1799: …e la corrente fu

Benedetta CappelliniArticles

Ha come tema l’energia la mostra scientifica curata da Euresis e allestita in occasione dell’edizione del Meeting 1999. Partecipano alla presentazione Gianni Bonera, Elio Sindoni, Piera Volta Roseo, Roberto Busa. Di seguito proponiamo il testo della presentazione.

Lunedì 23 agosto 1999, ore 18.30, Sala 3

Relatori: Gianni Bonera, Ordinario di Fisica presso l’Università degli Studi di Pavia;
Elio Sindoni, Ordinario di Fisica presso l’Università di Milano Bicocca;
Piera Volta Roseo, Contessa;
Roberto Busa, Docente Emerito presso l’Aloisianum di Gallarate

Gianni Bonera: James Clerk Maxwell, colui che ha sintetizzato con le sue quattro equazioni tutto l’elettromagnetismo, scrisse: “I personaggi che incontriamo nella storia della scienza sono uomini come noi e le loro azioni e i loro pensieri sono materiale per studiare la natura umana”. In questa frase ci sono due verità molto importanti: la prima è che i personaggi che incontriamo sono uomini come noi, non esiste il genio, la scienza non progredisce a salti. Certo, ogni tanto ci sono dei personaggi di intelligenza superiore che scoprono qualche cosa, ma la scienza procede lentamente, anche se in modo uniforme e continuo. Forse i grandi scienziati hanno effettivamente qualcosa in più degli uomini comuni: la modestia. Leopardi nello Zibaldone scrive: “La modestia cioè lo stimarsi da non molto, il credere intimamente e sinceramente di non avere conseguito tutto quel merito che si potrebbe e dovrebbe conseguire: questi dico sono segni distintivi dell’uomo grande, e certo sono qualità inseparabili da lui”. La modestia è senz’altro una virtù di molti grandi scienziati; Newton soleva dire: “Ho visto lontano perché ero sulle spalle di giganti”, quindi attribuisce a Galileo, Huygens, Cartesio molto di quello che lui è riuscito a sintetizzare. Alessandro Volta, dopo aver presentato la sua pila nel 1801 a Parigi, All’Accademia di Francia alla presenza di Napoleone, allora primo console, scrive al fratello Luigi: “In mezzo a tante cose che devono certo farmi piacere e che sono fin troppo lusinghiere, io non mi invanisco a segno di credermi più di quello che sono e alla vita agiata da una vana gloria preferisco la tranquillità, la dolcezza della vita domestica”. La lettera continua così: “L’allargarsi di qualche linea o lo stringersi delle mie pagliette nell’ampolla, i miei giocolini hanno interessato l’attenzione non solamente di alcuni fisici ossia di dilettanti di simili inezie, ma dei ministri e del primo console e hanno fatto parlare tutta Parigi. Guardate, diranno: dove vanno a perdersi tante teste? Io stesso lasciando le burle mi stupisco come le mie scoperte vecchie e nuove sul cosiddetto galvanismo abbiano prodotto tanto entusiasmo. Quanto al nuovo apparato [la pila, definita da Einstein la base fondamentale di tutte le scoperte moderne], ho ben creduto che avrebbe fatto dello strepito, ma non mi sarei mai immaginato che dovesse farne tanto. Qui a Parigi vi è, si può dire, furore, perché come per altre cose vi si aggiunge quel che è furor di moda”. Come si vede, lo scienziato sa scherzare sulle proprie ricerche ed è consapevole che tutto nasce da una pagliuzza che si sposta qualche millimetro in più: bisogna avere l’intuizione in quel millimetro in più di scoprire tutto ciò che vi sta dietro e all’origine.
La seconda verità è che le azioni, i pensieri dei grandi scienziati, sono materiali per studiare la natura umana. Di questi grandi scienziati, proprio perché sono diventati famosi, abbiamo ricche biografie e ricche collezioni di loro lettere. Per esempio l’epistolario di Volta contiene quasi duemila lettere, dallo studio delle quali abbiamo scoperto l’umanità e la ricchezza spirituale di questo personaggio, che mettono in evidenza non solo l’uomo, non solo lo scienziato ma anche il credente.
