Il dibattito su evoluzione e evoluzionismo conosce tappe sempre nuove e di vibrante stimolo alla ragione e alla razionalità scientifica, toccando a volte livelli di incandescenza elevatissimi, come quando il Cardinal Schönborn prese posizione con un suo famoso articolo sul New York Times1.
La nostra rassegna stampa ha riportato fedelmente l’ultimo episodio di questa mai sopita disputa: il sasso nello stagno è stato lanciato da Massimo Piattelli Palmarini con un articolo sul Corriere della Sera2 al quale altre testate giornalistiche (Il Foglio, Avvenire, Il Riformista, lo stesso Corriere della Sera) hanno dato risalto, chiamando a rispondere una serie di importanti scienziati3.
Il dibattito ruota intorno ai fondamenti della moderna visione dell’evoluzione di derivazione darwiniana. La cosiddetta “Sintesi Moderna” ha tre pilastri concettuali, da considerare sempre insieme: il genocentrismo (le caratteristiche degli organismi viventi sono ultimamente determinate dai geni), la casualità (i cambiamenti nei patrimoni genetici che si trasmettono sono casuali), la selezione naturale (come meccanismo cui è affidata la scelta tra i diversi varianti casuali).
È raro trovare qualcuno che metta in seria discussione i tre principi nello stesso tempo (ma si veda ad esempio il recente articolo di Massimo Pigliucci “Do we need an extended evolutionary synthesis?”4), perciò le dispute cui si assiste sono dibattiti intorno a sfumature di peso da dare a questo o a quello dei tre pilastri. Anche la discussione scatenata da Piattelli Palmarini non esce da questa situazione, con una proposizione problematica del principio di selezione e del ruolo dei geni e incontrando risposte che si limitano a liquidare tali problemi come “ovvietà” (Boncinelli5) o paventando indebitamente la possibilità teorica che i rilievi di Palmarini possano presupporre l’ipotesi di un “intervento esterno” (Pievani6), quasi ci si trovasse di fronte a una forma di neo-crazionismo nostrano. Strano e affascinante argomento di ricerca, quello della biologia evolutiva: specialmente in questo campo le domande che vengono aperte dall’affronto scientifico dei dati rischiano di sgretolare certezze che sembravano granitiche, immutabili e indiscutibili. Per questo l’attacco di Piattelli Palmarini è giustificabile: è la sintesi moderna a essere insufficiente. Se si dice per esempio che il ruolo della fisica è da comprendere meglio, non si può liquidare la questione con un “beh, grazie, lo sapevamo già”. Il problema è enorme, e la soluzione – se esiste – è ancora parecchio di là da venire. Allo stesso modo non è ragionevole continuare a difendere una formulazione teorica vecchia di 60 anni, formalizzata prima delle scoperte più recenti della biologia. In fondo lo stesso Darwin non ha mai avuto il beneficio della conoscenza di ciò che sappiamo oggi. Ma, come nota Schönborn, “spesso, nella comunità scientifica, si escludono a priori tutti gli interrogativi mossi, a livello scientifico, ai punti deboli di tale teoria. Qui vige in parte una sorta di censura simile a quella che in passato spesso si rimproverava alla chiesa”7.
Da dove può venire un’impostazione nuova? Da un lato da un serio lavoro di ricerca sul campo, che pochi fanno in quanto le ricerche sperimentali sul ruolo della selezione naturale sono estremamente costose e come sempre poco finanziate. Tale lavoro è in realtà fondamentale, ma si scontra con la poca disponibilità da parte di molti neodarwinisti “senza se e senza ma” a lasciarsi interrogare dai dati, quasi che essi possano in certo senso ‘travolgere’ l’edificio scricchiolante della sintesi moderna.
Dall’altro lato è urgente il recupero di una razionalità ampia, che accetti, a partire dal dato di osservazione, che il metodo della scienza, intrinsecamente naturalistico e limitatoagli aspetti misurabili delle cose, non può essere la giustificazione per uno sguardo riduzionista al reale.
