Di seguito presentiamo il testo dell’incontro tenutosi il 18 agosto 2002 al Meeting di Rimini che ha come tema l’origine dell’uomo. Partecipano Elio Sindoni, Henry de Lumley, Fiorenzo Facchini.
Domenica, 18 agosto 2002, ore 19.00, Sala 2
Relatori:
Elio Sindoni, Professore Ordinario di Fisica all’Università degli Studi di Milano Bicocca;
Henry de Lumley, Docente al Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi;
Fiorenzo Facchini, Antropologo
Moderatore: Davide Prosperi
Il professore Fiorenzo Facchini è Professore ordinario di antropologia nell’università di Bologna dal 1978, docente di paleontologia umana nella scuola di specializzazione in Archeologia e responsabile del museo di antropologia e coordinatore di corsi di dottorato in scienze antropologiche presso la stessa università. Membro di varie società scientifiche nazionali e internazionali, è socio effettivo dell’Accademia delle scienze di Bologna e membro dell’accademia di scienze naturali del Kazastan.
Nelle sue ricerche si è occupato di auxologia, di polimorfismi genetici di popolazioni antiche e attuali. Ha partecipato a varie missioni scientifiche in Italia e all’estero, ha organizzato anche due spedizioni nell’Asia Centrale, Tienshan e Pamir, per lo studio dell’adattamento umano all’alta quota. In campo paleontropologico ha messo in evidenza caratteriste, comportamenti e rapporti tra popolazioni preistoriche e l’importanza della cultura come strategia adattativa. E’ autore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche, tra cui i vari volumi sull’evoluzione umana, il più recente dei quali verrà presentato domani al Meeting. E’ stato recentemente insignito del Premio Internazionale Frassetto per l’antropologia dell’Accademia dei Lincei.
Infine, il Professor Sindoni è ordinario di Fisica generale presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e Direttore del Piero Caldirola international Center for the promotion of science. Per molti anni si è occupato presso l’università di Milano e la Prinston University di ricerche sulla fusione nucleare, attualmente impegnato in attività di acustica ambientale e acustica d’interni. E’ autore di una sessantina di lavori scientifici e di vari volumi di saggi e di informazione scientifica. Per conto dell’associazione Euresis da parecchi anni si occupa delle mostre scientifiche al Meeting di Rimini.
Proprio questo tema è oggetto, oltre che dell’incontro di questa sera, anche di una mostra che viene presentata durante questo incontro e potrà essere visitata in questa settimana.
Cedo quindi la parola al Professor De Lumley che ci parlerà della storia e dell’origine dell’uomo.
Henry De Lumley: Grazie innanzitutto agli organizzatori che mi hanno invitato qui a Rimini, a questo splendido Meeting, per parlarvi di questa meravigliosa avventura che è l’avventura dell’uomo.
Quanto vi dirò, quanto avrò occasione di condividere con voi potrete ritrovarlo nella bellissima mostra che vi invito calorosamente a visitare qui nelle sale adiacenti.
Vi parlerò delle grandi tappe della storia degli ominidi, vi parlerò di questa straordinaria avventura culturale che è quella dell’uomo preistorico, cercherò insomma di definire insieme a voi l’uomo e il suo significato.
La prima tappa dell’avventura dell’uomo è l’acquisizione della stazione eretta bipede.
La prima tappa, appunto, è l’acquisizione della stazione eretta bipede e sappiamo che è una acquisizione antichissima da parte dell’uomo. In questa immagine vediamo la prima impronta di un piede umano che viene fatta risalire a 3.700.000 anni fa e che è stata ritrovata in un sito in Tanzania.
Quindi, in questa immagine, come dicevamo, abbiamo l’impronta di tre individui: le prime due impronte sono due individui adulti, vediamo che il secondo individuo metteva il piede nell’impronta che era stata fatta dall’altro individuo.
Mentre a destra avete l’impronta di un piede di un bambino.
Quindi, ecco l’impronta del passo di tre individui che già marciavano in posizione eretta bipede in queste antichissime epoche.
In particolare, chi erano questi uomini? I paleontologi si sono occupati dello studio di questi scheletri, in particolare del famoso scheletro di un australopiteco, che si chiama Lucy.
Questo è il cranio di un australopiteco che è stato rinvenuto in Sud Africa, non lontano da Johannesburg.
Sappiamo che gli australopitechi erano individui estremamente antichi, come comparsa ne troviamo, in effetti, dai 7 milioni di anni fino ai 2 milioni di anni.
Per esempio, sappiamo adesso, dal reperimento di un cranio simile, alcuni mesi fa, nel Ciad, nel deserto del Ciad, abbiamo trovato questo reperto che data di 7 milioni di anni fa e che sarebbe all’origine della differenziazione fra l’uomo e le scimmie.
Sono queste forme australopiteche, simili, che ci rilevano individui di piccola dimensione, di piccola taglia, variabile fra gli 80 e i 120 centimetri, con capacità craniche di 350 centimetri cubici per i più vecchi, fino a 450, 500 centimetri cubici per i più evoluti.
Lo studio dei loro crani ci fa capire che non avevano ancora acquisito delle capacità anatomiche tali da permettere loro l’acquisizione di un linguaggio articolato.
E non fabbricavano ancora utensili.
E lo studio del morso, dell’usura dei denti ci sta ad indicare che non consumavano carne ma erano ancora vegetariani.
