Niente scuse papali per le antiche «incomprensioni» della Chiesa cattolica sulla teoria evoluzionistica di Charles Darwin. Contrariamente a quanto hanno fatto nei giorni scorsi gli anglicani che hanno pubblicamente chiesto un «perdono» postumo allo scienziato inglese per non essere stato «adeguatamente capito» dai loro «avi», la Chiesa di Roma non intende fare «mea culpa» per aver in passato combattutole teorie darwiniane, ritenendole in contrasto con gli insegnamenti biblici dell’origine dell’uomo (il creazionismo). La precisazione arriva dall’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, biblista di fama e «ministro» plenipotenziario di papa Ratzinger per le attività formative e culturali della Santa Sede.
L’occasione, la conferenza stampa – tenuta ieri nella Sala Stampa vaticana – per la presentazione di un convegno internazionale destinato a segnare una nuova tappa di «avvicinamento» tra scienza e fede perché dedicato proprio al cento cinquantesimo anniversario della pubblicazione della carta evoluzionistica di Darwin, «L’origine della specie». Alla nascita della discussa teoria, la Santa Sede il prossimo anno dedicherà, infatti, un meeting organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana e dall’Università Notre Dame dell’Indiana (Usa), presenti scienziati, teologi, esponenti delle più importanti religioni e studiosi di differenti orientamenti socio-culturali, compresi non credenti. Un convegno di alto profilo scientifico – si terrà dal 3 al 7 marzo 2009 alla Gregoriana che, assicura Ravasi, dimostrerà, tra l’altro, come l’evoluzionismo darwiniano non sia «in contrasto» con il creazionismo biblico, e che tra le due scuole di pensiero le distanze, in fondo, non sono così lontane. Una iniziativa solo culturale che, però, – avverte con fermezza il presule – non vorrà sembrare nemmeno lontanamente come una sorta di richiesta di «perdono» sul modello di quanto la Santa Sede ha già fatto durante il precedente pontificato di Giovanni Paolo II il quale, oltre a cancellare la condanna di Galileo Galilei, nel Giubileo del 2000 invitò i cattolici a purificare la loro memoria ammettendo le colpe commesse dai cristiani nei secoli passati.
Il Vaticano – regnante Benedetto XVI – non intende dunque porgere, così come ha fatto la Chiesa d’Inghilterra, le sue scuse a Darwin per il semplice fatto spiega Ravasi – che «la chiesa Cattolica non lo ha mai condannato». Ma anche perché, insiste il ministro della cultura vaticana, è tempo ormai di «smetterla di considerare la storia come un tribunale in continuo allestimento», ma occorre puntare piuttosto «a stabilire una comunicazione sempre più franca, efficace e senza ideologie tra due punti di vista che guardano alla stessa realtà, quella dell’uomo e del suo mondo». Quanto alla clamorosa richiesta di perdono avanzata alla memoria di Darwin dagli anglicani – richiesta che comunque non tutti gli anglicani hanno apprezzato – per Ravasi si tratta di una «iniziativa non priva di interesse, anche se è nello stile degli anglicani, che è diverso dal nostro. È vero che tra evoluzionismo e creazionismo – ammette l’arcivescovo – ci sono state polemiche aspre, ma non voglio parlare di “perdoni”, perché dovremmo smetterla di considerare la storia come un eterna corte di giustizia» sempre pronta ad emettere sentenze su vicende fuori contesto e non legate all’attualità. Il Vaticano, insomma, su queste tematiche punta a guardare avanti, convinto di interpretare anche l’esigenza di un mondo scientifico che, assicura Ravasi, «aparte alcune frange fortemente ideologizzate, che sbeffeggiano chi si ostina nella fede come fosse un relitto del paleolitico, sembra essere pronto ad accettare che non basta l’approccio empirico per dare conto della realtà». In sostanza, dal convegno del prossimo marzo, la Santa Sede punterà a dimostrare con l’ apporto anche di scienziati e studiosi non cattolici – che «le teorie evoluzioniste delle origini non sono incompatibili a priori con il messaggio della Bibbia e della teologia, né con il magistero della Chiesa», una «verità» dimostrata dal fatto che lo stesso «Darwin – rammenta Ravasi – non è mai stato né condannato né messo all’indice» dalla Chiesa. Non a caso, Pio XII consentì la discussione delle sue teorie, Giovanni Paolo II ne ammise i riscontri con le successive scoperte scientifiche. Benedetto XVI, in un testo scritto da cardinale ha sostenuto che «non è l’evoluzionismo in sé ad essere incompatibile con la fede, ma la sua erezione a chiave d’interpretazione dell’intera realtà». Ed ora da Papa vuole che questo tema diventi uno deicavalli di battaglia del suo pontificato. Ma senza ulteriori «mea culpa».
