Lo IPCC ha bisogno di benedizioni ecclesiastiche?

Benedetta CappelliniArticoli

 

Sul tema dei cambiamenti climatici abbiamo di recente letto una presa di posizione piuttosto decisa da parte del COMECE, che è la commissione dei vescovi cattolici rappresentanti delle Conferenze Episcopali dei paesi dell’Unione Europea, che ci sembra meriti qualche commento.

I presuli del COMECE hanno promosso, ed esaminato (non è chiaro se approvato) nella loro ultima sessione, tenutasi a Bruxelles nell’autunno 2008, il documento intitolato “A Christian View on Climate Change. The Implications of Climate Change for Lifestyles and EU Policies”, (facilmente scaricabile dal sito www.comece.org) che è stato elaborato da una commissione di esperti presieduta dal prof. Franz Fischler, ex-membro della commissione Europea (fra gli altri esperti anche il prof. Stefano Zamagni della Università di Bologna); inoltre hanno dato vita ad una commissione permanente di 10 esperti politici e scientifici che si occuperà di politiche di affronto dei cambiamento climatici e di stili di vita cristiani.

Suscita in noi notevole perplessità il fatto che in questo documento vengono acriticamente ripetuti molti dei più noti e triti argomenti sulle varie catastrofi ambientali (aumento del livello dei mari, siccità, uragani, inondazioni, eccetera) che colpirebbero il pianeta in conseguenza dei cambiamenti climatici e che venga sposata senza discussione la tesi della prevalente origine antropica del riscaldamento globale in corso, portando a favore di questa tesi i soli documenti dello IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change), senza il minimo accenno alle differenti opinioni espresse da altri scienziati che non fanno parte di questo organismo tecno-politico.

Il documento sembra anche dare per assodato che esistano davvero efficaci politiche di mitigazione dei cambiamenti del clima, e che esse debbano essere applicate al più presto da tutti i paesi industrializzati. Ma non viene dato il minimo accenno, né ai dubbi da più parte espressi sul diretto legame fra produzione antropica di CO2 ed aumento della temperatura, né a quelli sulla efficacia delle politiche di controllo delle emissioni fin qui adottate. Il documento non sembra invece avere alcun dubbio nel negare che possa essere “etico in senso cristiano” adottare delle politiche di adattamento al cambiamento, come alcuni propongono, che affrontino caso per caso le varie emergenze che potranno eventualmente presentarsi a causa del clima che cambia. Infatti, secondo il COMECE, “le vite perse, le piante o gli animali estinti a causa dei disastri indotti dai cambiamenti del clima, non possono essere ripristinate, per quanto denaro si voglia impiegare al loro indennizzo”.

Quest’ultimo pensiero in verità, suona lievemente inquietante: chi dovremmo rimproverare allora per tutte le specie estinte nella storia del nostro pianeta, anche ben prima che l’uomo facesse la sua comparsa?

Non è un fatto nuovo che nella loro storia millenaria i cristiani abbiano spesso subito il fascino e l’influsso della cultura e della politica del loro tempo. La tentazione di conformarsi alle visioni dominanti o comunque a quelle che si identificano con il potere non è venuta meno neppure nei periodi in cui la Chiesa ha avuto maggior influsso sulla società, ed a maggior ragione è forte in un’epoca come la nostra nella quale la coscienza dei cristiani di essere minoranza alimenta il timore di rimanere isolati e di essere ininfluenti nella storia. Così, specie quando il coro di consenso su qualche problema di grossa portata si fa più pressante, in particolare se le posizioni culturali prevalenti sostengono le loro motivazioni con argomenti etici, diventa fortissima la tentazione di utilizzare la propria residua forza ed autorità morale per “benedire” quanto si vede affermarsi nella società. Se poi sono in ballo questioni tecnico-scientifiche, la tentazione è forse ancor più forte per il senso di inferiorità che in molti cristiani tuttora aleggia a fronte delle diffuse opinioni scientiste sul senso del mondo e della storia. Ad alcuni cristiani sembra dunque utile non lasciarsi sfuggire l’occasione di dimostrare la propria approvazione per gli “alti ideali morali” che certe posizioni scientifiche e politiche sostengono. Ma quale possa essere il vantaggio per dei presuli cattolici di impegnare la propria autorità in questioni scientifiche opinabili come quella dei cambiamenti climatici o di benedire soluzioni tecnologiche particolari per il grande problema dell’energia, non ci è francamente chiaro, a meno che non si tratti di un opportunistico ed improvvido tentativo di saltare sul carro del presunto vincitore, di una contesa che non ci pare peraltro per niente conclusa.

Il sostegno senza riserve fornito dal documento del COMECE alle posizioni tecno-politiche più in voga sui cambiamenti climatici e sulle energie rinnovabili ci sembra in sostanza un po’ ingenuo e forse anche non del tutto necessario, visti i larghi consensi che le tesi dello IPCC stanno già ottenendo dal mondo politico e mediatico; a maggior ragione se pensiamo alle gravi e numerose emergenze relative alla propria missione di evengelizzazione che la gerarchia cattolica è chiamata a fronteggiare in molte parti del momdo.

Ma a quanto pare gli appelli di abili sirene mediatiche quali Al Gore, che nell’introduzione del suo famoso documentario sostiene che:

“La crisi del clima ci offrirà la possibilità di fare esperienza di una cosa che poche generazioni nella storia hanno provato: una missione generazionale, [.] un fine morale, [.] la possibilità di crescere. [.] Le persone che soffrono di mancanza di significato nella loro vita troveranno la speranza. [.] E mentre cresceremo, faremo l’esperienza di una rivelazione, scoprendo che questa crisi non c’entra nulla con la politica. E’ una sfida morale e spirituale”.

sono diventati degli irresistibili appelli non solo per certe coscienze morali facilmente influenzabili, ma anche per i pastori del gregge.