Quindi, individui di piccola dimensione, come abbiamo visto, 80-120 centimetri, di scarsa capacità cranica, variabile tra i 350 e i 400 centimetri cubici, che assumevano una posizione eretta per la deambulazione e che forse erano ancora in parte arboricoli.
E per la prima volta, questi individui, avevano trovato un equilibrio con gli arti posteriori e per la prima volta nella storia, appunto, gli arti anteriori erano liberati da qualsiasi compito o mansione di locomozione.
E, la cosa importante da dire a questo proposito è che gli arti anteriori, appunto, liberati dal compito gravoso della locomozione, per la prima volta si associano ad altri compiti di natura celebrale.
Quindi, per 4 milioni di anni circa resteremo a questo livello. Questo è il primo stadio dell’ominizzazione, quindi caratterizzato da quanto ho appena detto: la posizione eretta, la liberazione degli arti anteriori, che non devono più essere, che non devono più occuparsi della locomozione, l’associazione di questo ai sistemi celebrali, e quindi per 4 milioni di anni non ci saranno progressi. Questa è una tappa fondamentale, necessaria ma non sufficiente.
Gli australopitechi che camminavano eretti sono degli ominidi, certo, ma non ancora degli uomini.
Dovremo aspettare ancora 2.500.000 anni per assistere alla comparsa dell’homo abilis. E l’homo habilis ha occupato l’Africa fra 2.500.000 anni e 1.300.000 anni.
Sono individui di corporatura un po’ più massiccia, più alti, fra il metro e venti, il metro e sessanta, con un cervello più evoluto, più grosso, la cui capacità cranica varia tra i 600-750 centimetri cubici.
E mentre gli individui precedenti, gli australopitechi, abbiamo visto che, pur camminando in stazione eretta, erano talora arboricoli, invece l’abilis è nettamente bipede.
Se esaminiamo il cranio di un homo abilis vedremo che si ritrovano tutte le caratteristiche atte a consentirgli un linguaggio di tipo articolato.
E, se si effettua un calco del volume endocranico di questo homo habilis, ritroveremo le aree preposte al linguaggio, cioè l’area di Broca e di Verniche.
E, dall’altro canto, nell’abilis, assisteremo ad una serie di trasformazioni craniche, in virtù delle quali ci sarà una discesa della faringe e della laringe che, appunto, permetterà l’acquisizione di un linguaggio articolato.
E, certamente, gli studiosi non hanno potuto reperire delle prove di parole fossili, queste non esistono, però lo studio del cranio ci consente di vedere che le condizioni c’erano, che tutto rendesse possibile, il linguaggio articolato.
E, oltre al linguaggio, l’abilis sviluppa gli utensili e quindi, ad esempio, la formazione di un tranciante sull’utensile che gli consente di effettuare una serie di mansioni.
E’ proprio grazie all’acquisizione del linguaggio e alle caratteristiche che gli hanno consentito di fabbricare questi utensili che l’ominide si trasforma in uomo.
L’utensile è la testimonianza della comparsa del pensiero concettuale.
Con l’utensile l’uomo è in grado di progettare un modello, che si inserisce in una catena operatoria in funzione di un progetto.
Cercheremo ora la materia prima di questa sostanza che gli ha consentito di creare un utensile. Si costringe, in qualche modo, la materia prima, a diventare utensile, secondo una progettualità ben precisa. Progetto che viene poi realizzato altrove e in un altro momento. Con l’introduzione dell’utensile, l’uomo ha pertanto introdotto nella storia universale, nella storia umana la dimensione culturale.
Con l’acquisizione del linguaggio articolato e con l’invenzione degli utensili, 2.500.000 anni fa nasce la straordinaria favolosa avventura culturale dell’uomo.
Con l’introduzione dell’utensile si modificano anche le modalità di vita: vi è una vera ominizzazione dell’habitat dell’ambiente circostante, con la creazione di siti, di abitazione, sorta di accampamento, in particolare nella zona di Oldoway. E c’è, fra l’atro, una bellissima ricostruzione di questo sito di Oldoway nell’esposizione.
Per altro, presso questi habilis, dallo studio proprio dell’usura dei denti, è anche possibile verificare il cambiamento delle abitudini alimentari: per la prima volta questi ominidi, ora divenuti uomini, per la prima volta consumano carne.
Poi, una nuova tappa, verso 1.800.000 anni fa, un po’ più forse, la comparsa del homo ergaster, che sono nient’altro, in fondo, che degli erectus arcaici.
Questa forma intermedia, (abbiamo visto che gli habilis erano localizzati in Africa), questa forma intermedia di uomo si avvicina all’Europa.
Per la prima volta l’uomo lascia la culla africana, culla della nascita dell’uomo e li troviamo in Europa.
E, in Georgia c’è un sito, che risale a 1.800.000 anni fa, nel quale si sono ritrovati i primi chopper.
E questa è la più antica europea di cui si sia conservata traccia: è una giovinetta di 15 anni, che risale a 1.800.000 anni fa, che è stata ritrovata in questo sito di Bileasy , in Georgia. Vedete le caratteristiche tipiche del cranio, con delle orbite abbastanza rientranti e un certo prognatismo. Ed aveva una capacità cranica di 750 centimetri cubici che la situava a metà strada tra l’homo habilis e l’ergaster; questa è la parte frontale, in antero-posteriore.
E questa sarebbe la ricostruzione di questi primissimi europei.
Verso 1.200.000-1.000.000 di anni fa, gli uomini arrivano sulle sponde meridionali dell’Europa.