E sono proprio due epigrafi, scritte poco dopo la morte di Volta, che ce ne ridanno la statura e l’umanità. La prima definisce lo scienziato “Simplex et rectus et timens Deum”. Si tratta del sottotitolo dellaa poesia Ad Alessandro Volta che Silvio Pellico scrive intorno al 1835, e che riferisce di un colloquio che ebbe Pellico giovane – prima degli eventi dello Spielberg, dunque intorno al 1815 – in casa Lambertini con Alessandro Volta: Pellico dice di essere rimasto così colpito dalla profondità della fede di Alessandro Volta da ritenere la sua successiva conversione dovuta proprio a questo incontro.
La seconda epigrafe è stata scritta da Configliacchi, il successore di Volta, nel 1814: “Ad Alessandro Volta, principe nelle cose elettriche, meditando sulla forza della torpedine interpretò ed emulò la natura”. Sono i due aspetti più interessanti dell’opera di Volta scienziato: il Volta fisico elettrizzante e il Volta che inventa la pila. Volta infatti non è importante solo per aver scoperto la pila, ma ci sono tante altre invenzioni, l’elettroforo, il metano, il condensatore… dieci anni prima di Gay-Lussac Volta ha scoperto e misurato in maniera molto precisa la legge di dilatazione lineare dei gas, legge che poi Gay-Lussac ha ritrovato e che purtroppo noi, legati ai libri inglesi, continuiamo a chiamare legge di Gay-Lussac senza ricordare il contributo di Volta. Nel suo lavoro ci sono anche aspetti limitati: ad esempio, Volta avrebbe potuto fare altre due grandissime scoperte: la sintesi dell’acqua – il fatto che l’acqua è costituita di idrogeno e ossigeno – e l’elettrolisi dell’acqua – la scissione dell’acqua in idrogeno e ossigeno –. Queste due esperienze le aveva sott’occhio, le ha viste ma non le ha capite. Questo deve essere messo in evidenza per far capire sia che i grandi scienziati hanno oltre a intuizioni anche debolezze e commettono errori, sia che per fare certe scoperte non basta vederle, bisogna essere in grado di poterle capire.Elio Sindoni: La mostra è costituita da cinque sezioni, al centro delle quali vi è una riproduzione della pila originale di Volta in un pentagono fatto di plexiglas. La prima sezione è “Volta uomo e scienziato”, in cui sono presentate le notizie sulla vita di Volta; la seconda sezione è “L’elettricità prima di Volta”, e contiene tutte le esperienze che hanno preceduto e che hanno suggerito a Volta le sue scoperte; la terza è “Volta fisico elettrizzante”, nella quale sono illustrate le grandi scoperte di Volta, tra cui l’elettroforo e elettroscopio; la quarta sezione è dedicata all’invenzione della pila e alla diatriba tra Volta e Galvani sulla presenza o meno di elettricità negli animali. L’ultima sezione riguarda le conseguenze della pila di Volta: sono presentati gli scienziati che seguendo le orme di Volta hanno costruito l’elettromagnetismo, scienziati quali Oersted, Maxwell, Ampère, fino a Marconi.

Piera Volta Roseo: La mostra, che ho visto con piacere, viene visitata da moltissime persone, giovani e meno giovani. Ciò è segno che è ancora molto vivo l’interesse di far rivivere la memoria dell’invenzione che ha dato origine a questa nostra civiltà, che si differenzia da quelle che l’hanno preceduta proprio per l’utilizzazione in modo intensivo dell’energia elettrica.
Il libro Alessandro Volta. L’uomo, lo scienziato, il credente, scritto dal professor Bonera e dal padre Vanzan del collegio degli scrittori di Civiltà cattolica, riesce a dare una ampia e sintetica visione non solo della vita e delle opere del mio avo Alessandro, ma anche dell’ambiente storico, politico, sociale in cui egli si è trovato ad operare. In queste poche pagine sono condensate informazioni sulla vita di Alessandro Volta che solitamente non sono conosciute dal grande pubblico, e cioè la sua posizione in campo religioso, le sue infatuazioni e scappatelle giovanili, la sua dedizione alla famiglia.

