Avvenire, 14 giugno 2008, di Piero Benvenuti*
Pubblichiamo una risposta ad un’intervista a Margherita Hack pubblicata su ‘Liberazione’ il 14 giugno 2008 dal titolo ‘Come posso credere che ci sia qualcuno che crea tutto e poi ci dice: scoprìtelo?‘.
Pubblichiamo una risposta ad un’intervista a Margherita Hack pubblicata su ‘Liberazione’ il 14 giugno 2008 dal titolo ‘Come posso credere che ci sia qualcuno che crea tutto e poi ci dice: scoprìtelo?‘.
Cara Margherita, ho letto la tua recente intervista pubblicata da ‘Liberazione’ il 14 giugno scorso con il titolo ‘Come posso credere che ci sia qualcuno che crea tutto e poi ci dice: scoprìtelo?‘. Al termine della lettura ho provato un senso di profonda tristezza, mi è rimasto dell’amaro in bocca che non riuscivo ad eliminare: per l’affetto che ti porto – nonostante le nostre divergenze d’opinioni – vorrei cercare di spiegartene il motivo. Tu sai certamente di essere ormai un’icona dell’astrofisica e della donna scienziato: ad ogni scoperta astronomica i giornalisti si rivolgono solo a te per un commento e la tua opinione è richiesta anche nei dibattiti su svariate questioni etiche, politiche, di costume. Spero non ti sfugga quale formidabile potere di convinzione, soprattutto sui giovani, abbiano le tue parole, i tuoi giudizi, i tuoi libri.
Ora, non credo esista un tuo scritto o un tuo intervento orale nel quale, dopo poche righe o pochi minuti, tu non abbia inserito l’affermazione di essere atea. Naturalmente questa è una rispettabile opinione personale, ma, nell’attuale contesto culturale, il problema collegato alla tua apodittica dichiarazione è che l’ateismo cui tu fai riferimento, quello serio, filosofico, meritevole di attenzione e confronto serrato, l’atesimo di Nietzsche, di Feuerbach, di Marx, non esiste più. È stato ormai soppiantato dall’indifferenza, figlia del frastuono sommergente della pubblicità e della in-civiltà del benessere, o dallo scherno beffardo e superficiale. Forse non era nelle tue intenzioni, ma il tuo sardonico suggerimento – nell’intervista – di sganciare una bomba atomica sul Vaticano, invece che scendere in campo seriamente sul piano del confronto delle idee, rivela una mescolanza di fondamentalismo e di scarso rispetto per chi non la pensa come te, che, solo per questo, sbeffeggi come un povero ingenuo. Vedi Margherita, mi preoccupa il messaggio che lasci ai giovani: le tue parole li inducono a non approfondire, a non formarsi un’opinione critica per poi rispondere autonomamente, in libertà, alla domanda primordiale: «Cos’è la Verità?».
Nei fatti, forse non nelle intenzioni, li consigli di lasciar perdere, tanto «sono solo ingenuità del passato». Lungi da me cercare di farti cambiare idea, ma sei certa di voler proporre ai giovani di relegare tra gli ‘ingenui’, scienziati (non filosofi o teologi!) come Planck, Einstein, Heisenberg, Pauli, e tutti coloro che hanno cercato con passione per tutta la vita non solo le ‘leggi’ della natura, ma anche il senso ultimo dell’esistenza? Nell’intervista ti si chiede cosa ne pensi del nuovo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini.
Rispondi avanzando dubbi sulla possibilità che un avvocato a te sconosciuto sia la persona più adatta a guidare tale ministero. Ho ascoltato il giovane ministro nel suo primo – credo – discorso pubblico, durante l’inaugurazione in Campidoglio di un Simposio europeo di docenti universitari dal titolo – che forse tu troverai provocatorio – «Allargare gli orizzonti della razionalità».