L’occasione, la conferenza stampa – tenuta ieri nella Sala Stampa vaticana – per la presentazione di un convegno internazionale destinato a segnare una nuova tappa di «avvicinamento» tra scienza e fede perché dedicato proprio al cento cinquantesimo anniversario della pubblicazione della carta evoluzionistica di Darwin, «L’origine della specie». Alla nascita della discussa teoria, la Santa Sede il prossimo anno dedicherà, infatti, un meeting organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana e dall’Università Notre Dame dell’Indiana (Usa), presenti scienziati, teologi, esponenti delle più importanti religioni e studiosi di differenti orientamenti socio-culturali, compresi non credenti. Un convegno di alto profilo scientifico – si terrà dal 3 al 7 marzo 2009 alla Gregoriana che, assicura Ravasi, dimostrerà, tra l’altro, come l’evoluzionismo darwiniano non sia «in contrasto» con il creazionismo biblico, e che tra le due scuole di pensiero le distanze, in fondo, non sono così lontane. Una iniziativa solo culturale che, però, – avverte con fermezza il presule – non vorrà sembrare nemmeno lontanamente come una sorta di richiesta di «perdono» sul modello di quanto la Santa Sede ha già fatto durante il precedente pontificato di Giovanni Paolo II il quale, oltre a cancellare la condanna di Galileo Galilei, nel Giubileo del 2000 invitò i cattolici a purificare la loro memoria ammettendo le colpe commesse dai cristiani nei secoli passati.
Il Vaticano – regnante Benedetto XVI – non intende dunque porgere, così come ha fatto la Chiesa d’Inghilterra, le sue scuse a Darwin per il semplice fatto spiega Ravasi – che «la chiesa Cattolica non lo ha mai condannato». Ma anche perché, insiste il ministro della cultura vaticana, è tempo ormai di «smetterla di considerare la storia come un tribunale in continuo allestimento», ma occorre puntare piuttosto «a stabilire una comunicazione sempre più franca, efficace e senza ideologie tra due punti di vista che guardano alla stessa realtà, quella dell’uomo e del suo mondo». Quanto alla clamorosa richiesta di perdono avanzata alla memoria di Darwin dagli anglicani – richiesta che comunque non tutti gli anglicani hanno apprezzato – per Ravasi si tratta di una «iniziativa non priva di interesse, anche se è nello stile degli anglicani, che è diverso dal nostro. È vero che tra evoluzionismo e creazionismo – ammette l’arcivescovo – ci sono state polemiche aspre, ma non voglio parlare di “perdoni”, perché dovremmo smetterla di considerare la storia come un eterna corte di giustizia» sempre pronta ad emettere sentenze su vicende fuori contesto e non legate all’attualità. Il Vaticano, insomma, su queste tematiche punta a guardare avanti, convinto di interpretare anche l’esigenza di un mondo scientifico che, assicura Ravasi, «aparte alcune frange fortemente ideologizzate, che sbeffeggiano chi si ostina nella fede come fosse un relitto del paleolitico, sembra essere pronto ad accettare che non basta l’approccio empirico per dare conto della realtà». In sostanza, dal convegno del prossimo marzo, la Santa Sede punterà a dimostrare con l’ apporto anche di scienziati e studiosi non cattolici – che «le teorie evoluzioniste delle origini non sono incompatibili a priori con il messaggio della Bibbia e della teologia, né con il magistero della Chiesa», una «verità» dimostrata dal fatto che lo stesso «Darwin – rammenta Ravasi – non è mai stato né condannato né messo all’indice» dalla Chiesa. Non a caso, Pio XII consentì la discussione delle sue teorie, Giovanni Paolo II ne ammise i riscontri con le successive scoperte scientifiche. Benedetto XVI, in un testo scritto da cardinale ha sostenuto che «non è l’evoluzionismo in sé ad essere incompatibile con la fede, ma la sua erezione a chiave d’interpretazione dell’intera realtà». Ed ora da Papa vuole che questo tema diventi uno deicavalli di battaglia del suo pontificato. Ma senza ulteriori «mea culpa».