Roberto Busa: Vorrei fare alcune osservazioni sul fatto che l’elettricità genera ancora stupore.
1. Lo stupore per l’elettricità è antico
La parola electrum e la greca electros esistevano già presso i classici. I suoi significati si intrecciano con quelli delle succinae (resine o ambra) e del magnes-etis (la calamita). Tali voci, a motivo se non altro delle secolari trasmissioni, presentano oltre a vari derivati, anche variazioni sia di morfologia sia di pura grafia. In sostanza comunque electrum significava o una lega di oro e argento, attraverso l’oricalco (lega di zinco e rame, una specie di ottone, non accostati ma fusi insieme), ovvero l’ambra. Se ne notava lo scintillio, ma non ho trovato che si parlasse di scosse.
Aristotele lo menziona sei volte; san Tommaso morì prima di oltrepassare il secondo libro nel suo commento ai Libri Meteorologici di Aristotele.
Ovviamente le menzioni di electrum furono sempre e ovunque scarse in confronto con quelle sia del magnetismo (san Tommaso ne parla 24 volte in 12 opere) sia soprattutto dello stupore di fronte alla luce. Lux-lucis nell’aquinate conta 2.346 presenze, ma 9.379 se vi si comprende la famiglia di 53 voci sue derivate.
Nella cultura mediterranea la nozione di electrum era più antica che ad Atene o Roma. Ezechiele la usava in ebraico già 600 anni prima di Cristo (Ez 1,4;27; Ez 8,2). I suoi commentatori menzionano le corrispondenti voci nelle lingue egiziana e assiro-babilonese.
Nulla so dirvi dell’esistenza della nozione nelle culture e lingue orientali.
2. Nemmeno la scoperta dell’elettricità fu opera di uno solo
Come pare proprio tutte le scoperte, anche quella dell’elettricità fu un fatto di cultura ossia di ambiente, pur di alcuni pochi ma sempre di più di uno. Il prof. Bonera ha ricordato come Alessandro Volta avesse quel grado di superiore intelligenza che va col nome di modestia e umiltà: vertice di piramide che si rende conto di essere sostenuto da tanti di sotto.
Tolstoj prima di chiudere le 1.500 pagine di Guerra e pace, ne ricama ancora molte sull’intuizione che il genio è una risultante del caso. Il caso è un output non periodico di un programma che ha un numero così enorme di dati e di istruzioni che nessuna mente umana riuscirebbe a deprogrammare.
3. Lo stupore per l’elettricità portò subito a pensare cosa farne
Lo stupore tende e dominare, cioè a non solo sapere, bensì anche a cavarne servizi utili per noi stessi. Noi oggi contiamo sull’elettricità come su di una infrastruttura necessaria a tutti e tutto, e il cui esercizio è già assicurato: illuminazione, motori, medicina e chirurgia, computer…
4. Ma cosa sono elettricità e stupore?
Il tema di questo Meeting mi ha affascinato: “L’ignoto genera paura, il Mistero genera stupore”.
L’ignoto è il mondo della fiaba e della fantascienza. L’unico bene che porta è un senso piacevole, ma troppo facile, di evadere dalla realtà con i suoi doveri, fatiche e problemi. Quando pure fosse bello e gentile, genera paura almeno nel senso che non prepara agli ostacoli della vita reale, non risolve alcun problema: come allo struzzo della leggenda, fa mettere la testa sotto la sabbia, così che non si veda più il pericolo imminente. Infatti ciò che dà forza all’uomo è comprendere la logica delle difficoltà che incontra: guardate entro il sistema intero della vita, tutte sono opportunità di un migliore investimento, come Gesù continuava a ripetere, a parole ma ancor più a fatti.
Ma “Il Mistero provoca lo stupore”. Perché? Come?
Conosco prima lo stupore o prima il Mistero?
La risposta biblica e cattolica suona: è lo stupore che ci fa conoscere il Mistero.