Ha detto poche parole, dense di significato, citando Wittgenstein dove dice: «Anche quando la Scienza avesse dato risposta a tutte le sue domande, non avrebbe ancora risposto alla domanda esistenziale dell’Uomo» e ha concluso, conseguentemente, con la promessa dell’impegno del suo ministero a rilanciare lo studio della Filosofia in tutte le scuole. A questo punto, mi sembra quasi di sentirti sbottare, nel tuo accento inconfondibile: «Son tutte bubbole!». Prima però di chiudere la porta, senza appello, ad ogni apertura metafisica, vorrei sottoporti due considerazioni. La prima discende dalla rivoluzione epistemologica della Fisica moderna, rispetto a quella di Galileo e Newton. Nella tua intervista tu indichi come compito dello scienziato quello di scoprire le «leggi della natura»: come sai questo termine ottocentesco è ormai desueto e ha lasciato il posto ad espressioni come ‘teoria’, ‘equazioni’, ‘modello’. Non si tratta di mere distinzioni linguistiche: il significato profondo è che la Fisica moderna ha riconosciuto l’impossibilità di giungere, dal suo interno, ad una comprensione esaustiva della realtà. Anche se tu volessi limitare la totalità della realtà ai soli ‘fenomeni’ fisici, la Fisica attuale non ti assicura di poter arrivare alle sue radici. La soluzione del cruciverba dell’Universo da parte dello scienziato, cui fai riferimento nella tua intervista, non avrà mai fine. Forse val la pena di meditare, filosoficamente, che senso abbia tutto questo.
Ma c’è dell’altro. Ogni mattina e sera ho davanti agli occhi il sorriso di un bambino: non parla, sorride solamente, ma con quel sorriso esprime un amore profondo ed incondizionato che si propaga e contagia chiunque entri in comunicazione con lui. La mia razionalità si ribella al pensare che quell’amore sia meno reale di un fenomeno fisico, di un atomo o di una stella, né mi si può convincere che sia riducibile alla semplice somma di reazioni biochimiche e di impulsi sinaptici. Se anche quell’amore giacesse ormai sottoterra putrefatto, non servirebbe e non sarebbe servito a nulla. Ma allora, se l’amore non è credibile, anche tutto lo svolgersi dell’Universo lungo i suoi 13,7 miliardi di anni non avrebbe più senso, né avrebbe senso alzarsi ogni mattina per iniziare un nuovo giorno: per far cosa? per attendere penosamente la dissoluzione nel Nulla?
Il tuo credo razionalistico, togliendo significato essenziale all’unica realtà credibile, l’amore, tronca alla radice ogni speranza. È veramente questo il messaggio che vuoi trasmettere alle generazioni future? Pensaci, Margherita.
Con affetto. * Università di Padova
Ora, non credo esista un tuo scritto o un tuo intervento orale nel quale, dopo poche righe o pochi minuti, tu non abbia inserito l’affermazione di essere atea. Naturalmente questa è una rispettabile opinione personale, ma, nell’attuale contesto culturale, il problema collegato alla tua apodittica dichiarazione è che l’ateismo cui tu fai riferimento, quello serio, filosofico, meritevole di attenzione e confronto serrato, l’atesimo di Nietzsche, di Feuerbach, di Marx, non esiste più. È stato ormai soppiantato dall’indifferenza, figlia del frastuono sommergente della pubblicità e della in-civiltà del benessere, o dallo scherno beffardo e superficiale. Forse non era nelle tue intenzioni, ma il tuo sardonico suggerimento – nell’intervista – di sganciare una bomba atomica sul Vaticano, invece che scendere in campo seriamente sul piano del confronto delle idee, rivela una mescolanza di fondamentalismo e di scarso rispetto per chi non la pensa come te, che, solo per questo, sbeffeggi come un povero ingenuo. Vedi Margherita, mi preoccupa il messaggio che lasci ai giovani: le tue parole li inducono a non approfondire, a non formarsi un’opinione critica per poi rispondere autonomamente, in libertà, alla domanda primordiale: «Cos’è la Verità?».
