Perché il petrolio oggi costa così tanto?

Benedetta CappelliniArticoli

di Gianluca Lapini
L’elevato prezzo del petrolio e degli altri combustibili fossili sta sconvolgendo l’economia mondiale. Peraltro questo aumento di prezzi sta dando una salutare scossa ai paesi che sono grandi consumatori di energia, stimolando la nascita e lo sviluppo di nuovi settori industriali, collegati allo sfruttamento delle fonti di energia rinnovabili (solare, eolico, geotermico, ecc.) e facendo riprendere quota al settore nucleare, da lunghi anni in stasi. Come è già successo nel passato, in occasione di altri periodi di forti aumenti dei prezzi petroliferi, le tendenze alla trasformazione del sistema energetico sono però inevitabilmente collegate alla disponibilità ed al prezzo del petrolio, ed alle tendenze che tale prezzo potrà avere nel futuro.Sarebbe quindi assai interessante poter prevedere quali potranno essere le dinamiche future dei prezzi petroliferi, un esercizio per niente facile, sul quale si cimentano, non sempre con successo, vari organismi di ricerca specializzati, in Italia e all’estero.

Se la previsione del futuro è sempre difficile, l’analisi del presente può aiutare a formulare qualche tentativo di risposta alla domanda del perché il petrolio costi oggi così caro.

E’ quanto ha fatto il dott. Vittorio D’Ermo, direttore dell’osservatorio della AIEE (Associazione Italiana Economisti dell’Energia), in una interessante conferenza tenuta a Bologna il 10 luglio 2008, alla presentazione del Rapporto Prometeia, della quale abbiamo liberamente rielaborato alcuni contenuti.

Le caratteristiche della domanda del mercato petrolifero

Si può innanzitutto sottolineare che sono profondamente cambiate le caratteristiche della “domanda” del mercato petrolifero. Infatti mentre fino all’inizio degli anni ’90 la maggior parte della produzione giornaliera di petrolio veniva assorbita dai paesi dell’OCSE[i], successivamente la loro quota di mercato é rimasta stazionaria od é aumentata moderatamente, mentre è fortemente cresciuta la quota dei paesi emergenti, che oggi assorbono circa il 42 % della produzione giornaliera (fig. 1). Questa tendenza è documentata anche dagli andamenti dei “contributi addizionali alla domanda”, cioè dalle variazioni di domanda espresse dalle varie aree geografiche, che negli ultimi anni sono state chiaramente a carico dei paesi emergenti.

In effetti mentre “l’intensità energetica”, cioè la quantità di petrolio consumato per unità di PIL (prodotto interno lordo), dei paesi dell’OCSE è andata fortemente diminuendo, soprattutto dopo il 1980, quella dei paesi emergenti è rimasta alta, ed ha cominciato lievemente a diminuire solo negli ultimi anni (fig- 2).

Inoltre è anche variata la ripartizione della domanda fra in vari prodotti petroliferi: mentre è leggermente diminuita la richiesta di olio combustibile (il cui tipico utilizzo avviene nelle centrali elettriche e nell’industria) è decisamente aumentata la richiesta di distillati medi (gasolio, kerosene) e leggeri (benzine) che vengono in buona parte consumati dal settore dei trasporti e residenziale.

Le caratteristiche dell’offerta sul mercato petrolifero

Dal punto di vista opposto, quello della “offerta”, si può notare che a partire da circa la metà degli anni ’80, la produzione petrolifera garantita dai paesi dell’OPEC [ii], che aveva subito una certa flessione nel decennio precedente, è aumentata a ritmi molto più intensi di quelli raggiunti in altre aree ed è divenuta fortemente maggioritaria anche in termini assoluti. Nell’OPEC a ciò ha corrisposto, almeno fino al 2008, anche una diminuzione dei margini di riserva produttiva, cioè della capacità di variare i ritmi di produzione, mettendo per esempio in produzione dei pozzi che altrimenti vengono tenuti di riserva; questa tendenza si prevede peraltro che si invertirà nel 2009.

Il ruolo della componente finanziaria

L’incremento della domanda dei paesi emergenti ed un certo contenimento dell’offerta hanno indubbiamente avuto un grande ruolo nell’incremento del prezzo del petrolio negli ultimi quindici anni (fig- 3).