E in particolare vicino a Rimini, a Forlì, il Professor Peretto ha ritrovato un accampamento che risale a circa 1.000.000 di anni fa.
Questo è un ciotolo che abbiamo trovato presso Mentone, che risale a circa 1.000.000 di anni fa, il che prova, appunto, la presenza dell’uomo sulle sponde del Mediterraneo.
Ma chi erano questi uomini, questi primi abitanti delle sponde del Mediterraneo?
Torniamo in Italia, fra Roma e Montecassino, nel Lazio, fra Appennini a Est e Leppini a Ovest, sono stati reperiti degli utensili taglienti di più di 800.000 anni.
Ed ecco dei crani di questi uomini che ora sono veri e propri homo erectus. E’ un cranio che è stato ritrovato nel sito di Ceprano, in prossimità di Frosinone. L’homo erectus invade rapidamente tutte le zone inter-tropicali, calde, dell’Europa e dell’Asia. Questo è il pitecantropo di Giava, il suo cranio. Questo un altro esemplare, un individuo di Pechino, (l’uomo di Pechino, cosiddetto, infatti). E vi presento, ora, un sito molto importante che si trova in Europa Occidentale. Questo è l’ingresso della grotta. E questo è il cranio dell’uomo di Tottavel. Ecco un esemplare di erectus, di quelli che hanno invaso l’Africa, l’Eurasia, oltre 1.000.000 di anni fa, ed è un discendente diretto dell’uomo di Ceprano, molto diverso, come vediamo, dall’uomo attuale. Basta guardare, un attimo, la persona che sta accanto a voi: vedrete che la fronte segue un andamento verticale; mentre in questo caso la fronte è sfuggente. Poi c’è una sorte di cercine sopra alle orbite e un prognatismo piuttosto pronunciato. E’ questi sono l’homo erectus. Li chiamiamo ante-neandertaliani, in Europa. E questa è la ricostruzione dell’uomo di Tottavel che abitava nel Sud della Francia, nella pianura del Roussillon, 450.000.000 di anni fa. Erano degli ottimi cacciatori, questo è un accampamento di cacciatori di renne. E questo è anche il suolo di occupazione di un accampamento di cacciatori di cervi, che data 500.000 anni. Questo invece è il suolo di occupazione di un accampamento di cacciatori di grandi erbivori, 450.000 anni. Per la prima volta l’uomo erectus ha acquisito, cosa importantissima, la nozione di simmetria. Gli abilis fabbricavano degli utensili come abbiamo visto dotati di trancianti e di lama che però non era mai simmetrica. Per la prima volta l’uomo è in grado di costruire utensili che presentano una simmetria bilaterale e bifacciale, e questo è in effetti quello che chiamiamo il bifacciale. E sono anche in grado di scegliere per i loro utensili rocce belle, di un bel colore, ad esempio qui il diaspro. Fabbricavano i loro strumenti con dei ritocchi molto regolari. Sono simmetrici come possiamo vedere, ben ritoccati, ben scelti; il colore della roccia è ben scelto, ma non è perché un utensile è bello o ben fatto che sia più funzionale. L’uomo ha voluto cercare oltre alla funzionalità l’armonia , la bellezza. E se volessimo definire l’uomo sulla base appunto della definizione secondo la quale l’uomo è colui che si sublima nella bellezza, che ricerca la bellezza, ebbene dovremmo fare risalire l’uomo a quell’epoca.
Ora passiamo ad una nuova tappa dell’avventura umana: 400.000 anni. Siamo sul sito di Tiramatà, a Nizza. Qui abbiamo trovato un accampamento di cacciatori di rinoceronti, di elefanti. In questo sito abbiamo potuto reperire dei focolai attrezzati: sono i più antichi focolai di questo tipo attualmente rinvenuti ed è proprio al limite settentrionale delle zone temperate calde che sono stati rinvenuti questi focolai attrezzati. E’ il caso di un sito in Bretagna, di Tiramatà a Nizza, è il caso di un altro sito a Vertesulos in Ungheria, a Sukutien in Cina . Il fuoco è stato un formidabile motore di umanizzazione. Il fuoco dà luce e permette quindi di protrarre il giorno, il fuoco riscalda e permette di prolungare in qualche modo l’estate, il calore dell’estate. Il fuoco ha permesso all’uomo di conquistare nuovi territori, ha permesso all’uomo di conquistare zone fredde del pianeta, e ha permesso naturalmente la cottura del cibo. Inoltre il fuoco allontana i parassiti, e permette anche di migliorare la fabbricazione di certi utensili particolarmente in legno per esempio. Ma soprattutto il fuoco è fattore di convivialità . E’ attorno al fuoco che si sviluppano le tradizioni culturali. Attorno al fuoco si sviluppano le identità e le tradizioni culturali regionali. Gli studiosi possono far risalire a 400.000 anni fa la comparsa delle prime tradizioni, delle prime identità culturali regionali un po’ in tutta Europa e tutta l’Asia. E quindi se vogliamo definire l’uomo come colui che ha acquisito tradizioni e identità culturali, dobbiamo farlo risalire a 400.000 anni fa.