Nei fatti, forse non nelle intenzioni, li consigli di lasciar perdere, tanto «sono solo ingenuità del passato». Lungi da me cercare di farti cambiare idea, ma sei certa di voler proporre ai giovani di relegare tra gli ‘ingenui’, scienziati (non filosofi o teologi!) come Planck, Einstein, Heisenberg, Pauli, e tutti coloro che hanno cercato con passione per tutta la vita non solo le ‘leggi’ della natura, ma anche il senso ultimo dell’esistenza? Nell’intervista ti si chiede cosa ne pensi del nuovo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini.
Rispondi avanzando dubbi sulla possibilità che un avvocato a te sconosciuto sia la persona più adatta a guidare tale ministero. Ho ascoltato il giovane ministro nel suo primo – credo – discorso pubblico, durante l’inaugurazione in Campidoglio di un Simposio europeo di docenti universitari dal titolo – che forse tu troverai provocatorio – «Allargare gli orizzonti della razionalità».
Ha detto poche parole, dense di significato, citando Wittgenstein dove dice: «Anche quando la Scienza avesse dato risposta a tutte le sue domande, non avrebbe ancora risposto alla domanda esistenziale dell’Uomo» e ha concluso, conseguentemente, con la promessa dell’impegno del suo ministero a rilanciare lo studio della Filosofia in tutte le scuole. A questo punto, mi sembra quasi di sentirti sbottare, nel tuo accento inconfondibile: «Son tutte bubbole!». Prima però di chiudere la porta, senza appello, ad ogni apertura metafisica, vorrei sottoporti due considerazioni. La prima discende dalla rivoluzione epistemologica della Fisica moderna, rispetto a quella di Galileo e Newton. Nella tua intervista tu indichi come compito dello scienziato quello di scoprire le «leggi della natura»: come sai questo termine ottocentesco è ormai desueto e ha lasciato il posto ad espressioni come ‘teoria’, ‘equazioni’, ‘modello’. Non si tratta di mere distinzioni linguistiche: il significato profondo è che la Fisica moderna ha riconosciuto l’impossibilità di giungere, dal suo interno, ad una comprensione esaustiva della realtà. Anche se tu volessi limitare la totalità della realtà ai soli ‘fenomeni’ fisici, la Fisica attuale non ti assicura di poter arrivare alle sue radici. La soluzione del cruciverba dell’Universo da parte dello scienziato, cui fai riferimento nella tua intervista, non avrà mai fine. Forse val la pena di meditare, filosoficamente, che senso abbia tutto questo.
Ma c’è dell’altro. Ogni mattina e sera ho davanti agli occhi il sorriso di un bambino: non parla, sorride solamente, ma con quel sorriso esprime un amore profondo ed incondizionato che si propaga e contagia chiunque entri in comunicazione con lui. La mia razionalità si ribella al pensare che quell’amore sia meno reale di un fenomeno fisico, di un atomo o di una stella, né mi si può convincere che sia riducibile alla semplice somma di reazioni biochimiche e di impulsi sinaptici. Se anche quell’amore giacesse ormai sottoterra putrefatto, non servirebbe e non sarebbe servito a nulla. Ma allora, se l’amore non è credibile, anche tutto lo svolgersi dell’Universo lungo i suoi 13,7 miliardi di anni non avrebbe più senso, né avrebbe senso alzarsi ogni mattina per iniziare un nuovo giorno: per far cosa? per attendere penosamente la dissoluzione nel Nulla?
Il tuo credo razionalistico, togliendo significato essenziale all’unica realtà credibile, l’amore, tronca alla radice ogni speranza. È veramente questo il messaggio che vuoi trasmettere alle generazioni future? Pensaci, Margherita.
Con affetto. * Università di Padova