Michael Smith, L’Osservatore Romano, 31 agosto 2012
Anticipiamo stralci di uno degli articoli pubblicati nel prossimo numero in uscita della rivista «La Civiltà Cattolica».
È stata una gara: staff di scienziati all’opera al Large Hadron Collider (Grande acceleratore di adroni, LHC) del Cern al confine tra Francia e Svizzera e al Tevatron Collider in Illinois (Usa) erano in competizione per essere i primi a verificare l’esistenza di una particella chiamata il «bosone di Higgs»; e, se fosse stata trovata, a misurarne l’energia (che è equivalente alla sua massa). Nel 1964, Peter Higgs propose per primo il «campo di Higgs» e la particella, il bosone, a esso collegata. Altri cinque scienziati stavano lavorando in questo ambito ed elaborando concetti simili. Quella di Higgs era un’idea che spiegava perché alcune particelle abbiano una massa e altre no. La particella era la pedina chiave del «Modello Standard», che cerca di accorpare tutte le osservazioni fisiche relative alla realtà fondamentale e alla teoria quantistica. Da allora cominciò la caccia per trovarla. Il bosone di Higgs è pesante in termini di particelle e per produrlo sono necessari acceleratori di grande potenza. Il Tevatron negli Stati Uniti avrebbe potuto individuarlo se la sua massa fosse stata inferiore, ma alla fine è stato l’acceleratore più potente al mondo — l’LHC del Cern — a centrare l’obiettivo. Ora il modello che abbiamo avuto per anni ha trovato un’ulteriore verifica. Ma adesso c’è un traguardo ancora più ambizioso: la «Teoria generale del tutto». Sarà un modello che riunirà tutte le conoscenze sulla realtà scientifica, e comprenderà il Modello Standard, ma anche la teoria quantistica e quella della gravità. La scienza non si spinge a indagare prima del Big Bang: in genere, si dice, perché il tempo è cominciato in quel momento, quindi il concetto di «prima» non ha alcun significato; oppure perché la meteora uniforme di quei primi istanti non poteva contenere alcuna informazione relativa a una struttura o origine precedente, sempre che fosse esistita. Ma per coloro che credono che, in quei momenti, Dio fosse presente, ci sono ulteriori domande che devono essere prese in considerazione quando cerchiamo di conciliare un’analisi puramente scientifica dei primissimi istanti della realtà con la fede cristiana in un Dio eterno. Noi riteniamo che il tempo abbia avuto inizio soltanto nel momento del Big Bang, ma Dio è al di fuori del tempo e quindi un Dio creatore non dovrebbe avere problemi a creare il tempo insieme al resto della realtà fisica. Ma in quali termini dobbiamo parlare dell’azione di Dio prima (e non possiamo veramente usare qui questa parola) che il tempo abbia avuto inizio? Continueremo a interrogarci su come si manifesti l’amore di Dio per l’ordine da Lui creato. Ma un approccio puramente scientifico al problema non ci fornirà la risposta. Il metodo scientifico, al momento, non ci permette di scoprire come Dio interagisce con l’universo: è invece alla ricerca di un modello che renda conto di tutti i fenomeni conosciuti e preveda alcuni elementi nuovi che possiamo cercare per convalidarlo grazie alla loro esistenza. La risposta scientifica alla domanda sul perché l’universo (o tutti gli universi, secondo alcune teorie) è come è, risulta essere: «perché la materia e l’energia sono così». Se rimaniamo esclusivamente all’interno del campo della scienza non possiamo porci ulteriori domande. Oggi le teorie scientifiche, nel complesso, non vengono confutate. Vengono approvate e accettate in quanto parte di teorie più ampie ed esaustive. Ma tali sviluppi delle teorie scientifiche non devono favorire la diffidenza nei confronti della scienza o incoraggiarci ad assumere un approccio che consideri Dio un «tappabuchi », laddove una lacuna percepita in una attuale conoscenza scientifica si presume lasci spazio a qualcosa di cui la scienza non è in grado di rendere conto, e che quindi può essere spiegato soltanto con il ricorso a una fonte sovrannaturale, vale a dire a Dio. La nostra fede dovrebbe permetterci di avere fiducia nelle leggi della scienza (e nella validità degli sforzi della scienza) per credere che possono essere parte integrante della creazione di Dio, piuttosto che qualcosa da spiegare separatamente o malgrado l’amore di Dio per la creazione.