Ora veniamo ad una nuova tappa della straordinaria avventura dell’uomo: la nascita l’esordio del pensiero simbolico, di un pensiero simbolico funerario. Siamo qui a Burgos in Spagna dinanzi all’ingresso della Quevamahor. A 400 metri dall’ingresso della grotta si può scendere a 15 metri di profondità e in fondo a questo sifone, a questo scavo è stato rinvenuto un cumulo di ossa oltre 3500 resti umani; sono scheletri completi di 32 individui gettati in fondo a questo sito: sono ancora individui di homo erectus anche se un po’ più evoluti; e sulla base della scomposizione per sesso e età di questi individui possiamo dire che si tratta di individui che sono morti di morte naturale. C’erano bambini dell’età di 9 anni , c’erano molte giovani donne quindicenni, era l’età presunta dei primi parti e uomini di 25 anni era praticamente l’età massima che veniva raggiunta; in quell’epoca non si sono rinvenuti scheletri di individui superiori ai 30 anni. E appunto questi 3500 residui ossei, questi 32 scheletri sono cadaveri che sono stati gettati in fondo a questo pozzo; e invece in questo pozzo non sono stati rinvenute ossa animali, utensili tagliati, ma una perfetta bifacciale perfettamente intagliata, perfettamente ritoccata che è visibilmente un’offerta di tipo votivo. Ecco la foto di gruppo di questi 32 individui che sono stati gettati sul fondo di questo pozzo sacrificale, ma i veri riti funerari sono stati iniziati intorno a 100.000 anni fa nel periodo musteriano da uomini che erano proto-Cromagnon . Qui siamo nella Dordonia, è stata scoperta una necropoli di neandertaliani: quest’uomo presentava caratteristiche ancora arcaiche come potete osservare in diapositiva, però il volume cranico era comparabile a quello dell’uomo moderno; gli utensili sono sempre più standardizzati e vengono appunto definiti dell’epoca musteriana. Ma la cosa importante di questa cultura musteriana, che si tratti di individui neandertaliani o proto-Cromagnon è appunto il ricorso per la prima volta ai riti funerari.
Questa è la prima la più antica sepoltura mai rinvenuta è la sepoltura di un bambino di 9 anni nei pressi di Nazareth. Il defunto veniva posto in una fossa scavata nel suolo, venivano poste accanto al defunto delle offerte, in questo caso delle corna di cervo oppure offerte di tipo alimentare, per assistere appunto il defunto nel passaggio, nel viaggio nell’altra vita; e questa è veramente la nascita dei riti funerari. Per la prima volta l’uomo si interroga sul suo ruolo, sul suo significato, sul posto che assume nell’universo. L’uomo in questo modo manifesta il suo rifiuto per la morte, l’uomo non vuole morire, vuole continuare la vita oltre la morte. E’ la nascita dell’angoscia metafisica, è la nascita anche del pensiero religioso. Se volessimo definire l’uomo come un essere religioso bisognerebbe farlo allora risalire quindi circa a 100.000 anni fa .
Una nuova tappa si colloca circa a 35.000 anni con la comparsa del vero e proprio uomo moderno. Proprio come noi come tutti noi 35.000 anni fa l’uomo di Cromagnon presentava una fronte con parete verticale come la nostra, e dietro alla fronte ci sono i lobi frontali del cervello che sono sede del pensiero associativo, e quindi a questo livello la comparsa delle associazioni ideative, le associazioni di idee e quindi la comparsa del pensiero simbolico. Gli uomini fabbricano nuovi utensili, spezzettano in modo laminare la pietra, inventano anche gli utensili in osso e soprattutto la nascita della parure che diventa un oggetto un manufatto estremamente simbolico: questo è un rinvenimento del nord-est italiano: questa donna aveva una sorta di cuffia sulla quale erano state applicate delle conchiglie. Questa è la Venere di Savignano, scoperta in Italia: una donna dalle forme piuttosto prospere, per così dire, erano simbolo di fecondità. E poi la comparsa dell’arte rupestre questo è l’esempio delle grotte di Lascau: l’uomo trasferisce, proietta in qualche modo sulla parete bidimensionalmente quello che vede in natura invece a livello tridimensionale. Arte rupestre che è anche legata ad uno sviluppo del pensiero mitico: per esempio questa pittura che si trova su una parte delle grotte di Lascau: vediamo che c’è un uomo capovolto a testa in giù a forma di uccello, e di fronte a lui un bisonte che è stato trafitto da una zagaglia e si vedono le viscere che fuoriescono. Quindi l’uomo moderno, l’uomo di Cromagnon che appare 35.000 anni fa, fa emergere il pensiero simbolico tramite l’arte rupestre, tramite questo tipo di oggetti, di manufatti, fra cui la parure. Poi verso i 7.000 anni in numerose regioni del mondo un grosso sovvertimento: l’uomo spezza l’equilibrio con la natura, non è più solo raccoglitore, cacciatore, pescatore, ma comincia da sé a produrre il proprio cibo. Avviene in Anatolia dove l’uomo comincia ad allevare pecore, capre o comincia a coltivare piante, leguminose, frumento, ceci, patate, anche intorno al lago Ciad dove l’uomo coltiva il miglio e avviene anche nell’Asia del sud intorno a Canthon in Thailandia, dove comincia a coltivare riso o ad allevare pecore; e anche in Cina del nord dove l’uomo comincia la coltivazione di certi cereali; e anche in America centrale dove l’uomo comincia a coltivare il mais, l’anguria, il peperoncino rosso ed altre piante. Ecco che uomini che non hanno alcun modo di incontrarsi e di scambiare le proprie idee inventano l’agricoltura e l’allevamento. Gli uomini cominciano a costruire delle case in pietra o in legno, inventano nuove tecnologie, per esempio le macine per macinare o frantumare il grano o i cereali che cominciano a produrre; inventano anche la ceramica, il vasellame che consente loro di conservare i prodotti: i latticini oppure gli altri prodotti e l’uomo comincia verso i 3.000/4.000 anni fa ad inventare la metallurgia prima del rame e poi del bronzo; ed è qui che l’uomo comincia a voler incidere l’argilla, la pietra e voler iscrivere degli ideogrammi per trasferire il suo pensiero. E’ il caso di un sito nei pressi di Nizza o in Val Camonica: vedete queste immagini che evocano naturalmente il dissodamento dei campi, la raccolta. Poi i pugnali che evocano il dio che manda la pioggia. Associando segni sulla roccia l’uomo associa anche delle idee. E nel bacino del Mediterraneo nel quarto e terzo secolo l’uomo incomincia ad inventare la scrittura che gli permetterà di trasferire i propri messaggi ai posteri nel tempo e nello spazio.
