Mentre alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Bali in questi giorni si fa a gara a chi pronuncia la frase più preoccupata, più catastrofista, più epica (ed etica) su ambiente e global warming, martedì a Roma il Papa toccando lo stesso tema ha invocato “prudenza”. Presentando il messaggio per la Giornata mondiale per la pace 2008, Benedetto XVI si è intrattenuto – e non è la prima volta – sul “dovere di tutelare il creato”. “Dobbiamo avere cura dell’ambiente”, ha detto. E mentre qualcuno già si sfregava le mani pensando di arruolare tra le proprie fila il “Papa ambientalista”, ha aggiunto che “rispettare l’ambiente non vuol dire considerare la natura materiale o animale più importante dell’uomo, ma non a completa disposizione dei propri interessi”. Poche ora prima che il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon pronunciasse lapidario che le proiezioni degli scienziati “ci dicono che il momento di agire è adesso” e che il cambiamento del clima è “la sfida morale della nostra generazione” rilanciando la lotta al riscaldamento globale, il Papa metteva in guardia dall’ecologismo ideologico: “Oggi l’umanità teme per il futuro equilibrio ecologico. È bene che le valutazioni a questo riguardo si facciano con prudenza nel dialogo tra esperti e saggi, senza accelerazioni ideologiche verso conclusioni affrettate”.
I comunicati che giungono da Bali però sono un florilegio di “problema urgente”, “azione immediata” e “non possiamo più aspettare” applicati ai campi più disparati. Ormai sul clima è già tutto deciso, gli scienziati dell’Ipcc (l’organismo voluto e controllato dall’Onu, praticamente l’unico citato per dimostrare l’origine antropica del global warming) hanno lanciato l’allarme. Adesso bisogna lottare per la diminuzione della CO2. Nel frattempo, inascoltate, proseguono le pubblicazioni che criticano la teoria che ha dato una seconda vita ad Al Gore. Il numero di dicembre dell’International journal of climatology of the Royal metereological society ha reso noto uno studio di un gruppo ricercatori americani che in breve dice così: “Il riscaldamento globale è un fenomeno naturale, l’apporto umano è scientificamente irrilevante”.
I professori David H. Douglass dell’Università di Rochester, John Christy dell’Università di Alabama e S. Fred Singer dell’Università della Virginia, sostengono che i cambiamenti di temperatura degli ultimi trent’anni sono incompatibili con la teoria dei gas serra ma piuttosto spiegabili da fattori naturali. Secondo Douglass “il confronto tra temperature di superficie e atmosferiche non presenta le caratteristiche asso- ciate al riscaldamento da effetto serra”. Se i modelli basati sull’effetto serra fossero veri, spiega Christy nella ricerca, le temperature atmosferiche dovrebbero essere due o tre volte superiori a quelle della superficie. Ma non è così. “L’attuale tendenza al riscaldamento – ha concluso Singer – è parte di un naturale ciclo di riscaldamento e raffreddamento del clima, che è stato già registrato e pubblicato in centinaia di studi. Il meccanismo che produce tali cicli è ancora oggetto di studio, ma molto probabilmente è causato da variazioni nel vento solare e nei campi magnetici. La nostra ricerca dimostra che l’attuale crescita di CO2 nell’atmosfera ha una minima influenza sui cambiamenti climatici. E dobbiamo perciò concludere che i tentativi di controllare le emissioni di CO2 sono inefficaci, insensati e anche molto costosi”.
I comunicati che giungono da Bali però sono un florilegio di “problema urgente”, “azione immediata” e “non possiamo più aspettare” applicati ai campi più disparati. Ormai sul clima è già tutto deciso, gli scienziati dell’Ipcc (l’organismo voluto e controllato dall’Onu, praticamente l’unico citato per dimostrare l’origine antropica del global warming) hanno lanciato l’allarme. Adesso bisogna lottare per la diminuzione della CO2. Nel frattempo, inascoltate, proseguono le pubblicazioni che criticano la teoria che ha dato una seconda vita ad Al Gore. Il numero di dicembre dell’International journal of climatology of the Royal metereological society ha reso noto uno studio di un gruppo ricercatori americani che in breve dice così: “Il riscaldamento globale è un fenomeno naturale, l’apporto umano è scientificamente irrilevante”.
I professori David H. Douglass dell’Università di Rochester, John Christy dell’Università di Alabama e S. Fred Singer dell’Università della Virginia, sostengono che i cambiamenti di temperatura degli ultimi trent’anni sono incompatibili con la teoria dei gas serra ma piuttosto spiegabili da fattori naturali. Secondo Douglass “il confronto tra temperature di superficie e atmosferiche non presenta le caratteristiche asso- ciate al riscaldamento da effetto serra”. Se i modelli basati sull’effetto serra fossero veri, spiega Christy nella ricerca, le temperature atmosferiche dovrebbero essere due o tre volte superiori a quelle della superficie. Ma non è così. “L’attuale tendenza al riscaldamento – ha concluso Singer – è parte di un naturale ciclo di riscaldamento e raffreddamento del clima, che è stato già registrato e pubblicato in centinaia di studi. Il meccanismo che produce tali cicli è ancora oggetto di studio, ma molto probabilmente è causato da variazioni nel vento solare e nei campi magnetici. La nostra ricerca dimostra che l’attuale crescita di CO2 nell’atmosfera ha una minima influenza sui cambiamenti climatici. E dobbiamo perciò concludere che i tentativi di controllare le emissioni di CO2 sono inefficaci, insensati e anche molto costosi”.