Nell’ultimo periodo è aumentata anche l’ampiezza delle oscillazioni di prezzo (sul grafico della fig.4 si vede in particolare quanto è successo nell’anno in corso; WTI, West Texas Intermediate, è una qualità di petrolio usata negli USA come benchmark di qualità per valutare i vari tipi di greggio); in questo fenomeno di notevole importanza è la pressione speculativa sui prezzi, che ha caratterizzato specialmente l’ultimo anno, che è stata esaltata dal forte utilizzo da parte dei mercati finanziari, senza alcun controllo da parte dei governi, di strumenti quali i “futures”[iii] che hanno contribuito ad amplificare le tendenze al rialzo e le oscillazioni dei prezzi.

Un altro fattore che alimenta l’incremento del prezzo è la generale debolezza del dollaro, che è la valuta di riferimento per il mercato del petrolio. Esiste in effetti un certo inseguimento fra prezzo del petrolio e valore del dollaro, in quanto i paesi produttori tendono ad aumentare il prezzo per recuperare il potere d’acquisto perduto da questa valuta.

Per quanto riguarda il prezzo del petrolio la svalutazione del dollaro rispetto all’euro ha comunque giocato vantaggio dell’area europea, cosicché l’incremento di prezzo in euro è stato percentualmente inferiore di quello in dollari (fig- 5).

Qualche considerazione conclusiva

La situazione dei parametri fondamentali del mercato petrolifero si prospetta difficile per i prossimi anni a causa della crescita della domanda e del calo tendenziale dell’offerta. In effetti vari studi previsionali quali quelli della IEA (International Energy Agency) stimano che al 2030 il consumo mondiale di combustibili fossili aumenterà di quasi una volta e mezza rispetto ad oggi che il potenziale di sostituzione del petrolio con altre fonti energetiche rimarrà abbastanza modesto (fig- 6).

La produzione odierna e le riserve attualmente note di petrolio sono per più del 50% in mano a paesi a maggioranza musulmana, e appartenenti all’area OPEC. La prospettiva che la maggiore domanda prevista possa essere coperta da paesi non-OPEC é soggetta vari vincoli, anche se esiste un potenziale interessante da valorizzare. Sembra peraltro inevitabile che le domanda futura potrà essere soddisfatta solo con un aumento sostanziale di produzione dei paesi OPEC. Conseguentemente dovranno essere incrementati gli investimenti in tali paesi, e ciò potrà costituire un problema tendenzialmente anche più serio di quello del declino delle risorse.

In sostanza, i problemi che si intravedono è molto probabile contribuiscano a mantenere alto il prezzo del greggio.

Sembra dunque inevitabile che nel breve-medio termine, per contenere le spinte al rialzo del prezzo, debbano venire attuate delle robuste politiche di controllo della domanda; ma anche un maggior ricorso a fonti di energia alternativa (rinnovabili e nucleare) nonostante il potenziale di sostituzione del petrolio rimanga per il momento abbastanza modesto, può comunque dare al mercato petrolifero il segnale che politiche eccessivamente “rialziste” possono dimostrarsi controproducenti per tutti.

L’OPEC sembra abbia cominciato a inviare segnali in questa direzione, se stiamo ad una dichiarazione di questi giorni del suo presidente, Chakib Khelil, che al margine di una visita a Giakarta al ministro indonesiano dell’energia ha detto alla stampa di considerare “abnorme” l’attuale prezzo del petrolio (120-130 dollari al barile) e di ritenere che sul lungo periodo il prezzo si potrà stabilizzare attorno a 70-80 $/b, se il dollaro si rafforzerà e si attenueranno le tensioni geopolitiche.

Recentemente vari organi di stampa hanno segnalato che la preoccupazione per l’effetto amplificativo sui prezzi che può avere il mercato dei futures è stata espressa anche da autorevoli esponenti dell’amministrazione americana, quali i responsabili della commissione per l’energia e il commercio del parlamento statunitense, J. Dingel e B. Stupak, che hanno inviato una lettera ufficiale a W. Lukken, presidente della Commodity Futures Trading Commission, l’ente preposto alla vigilanza sul commercio dei futures (si veda il sito http://energycommerce.house.gov ).

[i] L’OCSE (Organizzazione per la Co-operazione e lo Sviluppo Economico) raggruppa i paesi dell’Occidente industrializzato, con l’aggiunta di Giappone, Australia e Turchia.

[ii] L’OPEC (Organization of Petroleum Exporting Countries) fu fondata nel 1960 ad opera di Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Venezuela, a cui si sono in seguito uniti nove altri paesi, quasi tutti dell’area a maggioranza islamica. Dal 1965 ha sede a Vienna.

[iii] I futures sono contratti che impegnano ad acquistare o vendere in una data futura una certa quantità di merci, in genere materie prime, ad un prezzo fissato. Il future viene acquistato o venduto allo scopo di guadagnare dai rialzi o dai ribassi dei mercati.