Queste le straordinarie tappe dell’avventura dell’ominide che ci consentono di definire l’uomo. Come vediamo l’uomo si costruisce, si definisce progressivamente. 7.000.000 di anni fa i primi ominidi che cominciano a deambulare in stazione eretta, ma sono ancora ominidi, non sono ancora uomini. 2.500.000 anni fa acquisizione del linguaggio articolato, della fabbricazione degli utensili: inizia la straordinaria avventura culturale dell’uomo. 1.000.000 di anni fa la comparsa della nozione di simmetria, della nozione di bellezza, del senso della bellezza un’altra acquisizione progressiva dell’uomo. 400.000 anni fa il fuoco e la nascita delle tradizioni e dell’identità culturale
Nuova tappa di questa avventura. 5.000 anni fa, le prime sepolture l’uomo rifiuta la morte, nascita quindi dell’angoscia metafisica ed è il primo segno, il primo inizio del pensiero religioso; e poi 35.00o anni fa Cromagnon, la comparsa della parure, la comparsa del simbolismo e dell’arte; e poi 7.000 anni fa l’uomo rompe l’equilibrio con la natura non è più solo cacciatore, raccoglitore ma vive di quello che produce e inventa l’agricoltura e l’allevamento e 3.000 anni fa l’invenzione della scrittura.
Sono tutte definizioni dell’uomo che però si inseguono, si incastrano l’una nell’altra. Ce ne potrebbero essere molte altre : la nascita della coscienza, la nozione del bene e del male, il libero arbitrio, il senso dell’altruismo.
Sono tutte definizioni che ci permettono altrettanto di costruire l’uomo, e questa straordinaria evoluzione ci porta ad una maggiore complessità e apparentemente questa evoluzione dell’uomo corrisponde ad un programma, ma penso che stia al professore Facchini forse dare una risposta più esauriente a questa parte della domanda
Davide Prosperi: Ringrazio De Lumley e mi ricollego proprio alle conclusioni del suo discorso per chiedere a Facchini un approfondimento su quali siano le categorie con le quali possiamo individuare la comparsa dell’uomo nella storia: in altre parole il passaggio dal concetto di ominizzazione al concetto di umanizzazione.
Fiorenzo Facchini: Ringrazio gli organizzatori del Meeting che mi hanno dato la possibilità di partecipare, di collaborare anche alla mostra “All’alba dell’uomo”. venni già l’anno scorso nella stessa occasione. E come pure ringrazio il professore De Lumley dell’excursus che ha presentato e documentato, seppur nella ristrettezza del tempo, le fasi dell’evoluzione umana. All’ultima questione che il professore De Lumley ha posto io non pensavo di rispondere in questa sede ma lo rimando a domani quando verrà presentato il volume che ho pubblicato in questi mesi sull’origine dell’uomo e l’evoluzione culturale. Le mie considerazioni forse si inseriscono sull’input per così dire che è venuto dal Dottor Davide Prosperi che mi ha stimolato a qualche considerazione di carattere generale.
