Gabriele Gionti, L’Osservatore Romano, 10 novembre 2013
L’universo ha una vita all’incirca di 13,8 miliardi di anni (è il dato più aggiornato). La teoria che lo descrive su larga scala è quella della Relatività generale. Questa teoria presuppone che lo Spazio-Tempo sia, in realtà, come un’entità fisica (una geometria quadridimensionale) che è modificata dalla materia-energia (E=mc2 per cui c’è equivalenza fra materia ed energia). La prima grande conseguenza della cosmologia basata sulla teoria della Relatività generale (cosmologia relativistica) è che il nostro universo non è statico, come si pensava originariamente, ma si espande.
Questo risultato, del tutto teorico, non convinceva lo stesso Einstein, che affermò che la soluzione era matematicamente corretta ma fisicamente sbagliata. Lo scienziato aveva in mente un modello che proveniva dalla teoria di Kant-Laplace, in cui l’universo era come una grande scatola nella quale vi erano tutti gli oggetti celesti. Localmente potevano avvenire dei fenomeni di allontanamento e avvicinamento fra gli oggetti celesti ma, globalmente, lo spazio ambiente, in cui tutti gli oggetti erano immersi, rimaneva fisso.
Einstein, per evitare l’espansione, introdusse una costante nelle sue equazioni, quelle della Relatività generale, che fu chiamata, successivamente, costante cosmologica. Essa riusciva ad avere, come soluzione, un universo statico. Tuttavia la scoperta del red- shift , cioè che le righe spettrali della luce proveniente da corpi celesti è spostata verso il rosso, ha provato che effettivamente gli oggetti celesti si allontanano fra loro.
Altro punto cruciale nel dibattito della cosmologia relativistica moderna è stato il confronto fra il modello stazionario (Steady State Universe), che ha avuto come principale sostenitore l’astrofisico inglese Fred Hoyle, e il modello dell’atomo originario, poi chiamato Big bang. Il problema era: se l’universo si espande la densità di materia-energia diminuisce, quindi se si osserva il processo all’indietro la densità aumenta mano a mano che si torna nel passato fino al punto di un collasso gravitazionale che potrebbe essere un inizio. Un punto zero? Questa era l’idea del cosmologo e sacerdote belga Georges Lemaître che formulò l’ipotesi dell’atomo originario, cioè che l’universo fosse iniziato da un istante iniziale in cui tutta l’energia-materia era in uno stato di densità altissima come concentrata in un atomo originario. Successivamente quest’atomo avrebbe subito un decadimento, come di solito accade negli atomi instabili, e da qui cominciò il nostro universo.
La proposta di Lemaître fu alquanto osteggiata dal mondo scientifico perché sembrava in accordo con il concetto di creazione descritto nella Genesi. Fred Hoyle, con il modello stazionario, sosteneva che la densità dell’universo rimaneva costante, durante l’espansione, e non vi era né un inizio né una fine. Nel 1965 Penzias e Wilson, dei Bell Laboratories, costruirono una grande antenna per le microonde e trovarono che esisteva un radiazione di microonde di 2.7 gradi Kelvin omogenea e isotropa. Questo provava che l’universo era omogeneo e isotropo, e che c’era stata una fase in cui l’universo era stato tanto denso da trattenere la luce. Questa radiazione di fondo cosmica è chiamata CMB. (Cosmic Microwave Background) e si trova a circa a 380 mila anni dopo il Big bang. Perciò il Big bang è il solo modello a spiegare la CMB. Una volta stabilita la veridicità della teoria del Big bang, resta da capire che cosa sia. La fisica che indaga questa fase è chiamata Gravità quantistica (Quantum Gravity). Non avendo, per adesso, una teoria universalmente accettata e consolidata di Gravità quantistica, ci sono diverse proposte ma nessuna sembra convincente, anche perché non abbiamo nessun segnale dall’universo primordiale prima della barriera della CMB. Ciononostante il Big bang continua a creare inquietudini nella coscienza di molti scienziati perché sembra un argomento simile alla creatio ex nihilo, e, inoltre, sembra invocare la necessità di un creatore.
Il famoso cosmologo Stephen Hawking ha ricordato, in diverse occasioni come James Hartle sia riuscito a trovare una soluzione del Quantum Gravity che eviti il problema dell’inizio e della creazione. La soluzione del Quantum Gravity è nota come soluzione di Hartle-Hawking. Essa afferma che l’universo si trova in una fase originaria, detta “euclidea”, in cui il tempo è immaginario e trattabile come tutte le altre coordinate spaziali. In questa fase, di fatto, è come se non ci fosse il “tempo”. Successivamente si ha una “transizione” a una fase in cui il tempo inizia ed è quello (Lorentziano) che conosciamo noi (tempo reale). Tuttavia la prima fase si comporta come il “vuoto” di una teoria fisica — un vuoto instabile, comunque — che Hawking accosta al niente (filosofico) “originario” (si noti tuttavia che il vuoto fisico, come egli lo intende, non è il nulla filosofico della creatio ex nihilo).
Hawking crede che il tempo immaginario della fase di vuoto dell’universo, rappresenti l’atemporalità della teologia in cui c’era il “nulla”. Inoltre in questa fase non vi è nessuna singolarità iniziale e quindi non vi è un inizio (nessun Big bang). Il sistema passa dal nulla atemporale all’universo che conosciamo noi per l’effetto-tunnel quantistico (cioè una transizione possibile solo a livello quantistico). Tuttavia questa non è “La soluzione” del Quantum Gravity, come molti autori ribadiscono. È un modello semiclassico ottenuto tramite molte assunzioni e approssimazioni, che non spiega nemmeno, in maniera dettagliata, come lo Spazio-Tempo si comporti nelle vicinanze della singolarità.
Lo studio della CMB ha fatto emergere un altro problema da risolvere: il problema dell’orizzonte. Se l’universo si è espanso come fa adesso, allora non si spiega che tutta la radiazione cosmica sia a una temperatura costante di 2,7 k. Ci sarebbero dovute essere delle zone, sulla superficie della CMB, non in “connessione causale”. Questo problema fu risolto, negli anni Ottanta, con il meccanismo dell’inflazione, che risolve il problema dell’orizzonte con una super-espansione originaria esponenziale che a un certo punto terminò. La super-espansione è causata dalla costante cosmologica introdotta da Einstein, che origina una sorta di gravità repulsiva. Questo è lo stesso meccanismo che oggi spiega la recente osservazione del fatto che il nostro universo accelera nella sua espansione.
L’inflazione spiega accuratamente l’uniformità della temperatura della CMB. Inoltre l’inflazione spiega molto bene i dati cosmologici attuali che mostrano un universo praticamente piatto e infinito. Ma dato che la velocità di propagazione della luce è finita, un universo infinito significa che in esso ci sono già regioni che non possono comunicare fra di loro. Quindi queste zone (dette non in connessione causale) si comportano come universi indipendenti e l’unione di tutti questi universi è chiamato il “multiverso”. Il concetto esotico di multiverso emerge anche in teorie più complicate come quella dell’inflazione caotica e quella delle stringhe.
Questo panorama sulla comprensione attuale dell’universo su larga e piccola scala è lungi dall’essere completo. Rimane sempre aperta la partita su una comprensione più profonda dei meccanismi attuali della cosmologia e della gravità quantistica. Come si evince, questi argomenti di frontiera o di “periferia” di cosmologia classica e quantistica tendono sempre a intersecarsi con questioni filosofiche e teologiche che sempre, anche se velatamente, evidenziano l’eterno anelito dell’uomo a dare risposte sull’esistenza del mondo e sul destino dell’uomo che lo abita.