5. Cos’è dunque lo stupore?
Stupore è quel senso istintivo della mente che sa che c’è tanto altro che non sa e si chiede “perché?”     Per dare uno schema dei meccanismi mentali dello stupore, bisogna che prima ci diciamo cosa sia quella mente che tutti pensiamo di avere, della quale parliamo facilmente e senza fine, ma che pare impossibile racchiudere in una formula o definizione essenziale.
6. Cosa dunque noi chiamiamo “mente”?
Dal mondo dell’informatica è fiorita una nuova filosofia antropologica, chiamata il problema del “mind and body”. Entro essa opera la “psicologia cognitiva” che in qualche senso ha ricominciato da capo, per il fatto che l’ambiente culturale dall’Illuminismo in poi disdegnò le conquiste della cultura dei primi sedici secolo dopo Cristo.
Non è raro nella letteratura corrente vedere come per “mente” si intenda globalmente e sommariamente ogni nostro modo e tipo di conoscere.
L’analisi del parlare naturale, quale è ora permessa dal computer, porta a rendersi conto una volta di più che la mente non è una unità, se non nel senso che è un intrico, un groviglio sistematizzato di congegni, più complesso di una Ferrari o di un satellite spaziale.
Nell’uomo, oltre al coagulo di atomi e di subatomi, oltre agli organi incaricati di ricevere e trasmettere informazioni, c’è anche un reparto superiore. Alla direzione di qualche parte del sistema “uomo” vi sono pensiero e intelligenza. Ciascuno di noi è una persona e ha diritti e doveri assoluti, perché possiede un’intelligenza. Ciascuno è un “Io” assoluto e unico. È in questa intelligenza che abita anche lo stupore di intravedere che, quando ricevo uno stimolo, una provocazione o un’eccitazione, dietro, prima, attorno e dopo vi è tanta realtà che io non vedo ma di cui comunque mi converrebbe assolutamente tener conto.
7. Il meccanismo dello stupore
Lo schematizzo senza documentare il processo di come ci si renda conto del suo continuo, pur intermittente, rinnovarsi nella mente di ognuno.
Entro l’evoluzione cosmica fa eccezione precisamente la nostra intelligenza. È un dogma della Chiesa cattolica: le anime, e quindi le intelligenze, vengono create una per una immediatamente da Dio. Le intelligenze non sono frutto di evoluzione. Al di là del fondo del proprio “io” non c’è nessun altro se non le mani, o meglio il volto di Dio nostro Padre.
Orbene (Iddio mi perdoni questa metafora) il DNA di Dio è l’Essere Assoluto o la Realtà Prima: actus puri essendi. Nelle intelligenze per creazione tale DNA è presente come nozione del valore di realtà, ratio entis. La realtà si presenta sempre come presenza di sé con altro. L’esistere si presenta sempre con la sua faccia di attività in esercizio, e l’attività si presenta come arco che ha sempre due poli eterogenei, il generante e il generato, l’attivo e il passivo. Mentre i due primi sono solo irreversibili, i due ultimi sono anche eterogenei: dare le botte non è lo stesso che prenderle, nessun figlio è padre del proprio padre, nessun padre è figlio del proprio figlio…
Queste affermazioni sono già logica in esercizio. Questa logica non viene da cultura, ma da natura.
Non è acquisita ma è intuizione di prima evidenza.
Ad analizzarla vi si trovano tre ingredienti: il primo è il rapporto tra parte e tutto; il secondo, il rapporto tra attivo e passivo, ossia tra ciò che è e ciò che è fatto, tra autore e opera; il terzo, l’impossibilità che due affermazioni, una che affermi e una che neghi la stessa cosa, siano mai ambedue vere o ambedue false.
Questi moduli logici rendono evidente e operante la certezza che c’è molta realtà appetibile o temibile al di là di quanto i nostri sensi percepiscono e vedono presente qui al momento.
Infatti il valore di realtà è sentito dalla nostra intelligenza come ricco di facce o aspetti. Noi li esprimiamo con alcune parole che si riscontrano nel parlare di tutti: intero, tutto, bello, buono, vero, sicuro, sempre.