La presenza dell’uomo nel passato è documentata certamente dai resti ossei che vengono ritrovati, ma anche -come abbiamo sentito- è documentata dalla cultura cioè da tutto quello che attesta uno psichismo caratteristico dell’uomo. Dove noi troviamo reperti che dimostrano un comportamento intenzionale (e questo l’ha messo in evidenza molto bene il professore De Lumley a proposito degli utensili fabbricati dall’uomo) cioè dove troviamo dei prodotti che rispondono ad un progetto per azioni future, e quindi c’è una catena operativa di atti che vengono predisposti e attuati per realizzare un certo strumento, lì noi diciamo che c’è l’uomo: si tratti cioè di capanne o di costruzioni in muratura come quelle che ha mostrato nel periodo del neolitico, o di bifacciali o di aratri o di computer… Non soltanto quindi le pitture delle grotte preistoriche, non soltanto i templi megalitici dell’area mediterranea, non soltanto i riti funerari: l’uomo si può riconoscere dai prodotti della cultura, anche i prodotti materiali; e la capacità simbolica a mio modo di vedere la si può riconoscere chiaramente nelle espressioni dell’arte e nelle pratiche funerarie e potremmo dire che qui c’è un simbolismo di tipo spirituale, che non fa riferimento a nessun bisogno di ordine materiale, di ordine fisico; però la capacità simbolica si può riconoscere anche negli strumenti fabbricati dall’uomo, perché lo strumento ha un valore simbolico, rimanda ad altro, anche questa biro che ho in mano rimanda ad altro, rimanda allo scrivere, rimanda a ciò che rappresenta, entra nell’immaginario dell’uomo, quindi potevo dire che ha un valore simbolico, io amo chiamarlo un “simbolismo funzionale” che è legato anche ad una funzione. L’uomo allora è tecnologicus e religiosus perché è homo simbolicus, e questo non soltanto negli ultimi 100.000 anni da quando incomincia la pratica della sepoltura, ma anche in tutto il corso della sua storia da quando è uomo. Con l’uomo entra nella storia della vita un elemento nuovo, la coscienza, è la vita che si fa cosciente, e la coscienza, come i segni che la documentano non appartengono alla sfera fisica, alla sfera biologica, ma la trascendono, sono aspetti che possiamo chiamare extra biologici, sulla cui natura per la verità spetta più al filosofo che allo scienziato indagare. L’alba dell’uomo è dunque anche l’alba di una nuova fase della vita sulla terra, la fase cosciente, e nella coscienza dell’uomo è un po’ tutta la realtà che prende coscienza. L’uomo ha un significato in se stesso dal punto di vista biologico e comportamentale e dà significato alle cose, alla natura, all’universo. La paleoantropologia cerca di esplorare i segni dell’identità dell’uomo: noi possiamo vedere sia dal punto di vista biologico e c’è un’identità biologica, quella che è rappresentata dal patrimonio genetico espresso poi nelle manifestazioni fenotipiche che si osservano nei reperti ossei. Ma c’è anche un’identità culturale che è rappresentata cioè dall’attitudine alla cultura che è espressa a sua volta nella progettualità e nella simbolizzazione; e quando dico progettualità penso alla tecnologia, una tecnologia cioè pensata, predisposta dall’uomo preistorico che può essere una tecnologia strumentale, una tecnologia abitativa (le aree di frequentazione, di abitazione), può essere anche una tecnologia alimentare (la manipolazione dei cibi) e oltre alla progettualità, nella cultura l’altro elemento fondamentale è rappresentato dalla simbolizzazione che ricordavo poco fa, e cioè dal dare un significato a determinati comportamenti, gesti e anche prodotti della stessa tecnologia. La comparsa dell’uomo segna un trascendimento nella storia della vita, un trascendimento che può essere visto come secondo trascendimento (il primo trascendimento nella storia della vita lo possiamo riconoscere nella formazione dei primi viventi, oltre 3 miliardi di anni fa si è formata la vita sulla terra, si ritiene, e la vita è regolata da proprietà e da leggi che non sono quelle del mondo inorganico). Con l’uomo c’è un secondo trascendimento che è espresso appunto dalla cultura e dalle società umane che sono regolate dalla cultura e che seguono leggi diverse da quelle della biologia. Questo concetto dei due trascendimenti non l’ho inventato io, non mi voglio attribuire quello che non è mio, è di Teilhard de Chardin; però mi trovo molto in accordo con questo modo di vedere la storia della vita e la storia dell’uomo.
Dunque l’uomo, qualche cosa però cerco di rispondere anche al Professor De Lumley, è un evento causale?
Certamente è un evento singolare, ed è un evento unico, che non ha un confronto con le novità evolutive di altre specie, che pur ci sono. La cultura non è una proprietà biologica, come la proboscide dell’elefante, oppure come i polmoni degli animali terrestri; la cultura, appunto, in quanto espressione di progettualità e di simbolizzazione, appartiene ad una sfera che possiamo ritenere una sfera extra-biologica o meta-biologica. Ma l’aspetto più singolare dal punto di vista evolutivo è che nella visione darwiniana la selezione naturale ha portato ad una specie che è in grado di contrastare la selezione stessa, secondo un suo progetto, e questo è un caso unico tra i viventi, potremo dire che è una anomalia, un paradosso, dal punto di vista naturalistico. Viene spontanea la domanda: l’uomo è soltanto un prodotto del caso, è soltanto un prodotto della selezione naturale allora?