Quello che manca insomma è un approccio, uno sguardo nuovo alla natura, che ci preservi dall’ideologia, sia essa creazionista o materialista, e ci apra a una pienezza dell’uso della ragione ancora poco testimoniata dai protagonisti della vicenda. Ancora secondo le parole di Schönborn: “La questione decisiva non si pone però sul piano delle scienze naturali, e neppure della teologia, bensì si colloca fra l’una e l’altra: sul piano della filosofia della natura. Sono sempre più convinto che i progressi decisivi nel dibattito sulla teoria dell’evoluzione avverranno a livello della filosofia della natura, della metafisica in ultima analisi. Farà bene a tutti noi addentrarci un po’ più in profondità nei nessi filosofici del nostro dibattito”8.
Ciò che determina lo sguardo che si porta al reale è una posizione umana, ‘filosofica’, secondo l’accezione di Schonborn, e come tale non può essere difesa ideologicamente quasi fosse una verità a-priori, con la scusa della sua “scientificità” o “laicità”: a perderci sarebbero tanto la scienza quanto la filosofia.
Piuttosto, in un quadro di complessità crescente come l’attuale, ci sembra più ragionevole quanto dice Benedetto XVI: “non si tratta di decidersi né per un creazionismo, che si chiude sostanzialmente alla scienza, né per una teoria dell’evoluzione che dissimula i propri vuoti o lacune e non vuole vedere le questioni che travalicano le possibilità del metodo delle scienze naturali. Si tratta piuttosto di questa interazione fra diverse dimensioni della ragione”9.
E concludendo afferma: “le scienze naurali hanno schiuso grandi dimensioni della ragione che finora non erano state aperte, e ci hanno trasmesso così delle nuove conoscenze. Ma nella gioia per la grandezza della loro scoperta esse tendono a toglierci dimensioni della ragione di cui continuiamo ad avere bisogno. I loro risultati sollevano delle domande che vanno oltre la competenza del loro canone metodologico e alle quali in esso non è possibile dare una risposta. Tuttavia, sono domande che la ragione deve porre e che non possono essere lasciate solo al sentimento religioso. Bisogna considerarle come domande ragionevoli e trovare anche dei modi ragionevoli di trattarle”10.
Come diceva Hannah Arendt: “La prima battaglia culturale è stare di guardia ai fatti”.
Note:
1 Cfr. “Finding design in nature” di Christoph Schönborn, New York Times, 7 luglio 2005.
2 Cfr. “Darwin” di Massimo Piattelli Palmarini, Corriere della sera, 4 novembre 2007.
3 Cfr. “Tra Dio e Darwin meglio ascoltare la natura” di Massimo Piattelli Palmarini, Corriere della sera, 9 novembre 2007.
4 Cfr. “Do we need an extended evolutionary synthesis?” di Massimo Pigliucci, Evolution DOI:10.1111/j.1558-5646.2007
5 Cfr. “Il neodarwinismo ha prodotto aberrazioni, Palmarini ne sigla la resa” di Giuseppe Sermonti, Il Foglio, 7 novembre 2007.
6 Ibidem
7 Cfr. “Diamo a Darwin quel che è di Darwin e a Dio quel che è di Dio” di Christoph Schönborn, Il Foglio, 12 ottobre 2007, ora in “Creazione ed Evoluzione. Un convegno con Papa Benedetto XVI a Castel Gandolfo“, a cura di Stephan Otto Horn e Siegfried Wiedenhofer, Edizioni Dehoniane Bologna 2007 (in collaborazione con la Libreria Editrice Vaticana).
8 Ibidem
9 Cfr. “Benedetto XVI: “L’evoluzione? Non esclude il Dio creatore”” di Benedetto XVI, Avvenire, 13 novembre 2007, tratto da “Creazione ed Evoluzione. Un convegno con Papa Benedetto XVI a Castel Gandolfo” a cura di Stephan Otto Horn e Siegfried Wiedenhofer, Edizioni Dehoniane Bologna 2007 (in collaborazione con la Libreria Editrice Vaticana).
10 Ibidem