Un anno per Galileo e tutte le stelle

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Ironia del destino: nello stesso giorno in cui i giornali riportavano la notizia che circa metà della popolazione italiana ignora che l’alternanza giorno-notte è dovuta alla rotazione della Terra, le agenzie di stampa riferivano che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, sollecitata dal nostro paese, ha proclamato il 2009 «Anno Mondiale dell’Astronomia».
Si tratta di un evento particolarmente significativo anche perché la data si lega al 400mo anniversario delle prime osservazioni di Galileo con un cannocchiale. Queste mostrarono che la Terra non è il solo mondo nell’universo ma ne esistono tanti altri. Fra il 1609 e il 1610, nello spazio di pochi mesi, Galileo poté osservare le montagne della Luna, i crateri, i deserti. Seguirono poi le osservazioni dei satelliti di Giove, le fasi di Venere, le protrusioni laterali intorno a Saturno, quelle che sappiamo essere gli anelli. Non vi è dubbio che queste scoperte siano state una pietra miliare nello sviluppo della civiltà umana.
Proprio per questa grande rilevanza scientifica e storica, l’Assemblea Generale della Unione Astronomica Internazionale (IAU) aveva approvato nel 2003, all’unanimità, la proposta dello scrivente (allora Presidente della IAU) di richiedere alle Nazioni Unite la proclamazione di un Anno Mondiale dedicato all’Astronomia.
In occasioni precedenti la stessa cosa era stata fatta perla Matematica (2000) e per la Fisica (2005, centesimo anniversarlo della teoria della relatività).
Contestualmente la Unione Astronomica Internazionale chiese al Governo Italiano di presentare formalmente la proposta alle Nazioni Unite. Il lungo processo diapprovazione, condotto con intelligenza dalla nostra diplomazia, si è ora concluso positivamente.
Negli anni scorsi, l’Accademia Americana delle Scienze ha notato che in questi ultimi decenni il susseguirsi di importanti scoperte astronomiche è pari solo a quello verificatosi nell’epoca di Galileo. Gli astronomi di oggi sono infatti impegnati nel cercare risposta alle domande fondamentali sull’Universo. Come nascono, vivono e muoiono stelle e pianeti? Come funziona il Sole? Come sono nate le Galassie? Come è nato e come finirà l’Universo? Come è nata e quanto si è diffusa la vita nel cosmo?
Nell’arco del secolo che si è appena concluso sono stati raggiunti risultati fondamentali relativi alla vita e alla morte delle stelle. Si e capito per esempio che gli elementi chimici presenti oggi nel cosmo sono il prodotto di trasformazioni nucleari che liberano energia e consentono al Sole e alle altre stelle di brillare per miliardi di anni, formando elementi sempre più complessi.
In questo modo si sono formati anche gli elementi chimici che formano il nostro corpo, all’interno di stelle successivamente esplose. Il materiale espulso e poi servito a formare nuove generazioni di stelle e pianeti e, in ultima analisi, noi stessi.
Lo studio delle stelle e della evoluzione cosmica ci dice in sostanza che noi siamo davvero «polvere di stelle».
Non meno impressionante e stata la scoperta che l’Universo e costituito soprattutto di materia invisibile, di un tipo sconosciuto alla fisica di oggi. La sua esistenza ci viene rivelata solo dalla attrazione che essa esercita sulla materia ordinaria circostante. Si tratta di uno dei grandi misteri della scienza, oggetto di studi e ardite speculazioni ai confini fra la fisica e la astrofisica.
Che dire poi della esplorazione del sistema solare, di pianeti come Marte particolarmente simili alla Terra, alla ricerca di indizi che possano far pensare alla esistenza di fenomeni biologici? La recente scoperta di molti pianeti intorno a stelle lontane incoraggia a pensare che tali fenomeni possano essere relativamente comuni nell’Universo.
Il fascino di una scienza che più di tutte colpisce il grande pubblico può quindi fungere da cavallo di Troia per il sapere scientifico in genere, specie fra i giovani. Val la pena ricordare proprio l’esplicito invito di Galileo affinché gli scienziati comunichino i risultati defloro studiutilizzando un linguaggio che tutti possono capire e non solo il latino dei «dotti».
Oltre che realizzare insieme un programma di eventi internazionali coordinati dalla IAU, i differenti paesi elaboreranno un proprio programma nazionale. Le celebrazioni non dovranno essere limitate a mostre, convegni, eventi vari, ma è importante che in questa occasione si possano realizzare infrastrutture destinate a far parte del patrimonio del Paese, secondo la falsariga seguita negli anni scorsi per ricordare la scoperta dell’America.
In tal modo questo evento potrà dare un forte contributo alla conoscenza della scienza contemporanea, un’esigenza ribadita recentemente da un apposito gruppo di lavoro interministeriale sulla diffusione della cultura scientifica, presieduto da Luigi Berlinguer. Nel contesto dell’Anno dell’Astronomia è particolarmente importante che si realizzi anche il progetto per un «Museo dell’Universo» sul colle di Arcetri (Firenze), dedicato alla didattica e divulgazione dell’astronomia e alla esplorazione spaziale.
Il Museo dell’Universo, la casa dell’esilio di Galileo e i moderni enti di ricerca già presenti verrebbero a formare sul colle di Arcetri una suggestiva «Città di Galileo» valorizzando insieme la scienza contemporanea e una fondamentale eredità storica.
Per sostenere questo progetto è stato costituito un Comitato Promotore comprendente altissime figure della società civile e della scienza e sono state identificate possibili sorgenti di finanziamento privato. C’è da augurarsi che l’approvazione dell’Anno dell’Astronomia da parte delle Nazioni Unite coincida con l’effettivo varo del progetto.
Alcune settimane fa, ad Atene, l’Unione Astronomica ha tenuto un affollato convegno preparatorio per presentare e discutere le attività durante l’Anno dell’Astronomia. Le idee sono tante e affascinanti, tutte rivolte a far conoscere al grande pubblico le più recenti scoperte sull’universo. Purtroppo il confronto hamostrato che l’Italia è in grave ritardo rispetto a molti altri paesi per insufficienza di finanziamenti e carenze organizzative.
Sarebbe triste se il ritardo nei finanziamenti o una visione dell’evento puramente celebrativa dovessero lasciare l’Italia sostanzialmente ai margini del grande evento che il nostro paese ha avuto la capacità di promuovere.