Il paleoantropologo ammette e cerca la continuità biologica tra i fossili che si scoprono, ma deve ammettere che, ad un certo momento, si instaura una discontinuità che è espressa proprio dalla cultura, agli inizi non facilmente individuabile, ma che col tempo si fa evidente e riconoscibile. E questa è una novità. Quando e come si è raggiunto il punto critico, si è accesa nell’ominide la scintilla dell’intelligenza resta difficile da stabilire. C’è stato però un momento in cui l’ominide ha preso coscienza di sé, emergendo nello psichismo rispetto agli altri ominidi, nelle forme, appunto, non umane, imparentate fileticamente con lui. Che cosa ha determinato questa emergenza? Si deve pensare alla comparsa di geni per la cultura? Ma non esistono geni per la cultura, anche se l’attività cognitiva dell’uomo richiede un’adeguata organizzazione cerebrale, e l’ organizzazione cerebrale è certamente regolata da geni. In fondo le stesse domande che si pongono per le origini dell’uomo, a ben riflettere, si pongono per l’essere umano generato oggi dai genitori. Che cosa fa sì che l’embrione diventi un essere cosciente? E quando ciò avviene? E’ difficile, forse impossibile, rispondere a queste domande sul piano strettamente scientifico. Varcando i confini della scienza empirica diventa impossibile spiegare i fenomeni che si osservano con i metodi della scienza empirica. Vi sono domande che portano allo stupore di fronte a eventi della natura che la trascendono nella sfera fisica, rimandano alla sfera spirituale; si tratti della generazione di nuovi esseri umani o dei primi esseri umani, in definitiva rimandano ad una causa trascendente che può essere, deve essere identificata in Dio. E forse si può parlare di bellezza e fascino agli inizi della vita umana, anche se questi inizi sono avvolti nel mistero. Non dobbiamo perdere questo stupore o pretendere di eliminarlo con il progresso della scienza. Nell’uomo la sfera fisica e quella spirituale sono fortemente intrecciate nell’unità della persona. Oggi c’è chi parla di post-umani, realizzati in una sorta di ibridazione fra cervello umano e calcolatori , attraverso le tecniche dell’ingegneria genetica, della cibernetica si vorrebbero realizzare degli ibridi uomo-macchina. Questi tentativi, questi progetti potrebbero essere visti come utopia e fantascienza…, ma io penso che sia molto peggio, perché in questi progetti c’è un vizio di fondo all’origine, c’è cioè una concezione riduttiva dell’uomo, espressione di una ideologia materialista, cioè l’uomo inteso e trattato come una macchina. Ma questo va contro anche il buon senso, oltre che contro il retto uso della ragione. L’essere umano si può studiare e misurare come tutta la realtà fisica, anzi nella Bibbia, nel libro della Sapienza troviamo: “Tutto è disposto in numero, pondere et mensura”. Ma l’uomo non si esaurisce nel peso, nel numero e nella misura. Non si tratta di limitare la ricerca, ma di prendere atto della natura dell’uomo a partire dalla sua identità biologica e di sviluppare e impiegare nel modo migliore le potenzialità dell’intelligenza umana. E qualora mai si potessero ottenere questi ibridi uomo-macchina, io credo che non si dovrebbe neanche parlare di post-umani, ma di sub-umani. Sarebbe il tramonto, questo, l’eclissi dell’uomo, non un evoluzione ma una involuzione, potremmo dire una follia. Osservava Edgar Moren che “L’uomo troppo sapiens diventa ipso facto homo demens”, e cioè la follia è sempre alle porte del progresso umano. Se la cultura allora rappresenta il prolungamento dell’evoluzione biologica, il suo scopo deve essere quello di rendere più umano l’uomo, realizzando un ambiente idoneo allo sviluppo dell’uomo in tutte le sue potenzialità.
La mostra che è stata allestita ha lo scopo di presentare il processo della ominizzazione, cioè delle trasformazioni che hanno portato alle prime forme umane, e da queste all’umanità attuale, e quindi è un processo, potremmo dire, che riguarda l’uomo dal punto di vista fisico. Anche se, a partire dall’uomo, vediamo che vi sono delle manifestazioni nel suo comportamento, che appunto abbiamo definito comportamento culturale, che interagiscono con la sfera fisica e che portano avanti, potremmo dire prolungano, l’evoluzione stessa. L’uomo affonda le sue radici biologiche nel ceppo dei primati, la sua comparsa sulla terra è stata preceduta e preparata da forme non umane, oggi non più esistenti, e ci sono state anche illustrate, le forme australopitecine (ma non solo quelle, perché adesso non so se si possa parlare da 6 milioni di anni fa di forme australopitecine), comunque queste forme non umane rappresentano un cespuglio dal punto di vista filetico piuttosto complesso, a partire appunto dall’ultima scoperta, del mese scorso, del Ciad, quell’ominide ritenuto tale, ma non tutti son d’accordo,…e altre forme ancora. Il compito dei paleantropologi è di andare a vedere tra i diversi rami delle forme non umane qual è quello che può avere avuto un rapporto più diretto con l’uomo. Comunque l’ingresso dell’uomo nella storia della vita avviene senza rumore, ha osservato Teillard de Chardin, i primi passi dell’uomo sono avvolti nell’oscurità. Le prime manifestazioni del comportamento umano si distinguono dallo psichismo animale, ma presentano qualche aspetto di incertezza che può sciogliersi nel contesto coerente di altri segni di un’attività progettuale, le cui espressioni progrediscono col tempo. E qui allora credo che, accanto al concetto di ominizzazione, che fa riferimento essenzialmente alla realtà fisica-biologica dell’uomo, si possa introdurre il concetto della umanizzazione, e questa distinzione ominizzazione – umanizzazione, cara al Padre Martelet, un amico anche del Professor De Lumley, e la prendo appunto perché mi sembra che ci possa aiutare nella conclusione anche di queste nostre riflessioni. All’ominizzazione si accompagna e segue un processo di umanizzazione attraverso la cultura, che è essenziale per il completamento dell’ominizzazione e per il successo evolutivo dell’uomo. E questo processo di umanizzazione continua nel tempo.
La cultura non è soltanto un modo con cui l’uomo si è adattato ai cambiamenti e ha realizzato il suo successo evolutivo, ma è l’ambiente stesso dell’uomo, io amo dire che la cultura rappresenta la nicchia ecologica dell’uomo, intendendo come nicchia ecologica non soltanto l’habitat ma il rapporto funzionale con l’habitat, che è fortemente segnato e caratterizzato dalla cultura. La cultura dunque nicchia ecologica dell’uomo, la cultura è la manifestazione dell’umano nell’uomo, il suo sviluppo nel tempo ha reso più umano l’uomo, anche se non dobbiamo nasconderci i pericoli che vengono da un uso irrazionale della scienza e della tecnica, i pericoli per l’ambiente, i pericoli per il futuro della specie umana, e cioè il pericolo di una disumanizzazione, che noi non ci dobbiamo nascondere. L’ominizzazione quindi può dirsi ormai conclusa, qualche migliaio di anni fa. Deve essere invece portata avanti la umanizzazione che rimane un compito dell’uomo perché è nelle mani e nelle responsabilità dell’uomo, anzi, di ogni uomo.