Esse sono le misure in concavo, con cui l’intelligenza valuta la realtà, ossia sono la logica della ragione che dalla constatazione dell’immediato presente capisce che esso è un momento di un’organizzazione che si estende molto al di là.
L’intelligenza possiede in concavo quelle misure che esprime con le parole di tutto, bello, buono, sicuro, per sempre. Queste voci presenti nel vocabolario elencano la sola dieta capace di saziare la fame dell’uomo, e ne spiega anche le esagerazioni dell’ingordigia. Si noti che “tutto e sempre e sicurezza” nessun uomo li ha mai incontrati nel corso della sua vita, se non altro perché ogni giorno ha dovuto sfogliare una pagina di calendario.
Questa logica è la luce di Dio che illumina ogni uomo.
Questa io uso chiamare “ontologia generativa” applicandole il significato più profondo, ossia primo e originario, del sintagma “grammatica generativa”. Essa è la logica che ha generato tutti i tipi del comportamento umano consapevole, tra i quali tutte le differenti concretizzazioni che morfologia, sintassi e lessico han preso in tutte le diverse lingue.
Tutte le cose sono parole, ossia espressioni di Dio: il Creatore si esprime facendo essere altri esseri. Tra questi e non meno di tutti, anche il cuore, la coscienza, i desideri, i sogni e il bisogno d’amore d’ogni persona.
Resta quindi che lo stupore è una voce con cui il Mistero chiama e avvia i suoi figli in direzione del tutto bello e sicuro e buono per sempre.
8. Ma lo stupore di cosa l’elettricità sia resta ancora aperto e vivo
Dell’elettricità, come ho detto, sappiamo quante bellissime e utilissime cose essa possa fare. Ma anche di essa come di ogni altra energia noi possiamo “vedere” cosa faccia ma non cosa sia. Ogni energia infatti è in se stessa invisibile: si conosce quel che fa o con i sensi o con i sensi più strumenti, ma mai si vede quello che essa sia in se stessa.
Gravitazione, elettromagnetismo, forze atomiche forti e deboli, affinità chimiche… riusciamo a misurarle solo da quello che fanno.
Altrettanto per le forze della nostra mente e del nostro cuore. Non per nulla occorrono interrogazioni ed esami per misurare l’intelligenza e a testimoniare un vero amore non bastan le parole, fino a che manchino i fatti di darne prova pagando di persona.
Allora, se l’energia elettrica c’è sempre e ovunque, anche prima che noi ce ne impossessiamo per adoperarla, dove sta di casa? È essa una “cosa”? O invece è “di qualche cosa”? L’elettrologia ha forse già dato una risposta? È essa un campo di forza presente solo dove c’è materia? O essa è o viaggia anche in quegli spazi attraverso i quali ci giungono le onde radio? Che materia c’è in quegli spazi?
Se ho ben capito, l’elettricità avrebbe la stessa velocità della luce, rallentata solo dall’impedenza dei conduttori. La differenza tra conduttori di elettricità e non-conduttori è del tipo sì/no/ovvero o del tipo apprezzabile/non-apprezzabile?
Lasciate che io confessi che di fronte a queste domande mi trovo ingarbugliatissimo ossia pieno di stupori a cui io non sono in grado di dare risposta. Scivolo tuttavia nell’opinare che l’antichità greca prima e poi la Scolastica avessero ragione di ritenere che nel mondo ci siano due tipi di materia: una, dei corpi in evoluzione e l’altra a monte, che sottende e sostiene la precedente. Questa seconda sarebbe “incorruttibile”, nel senso che, proprio perché sostiene il ciclo della vita e della morte, ne sarebbe immune.
La conoscenza perfetta e piena, chiara e distinta, di un qualche cosa la possiede soltanto chi l’ha prodotta. Di fronte alle domande che mi sono posto or ora, mi trovo come chi debba mettere le mani su un programma di computer scritto da un altro… So solo che alla mia età potrò tra poco venirne informato direttamente dal Mistero del Padre.

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