Beata matematica

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

«Una lista di grandissi­mi matematici della storia, che sono sta­ti credenti in modo fervido e au­tentico. Sono tanti, e di loro non si parla quasi mai. Ecco la rispo­sta argomentata e ‘sperimenta­le’ che va data a chi dubita che si possa essere, al tempo stesso, matematici e credenti» . Il pro­fessor Maurizio Brunetti, mate­matico specializzatosi in Gran Bretagna e ora docente all’Uni­versità Federico II di Napoli, non si ferma a Ennio De Giorgi (1928-1996), genio e trascinante uomo di fede. Brunetti risale agli ultimi tre secoli. E va anche più indietro. Nella lista non include Leibniz, Newton o Cartesio, che certamente non erano atei; nell’elenco iscrive invece quei ma­tematici la cui fede attiva si e­sprimeva con scelte di vita che la rendevano particolarmente rico­noscibile. E colloca al primo po­sto il torinese Francesco Faà di Bruno ( 825- 1888), che la Chie­sa ha proclamato beato nel 1988.

I Faà di Bruno erano una fami­glia di scienziati, di religiosi e di eroi. Francesco era sacerdote, il fratello Giuseppe era un padre Pallottino e si dedicò alle mis­sioni; quanto a Emilio, morì nella suanave inabissata a Lis­sa.


