Scienza, il nuovo tabù

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Lo scientismo nuoce alla cultura scientifica. Lo afferma il matematico Giorgio Israel, firma del Foglio, nel libro Chi sono i nemici della scienza? (Lindau, pp. 346, Euro 21,50), in cui accusa la sinistra orfana del marxismo di aver abbracciato una fede acritica nel progresso tecnologico, che la porta a scomunicare chiunque voglia fissare dei limiti alla manipolazione della natura e della stessa vita umana. L’attacco è rivolto a studiosi portatori di concezioni molto diverse: alcuni ritengono che la scienza abbia un valore oggettivo, altri la considerano una fonte di conoscenze provvisorie e relative. Ma tutti costoro, secondo Israel, «marciano separati per colpire uniti», perché sono compatti nel contrapporre nettamente scienza e religione, così come nel respingere ogni critica al darwinismo. Gli interessati non gradiscono. Giulio Giorello, chiamato in causa, respinge le accuse di Israel: «Non ho mai pensato che le verità scientifiche siano fondate sulla roccia o che gli scienziati debbano decidere tutto. Ma l’Italia non è minacciata dallo scientismo. Vedo piuttosto avanzare pregiudizi antiscientifici che si nutrono di spiritualismo e di timore per gli aspetti più emancipativi delle biotecnologie. Un’offensiva cui l’ ex comunista Israel si unisce con uno zelo da prete spretato». Analoga la reazione di un altro filosofo della scienza, Telmo Pievani: «Israel dipinge uno scientismo caricaturale. Nessuna persona ragionevole pensa che le tecnoscienze debbano correre a briglia sciolta senza vincoli, specie nel campo più delicato della biogenetica. Tutti concordano, per esempio, sul divieto di far nascere bambini per clonazione». Vi è tuttavia tra gli studiosi chi condivide i timori di Israel per il predominio delle tecnoscienze. Così Lucio Russo, autore del saggio Flussi e riflussi (Feltrinelli): «C’è una biforcazione crescente tra la ricerca scientifica teorica e quella puramente tecnologica. Le applicazioni concrete hanno sempre svolto una funzione essenziale di stimolo alla scienza, ma non credo sia giusto invocare la libertà di ricerca come giustificazione ideale del lavoro di messa a punto di qualsiasi prodotto o tecnica per fini commerciali. Esistono casi in cui l’opportunità di sviluppare e applicare una determinata tecnologia non dovrebbe sfuggire a un giudizio morale, che andrebbe dato caso per caso». In difesa della ricerca si schiera Enrico Bellone, direttore della rivista Le Scienze, anch’egli preso di mira da Israel: «Sulle biotecnologie circolano molte sciocchezze. Per esempio le cosiddette chimere, presentate dai media come creature mostruose, sono uno strumento prezioso per capire come funzionano le cellule e trovare una cura a malattie terribili come l’Alzheimer. La polemica di Israel lascia disarmati perché non è argomentata. Basta vedere come stronca il mio libro L’origine delle teorie (Codice edizioni), di chiara matrice evoluzionista: non entra nel merito e si limita a proclamare che il darwinismo è dannoso». Ma davvero non si possono avanzare dubbi sulla teoria dell’evoluzione? «Bisogna distinguere – risponde Pievani – perché un conto è il dibattito scientifico sul programma di ricerca neodarwiniano, al quale si possono muovere obiezioni pienamente legittime, come quelle esposte di recente da Massimo Piattelli Palmarini sul Corriere. Ma diverso è il tentativo di screditare l’evoluzione per dare spazio a teorie di stampo religioso, come il “disegno intelligente”, del tutto estranee alla scienza». Non a caso Pievani è autore, con Carla Castellacci, del pamphlet anticlericale Sante ragioni (Chiarelettere). Ma si dichiara distante dalla «metafisica materialista» denunciata da Israel: «Ci sono studiosi, come Richard Dawkins, secondo i quali il darwinismo porta necessariamente all’ ateismo. Se Israel ce l’ha con loro, sono d’ accordo con lui. Infatti l’evoluzione non esclude affatto l’ esistenza di Dio, ma semplicemente permette di spiegare lo sviluppo della vita sulla terra senza ricorrere a ipotesi sovrannaturali». Giorello è sulla stessa linea: «È appena uscito, nella collana che dirigo per Raffaello Cortina, il libro Preghiera darwiniana di Michele Luzzatto, uno studioso di fede ebraica che traccia un suggestivo parallelo tra Darwin e alcuni personaggi biblici. Noi liberi pensatori relativisti siamo aperti alla cultura religiosa, ma non ci pieghiamo ad alcuna ortodossia, mentre mi pare che Israel aspiri a fare la mosca cocchiera di Benedetto XVI». Più critico verso la comunità degli scienziati si mostra Russo: «Noto nell’accademia una triste omogeneità di pareri: sembra che l’unica esigenza sia difendere tutto ciò che ha un’etichetta scientifica da nemici più immaginari che reali. E non credo che la scienza sia minacciata dall’ oscurantismo della Chiesa cattolica. Commettono un grave errore gli scienziati laici in buona fede che, confondendo la razionalità scientifica con l’adozione della logica di mercato come unico possibile criterio di scelta, lasciano ai religiosi il monopolio dei giudizi di valore. E poi quando sento tuonare contro i padri inquisitori non posso fare a meno di ricordare che, per conciliare il desiderio di sentirsi paladini degli oppressi con i vantaggi derivanti dall’ acquiescenza ai potenti, il metodo più seguito è sempre stato quello di difendere gli oppressi di epoche precedenti, ponendosi in sintonia con i detentori del potere del proprio tempo». Bellone concorda solo in parte: «La Chiesa non è monolitica e non tutti i cattolici considerano la scienza una minaccia. Ma anni fa Ratzinger scrisse che la biogenetica era una patologia della ragione, addirittura peggiore del totalitarismo di Pol Pot».