondo che sono stati acquisiti dal nostro senso comune ed altri che sono ben acquisiti nell’ ambito di discipline scientifiche, ma non ancora dal senso comune.
Oggi la ricerca continua lungo questa strada e mette in discussione altri concetti. Tra questi, ci sono le nozioni stesse di «spazio» e «tempo», come ho spiegato nella mia conferenza al Festival delle Scienze di Roma dedicato all’Universo. E se «spazio» e «tempo» non fossero strutture universali alla base del reale, ma solo approssimazioni che hanno significato per la nostra esperienza quotidiana, ma non vanno più bene per capire il mondo un po’ più in profondità? Questa idea è oggi esplorata a fondo da una vivace comunità di scienziati. L’idea non cade dal cielo, ma è stata suggerita, come dovrebbe essere sempre per la buona scienza, da osservazioni e riflessione. Le «osservazioni » sono date dallo straordinario successo empirico delle due grandi teorie fisiche del XX secolo: la Relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica di Heisenberg, Dirac e altri. Le due teorie ci hanno insegnato cose importanti sulla Natura. Einstein ci ha insegnato che spazio e tempo sono oggetti dinamici: si agitano come una specie di immenso mollusco (l’analogia è di Einstein), in cui tutto è immerso. La meccanica quantistica ci ha insegnato che ogni oggetto dinamico ha una struttura granulare: esiste una scala di dimensioni sotto la quale l’oggetto non esiste più. La «riflessione » è lo sforzo di combinare queste grandi scoperte del XX secolo in un quadro coerente, in cui i fenomeni osservati siano comprensibili.
Come Anassimandro cercava un quadro concettuale in cui fosse comprensibile che il Sole sparisca ad Occidente e ricompaia ad Oriente, così oggi cerchiamo un quadro concettuale in cui siano comprensibili le scoperte della fisica. Come Anassimandro, per comporre il nuovo quadro, ha dovuto comprendere che le nozioni di «sopra» e «sotto» dovessero essere diverse da come erano intese dal senso comune del suo tempo; così oggi dobbiamo probabilmente ripensare a fondo le nozioni di «spazio» e di «tempo».
Ripensare cosa sia il tempo è il passo più arduo. Siamo abituati a concepire l’uniforme scorrere del tempo; questo grande fiume in cui siamo immersi e che ci trascina. Ma un vero fiume è solo una danza disordinata di milioni di molecole d’acqua; vista da lontano, la danza disordinata diventa un placido e ordinato fluire, a costante velocità. E se il tempo si scomponesse anch’esso in una danza incoerente e disordinata, quando osserviamo il reale alle scale più minute? Se la nostra idea di un Grande Tempo che fluisce non fosse che una specie di approssimazione, che ha senso solo su scale «grandi »? Se per scrivere le equazioni fondamentali che descrivono il mondo fosse necessario dimenticarsi del tutto della variabile «tempo»? In fondo, come aveva osservato Newton, non osserviamo mai direttamente il tempo: osserviamo solo posizioni di oggetti che si muovono, come le lancette degli orologi. Newton aveva ben scritto che l’esistenza del tempo è una «utilissima ipotesi» per mettere ordine nella complessità del reale. Se questa ipotesi fosse utile alle nostre scale usuali,ma non più a scale molto piccole o molto grandi? Se il tempo in realtà non esistesse? Un’idea altrettanto assurda che pensare che la Terra galleggi nello spazio.
Il campo di ricerca che si occupa di questi problemi si chiama «gravità quantistica»: è il nome dato alla teoria che stiamo cercando e che deve combinare Relatività generale e meccanica quantistica in un quadro coerente. E’ una teoria cercata ansiosamente da decenni, un «Santo Graal» della fisica teorica contemporanea. Negli ultimi sei-sette anni università e istituti di ricerca in tutti i maggiori paesi d’Europa – Francia, Germania, Spagna e Inghilterra – hanno assunto numerosi giovani brillanti che lavorano in questo campo. Non ovviamente in Italia, nonostante il fatto che fra gli scienziati più influenti in questo campo ci siano italiani.
Recentemente, la gravità quantistica ha visto risultati spettacolari e incoraggianti. E’ da pochi mesi rimbalzata ovunque, per esempio, la notizia che, utilizzando la teoria della gravità quantistica chiamata «a loop», è ora possibile calcolare cosa possa essere successo «prima» del Big Bang. Finora il Big Bang, l’esplosione cosmica di 14 miliardi di anni fa, rappresentava una frontiera assoluta della conoscenza, dove tutte le equazioni finivano per diventare insufficienti. Non così le equazioni della gravità quantistica a loop. Queste, scritte già alla fine degli Anni 80, combinano Relatività generale e meccanica quantistica e oggi si comprende che ci permettono di provare a studiare la fisica stessa del Big Bang. Quello che emerge dalle equazioni, con sorpresa di tutti, è la possibilità che il Big Bang non sia stato un vero inizio della storia del mondo, ma un gigantesco rimbalzo (un «Big Bounce ») di un Universo che prima si contraeva. Le equazioni della gravità quantistica a loop descrivono la dinamica dello spazio come una danza di minutissimi anellini («loop» in inglese ). Nelle equazioni non c’è la variabile tempo.
Le equazioni ci forzano, quindi, a ripensare da capo il mondo, senza mettere il «tempo» alla base della struttura della realtà. Se la teoria è giusta, il tempo non esiste. Il tempo è, come la velocità media dell’acqua di un fiume, nient’altro che una nozione media e approssimata, utile solo a scale molto grandi rispetto alla trama minuta del reale. Per comprendere questa trama minuta dobbiamo fare uno sforzo di immaginazione che ci porti fuori dalle nostre abitudini: pensare il mondo senza pensare al tempo.
Non sappiamo ancora se tutto ciò sia giusto. Osservazioni ed esperienze contraddiranno o confermeranno queste idee. In fondo, prima di verificare se Anassimandro, Copernico od Einstein avessero ragione, è sempre passato parecchio tempo. Ma continuiamo a cercare e a riflettere. La nostra ignoranza sul mondo è ancora immensa, ma la possiamo ridurre. Questo lungo cammino di conoscenza non è solo alla base della ricchezza delle nazioni moderne: è soprattutto, io penso, una delle avventure più belle che l’umanità abbia intrapreso.