«Il nome di Francesco Faà di Bruno è legato a notevoli contri­buti, soprattutto a un’elegante formula per il calcolo delle deri­vate di ordine superiore di una funzione composta. La sua vita fu talmente avventurosa che se ne potrebbe ricavare un film: militare, musicista, architetto, ingegnere – nel 1856, commosso dalla condizione dei non vedenti, lo era anche la sorella Maria Luigia, pro­gettò e brevettò uno scrittoio per ciechi – e, soprattutto, sacerdote e fondatore di un ordine religioso. Faà di Bruno e­ra stato allievo di Augu­stin Louis Cauchy, uno dei padri dell’analisi ma­tematica, anche lui uomo di fede vissuta. Fu infatti tra i fondatori de l’Association pour la Protec­tion de la Religion Catholique e della Societé Catholique de Bons Livres. Le opere scientifiche di Cauchy sono state raccolte in 27 volumi. Un grande scienziato, ma anche un grande uomo che si spendeva in innumerevoli o­pere di carità e di apostolato cul­turale: ‘benché oberato da ogni sorta di occupazioni, trovava il tempo e l’animo per andare a vi­sitare i poveri nei loro tuguri’ racconta Faà di Bruno. Il mate­matico francese aveva molto a cuore anche la santificazione delle feste: grazie alla sue pres­sioni, molti negozi furono co­stretti a chiudere nei giorni festi­vi permettendo così ai dipen­denti di andare a Messa».Non si parla mai di questi per­sonaggi.
«Eppure sono eccezionalmente interessanti. Penso al matemati­co svizzero Leonhard Euler, da noi noto come Eulero. Di religio­ne protestante, tutte le sere riu­niva la numerosa famiglia e leg­geva un capitolo della Bibbia. Eulero racconta di aver compiu­to molte delle sue scoperte men­tre aveva un bambino in braccio e altri marmocchi che si rotolavano ai suoi piedi. Matematici credenti sono arcinoti a ogni studente alle prese con gli esami di geometria e analisi matemati­ca. Per esempio, Jacques Binet, Charles Hermite e anche il boe­mo Bernard Bolzano, proprio quello del teorema Bolzano­Weierstrass, di cui si ricordano i tentativi per dimostrare logica­mente che la religione cattolica – rivelata, e quindi depositaria di risposte alle questioni fonda­mentali – è quella perfetta, non solo fra le religioni che esistono, ma anche fra tutte quelle pensa­bili. Per lui, la religione era ‘la quintessenza di tutte le verità che ci guidano alla virtù e alla felicità’». Lei è credente? «Sono cresciuto in Alleanza Cat­tolica, nutrendomi della sua spi­ritualità ignaziana. Il mio non è un caso isolato. Secondo un’in­dagine condotta negli Usa, i ma­tematici sono la categoria di scienziati in cui la percentuale di atei è più bassa. Ma, se è vero che la scienza permette solo a volte di trovare Dio, è però certo che è stato Dio a far trovare al­l’uomo la scienza».Questo perché la realtà è cono­scibile?
«Facciamo una considerazione. Perché a Newton saltasse in mente di formulare un modello matematico per il moto di una mela che cade a terra, era neces­sario un presupposto certo: cre­dere che una mela sarebbe sem­pre caduta con le stesse moda­­lità, un minuto, un giorno o cen­to anni dopo. È stato proprio questo presupposto sulla logi­cità del creato, che è condiviso solo dalle culture occidentali, a permettere alla scienza moder­na di nascere e svilupparsi. L’u­niverso ha le sue leggi, non è ca­priccioso. Storici della scienza come Edward Grant e Stanley Jaki hanno individuato nell’av­vento del cristianesimo una condizione addirittura necessa­ria – e, col senno di poi, anche sufficiente – per la nascita della scienza moderna, quella cioè che tralascia ogni considerazio­ne di natura non quantitativa, e­spungendo deduzioni di caratte­re filosofico e limitandosi a uti­lizzare gli strumenti della mate­matica per l’interpretazione dei dati sperimentali». Una scienza che, quindi, nasce molto prima del secolo XVII e sboccia già nel Medioevo cri­stiano.
«La matematica, sia quella più a­stratta e simbolica, sia quella ap­plicata alla fisica, prende il volo in epoche in cui la temperatura religiosa è alta. L’algebra vide la luce tra l’ottavo e il nono secolo nel mondo islamico e, prima che prevalesse la prospettiva teo- fi­losofica dei mutakallimum – se­condo cui l’enunciazione di una legge fisica sarebbe in contrad­dizione con l’onnipotenza di Al­lah –, furono anche pubblicati dei manuali di dinamica dei flui­di. Nell’Europa medievale cri­stiana, appartenevano alla ma­tematica due delle quattro disci­pline del quadrivium, cioè l’arit­metica e la geometria. La nascita della scienza moderna va perciò anticipata almeno di qualche se­colo. Fino a poco tempo fa, se ne festeggiava il compleanno ricor­dando la pubblicazione nel 1687 dei Philosophiae Naturalis Prin­cipia Mathematica di Isaac New­ton. Certo, quest’opera è in tutti i sensi moderna. Tuttavia New­ton riconobbe, facendo proprio l’aforisma medievale di Bernar­do di Chartres, di essere ‘ un na­no sulle spalle di giganti’. Questi giganti, oggi, sono stati identifi­cati: Giordano Nemorario, che nel secolo XIII aveva già formu­lato le leggi della statica; Nicola Oresme, che aveva risolto l’obie­zione più forte contro l’ipotesi di una Terra in movimento; Gio­vanni Buridano, che formulò la nozione di ‘ forza a distanza’, arrivata a Newton attraverso Al­berto di Sassonia, Leonardo da Vinci, Giambattista Benedetti e Galileo Galilei».

Tra geometria e algebra omologica
Laureatosi a Napoli a 21 anni in matematica, Maurizio Bru­netti (foto sulla destra) ha con­seguito il master e il PhD all’U­niversità di Warwick (Gran Bretagna). Insegna dal 1996 presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università ‘Fe­derico II’ di Napoli come ri­cercatore di geometria ed è il docente responsabile di questa disciplina per i corsi di laurea della classe civile-ambientale.
La sua ricerca si svolge nell’ambito dell’algebra omologica e della topologia al­gebrica, una branca della ma­tematica che, associando strut­ture algebriche ad oggetti geometrici, prova a individuare in questi le pro­prietà che rimangono inaltera­te quando li si sottoponga a deformazioni.