Vi ringrazio della vostra attenzione.
Davide Prosperi: Il professor Sindoni ci introdurrà brevemente al percorso che troveremo andando a visitare la mostra.
Elio Sindoni: Vi dirò solo poche cose, perché la cosa migliore è che andiate a vedere la mostra. Dunque, abbiamo cercato di mettere in una mostra il percorso che il Professor De Lumley e Facchini vi hanno illustrato. Non è stata una cosa semplice, ha richiesto circa un anno di lavoro di una quarantina tra professori e studenti. Comunque la mostra è organizzata in parti, e abbiamo cercato di coprire quasi tutte le problematiche che si sono presentate, che si presentano quando si voglia descrivere l’evoluzione dell’uomo.
Cioè prima di tutto la datazione, come facciamo a sapere a che epoca appartiene un dato reperto? Quindi le tecniche di radiodatazione, dopo di che le condizioni del clima, che sono molto legate alla stessa evoluzione dell’uomo, ai suoi spostamenti sulla terra.
Quindi una serie di pannelli che riguarda il processo che ha portato alle prime forme di australopiteci fino all’homo sapiens sapiens, quindi questa è una parte molto molto dettagliata di approfondimento dove abbiamo cercato anche di inserire tutte le scoperte e tutti i siti che sono stati via via trovati.
Un’altra parte della mostra riguarda invece un secondo problema, cioè quello dello studio del DNA mitocondriale che specialmente di recente ha assunto una grande importanza ed ha portato all’ipotesi di un’unica Eva comune di circa 150.000 anni fa da cui saremmo tutti derivati. In questa parte della mostra trattiamo anche, col titolo “Noi e loro” le grandi differenze che caratterizzano l’uomo dagli animali, facendo la critica, secondo anche le ultime scoperte, a tutti quei tentativi di dire che anche le scimmie antropomorfe riescono a parlare etc., cioè facciamo vedere qual è la vera differenza tra il linguaggio umano, quello che rende veramente l’uomo essere umano, l’uomo uomo, e il linguaggio più che altro prodotto da istinti degli animali e anche delle scimmie antropomorfe.
Ci sono poi dei pannelli dedicati alla nascita dell’arte, sia l’arte pittorica, sia le prime sculture, come vi ha fatto vedere il prof De Lumley, le sepolture, e infine l’agricoltura e la pastorizia. Chiaramente non volevamo semplicemente mettere un libro sulle pareti, quindi abbiamo corredato la mostra di alcuni reperti, alcune ricostruzioni, vedrete per esempio in formato 1: 1 la ricostruzione di una capanna di homo habilis, con dentro anche due homo habilis, (fatta dai nostri ragazzi di Brera, della scuola d’ Arte di Brera), vedrete i calchi di cinque teschi che partono dall’australopiteco fino al sapiens sapiens, vi renderete conto della crescita del volume cerebrale; ci sono molti reperti originali che provengono dal museo diretto da Mons. Facchini e infine, una cosa molto preziosa, vedrete un calco dello scheletro di un ragazzo morto circa ventimila anni fa, ritrovato in Liguria, il calco è molto molto prezioso e molto bello. Però, rifacendoci anche a quello che ha detto Mons. Facchini, non abbiamo semplicemente voluto fare la storia biologica dell’uomo, perché noi ci rendiamo conto che l’uomo non è soltanto biologia, e quindi i pannelli sono intercalati da quelli che noi chiamiamo “punti di fuga”. Ve ne leggo solo uno di cui riconoscerete, credo, l’autore: “Tutto il cosmo giunge ad un certo punto di evoluzione o di qualificazione in cui diventa autocoscienza. Si chiama “io” quel punto. Ma da che parte si trova l’io? Se si potesse fare un’analisi scientifica di tutto l’uomo, di tutte le sue cellule, ad una ad una, e collocarle lì, in visione, per i visitatori, l’ “io” non si troverebbe: infatti l’io è rapporto con l’infinito, con l’essere e basta”.
Grazie.
Davide Prosperi: Ringrazio nuovamente i relatori. E’ chiaro che tra le numerose questioni ancora aperte per la scienza, alcune delle quali non si risolveranno mai, o comunque non possono essere risolte, occupa certamente un posto primario quella dell’uomo. Qualcuno sostiene, pensa di poter ritenere che la comparsa dell’uomo costituisce una semplice evoluzione biologica di quanto già esiste. E’ come uno che guardasse la Pietà di Michelangelo e dicesse “Che bel pezzo di marmo!”. Un’affermazione di per sé vera, ma dal momento in cui Michelangelo ha toccato quel pezzo di marmo, non si può negare che quello sia diventato un’altra cosa. Ecco, con l’entrata in scena dell’uomo le cose hanno acquistato un nome, un significato e uno scopo. Per questo, riconducendoci al tema di questo Meeting, davanti alla bellezza delle cose l’uomo è la bellezza delle bellezze. Grazie, buona sera.
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