I prof. britannici vogliono insegnare il creazionismo, per amor di scienza

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Il dibattito sull’insegnamento del creazionismo nelle scuole, che nei giorni scorsi ha elettrizzato le élite intellettuali inglesi, inizia a perdere il suo potenziale barocco per ritornare nella dimensione quotidiana, quella degli insegnanti. Secondo uno studio dell’Università di Southampton, riportato sabato dal Daily Telegraph, il 36 per cento degli insegnanti di Scienze inglesi crede che Dio abbia un ruolo nella creazione dell’uomo. Il 28 per cento ne è convinto, non solo in una forma solipsistica e privata, ma pensa che gli studenti dovrebbero essere incoraggiati a dibattere a scuola le teorie creazioniste accanto a quelle evoluzioniste.L’evoluzionismo sta attraversando giorni terribilmente complicati. Da una parte c’è lo scandalo della Royal Society, il feudo dello scientismo evoluzionista che ha assistito alle inevitabili dimissioni del suo direttore del dipartimento educativo, il biologo Michael Reiss, colpevole d’aver detto che il creazionismo dovrebbe essere affrontato nelle classi se gli studenti lo richiedono. Dimissioni, aperture, smentite, vesti laiche che si stracciano. Chi voleva la testa di Reiss l’ha ottenuta. In realtà, le sue dichiarazioni Reiss non erano un endorsement alla scientificità del creazionismo, semplicemente il biologo e pastore riportava in modo avalutativo un fenomeno: gli studenti hanno una visione del mondo che difficilmente può essere scalzata con un’opera di coazione scientifica, è normale che pongano domande ed è nella natura del mestiere d’insegnante cercare di dare risposte ma anche ammetterne i limiti. E comunque, ha detto Reiss, “il fatto che il creazionismo non sia una teoria scientifica non è un buon motivo per ometterlo dai programmi scolastici”. Si tratta di una preoccupazione scientifica e pedagogica allo stesso tempo, che cerca – nei propri limiti – di tener ferma l’aspirazione alla verità senza venir meno alla dimensione umana degli studenti che l’insegnante si trova di fronte ogni mattina.Questo nuovo studio mette in luce un aspetto inedito: non solo bisognerebbe affiancare l’ipotesi creazionista a quella evoluzionista per non escludere le convinzioni  religiose, in una sorta di aspirazione al religiosamente corretto, ma gli insegnanti intervistati dicono che bisognerebbe introdurre l’argomento dell’intervento divino come elemento di discussione sull’origine della vita. Facendo reagire queste osservazioni con il vociare sguaiato con cui si sta svilluppando il dibattito, emerge che la polemica non è un dilemma evoluzionismo/creazionismo ma, almeno, un trilemma.La prima alternativa, monoevoluzionista, esclude tutte le altre spiegazioni; la seconda ritiene non scientifico il creazionismo ma non vuole negarne l’esistenza per una forma di rispetto religioso. Come ha sottolineato il direttore esecutivo dell’Association for science education, Derek Bell, si rischia la discrasia fra il ruolo dello scienziato e quello dell’insegnante: “Come scienziato, dovresti semplicemente dire che il creazionismo non si può spiegare; come insegnante, non puoi mai ignorare le domande dei tuoi studenti”. La terza via, paventata anche se non esplicitata, ritiene il creazionismo una spiegazione che può muoversi nell’ambito della scientificità, dialogando con il creazionismo pur non rispondendo allo stesso tipo di paradigma scientifico. Si profila dunque quel dibattito a più livelli che è stato sempre più spesso appiattito su posizioni convenzionali. Del resto, l’idea di risolverlo in modo secolarista o teologico implica una mentalità comunque coercitiva e inaccettabile.