Fusione nucleare: vinceranno le «palline» o le «ciambelle»?

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Corriere della Sera, 22 febbraio 2010, di Franco Foresta Martin
Si accenderanno prima le «palline» oppure le «ciambelle»? Il dilemma è destinato a rimanere sospeso per qualche anno, ma la gara fra «palline» e «ciambelle» per conquistare il primato della fusione nucleare controllata, il processo che dovrebbe garantirci l’energia «illimitata e pulita» del futuro, è già cominciata. «Palline» e «ciambelle» rappresentano l’esemplificazione delle due modalità attualmente in fase di sperimentazione nei grandi laboratori di fisica mondiali per fare incollare fra di loro i nuclei di atomi leggeri (deuterio e trizio, due parenti stretti dell’idrogeno), liberando molta più energia di quanta se ne spenda per alimentare il processo; e senza produrre quell’ingombrante carico di scorie tipico delle attuali centrali a fissione.

LE «PALLINE»
Il mese scorso un gruppo di ricercatori della National Ignition Facility (NIF) di Livermore, in California, impegnati nello sviluppo della fusione a «confinamento inerziale» – quelli delle palline per intenderci -, ha annunciato la messa a punto di un nuovo sistema di accensione consistente nell’attivazione simultanea di ben 192 fasci laser, tutti focalizzati su un singolo bersaglio delle dimensioni di un pisello. Non si tratta ancora della fusione inerziale vera e propria, come qualcuno ha equivocato, ma della messa a punto dell’accendino che dovrebbe portare, forse entro l’anno, alla fusione di una singola pallina.     Poi ci vorranno diversi altri anni, almeno una decina, per far sì che lo stesso meccanismo, o uno analogo, possa realizzare l’accensione nucleare di una raffica di palline, in stretta sequenza, con la generazione di abbondante energia.

LE «CIAMBELLE»
Nel frattempo, gli operatori della fusione a «confinamento magnetico» – quelli delle «ciambelle» – non stanno con le mani in mano.     Proprio questa settimana si riuniscono a Parigi i rappresentanti dei sette Paesi che hanno iniziato a costruire ITER, la macchina che dovrebbe realizzare la fusione nucleare di un plasma tenuto sospeso in una ciambella magnetica: sono Europa, Stati Uniti, Cina, Russia, India, Giappone e Corea del Sud.    All’ordine del giorno il nuovo calendario dei lavori e la data di completamento dell’impresa, con la prima accensione di ITER.     C’è un po’ di scaramuccia fra chi, come gli Stati Uniti, preme sull’acceleratore per far presto; e chi, come l’Europa, suggerisce più calma, considerati gli aumenti dei prezzi e le difficoltà dell’economia mondiale.     Qualunque sarà la decisione, il traguardo non è dietro l’angolo e si pensa che potrà essere raggiunto solo attorno al 2020.    E anche in questo caso, dopo che sarà acquisita la capacità di accendere la ciambella di ITER, saranno necessari altri anni per sviluppare nuove macchine in grado di fornire l’energia utilizzabile per scopi civili.

L’OBIETTIVO
Le due vie intraprese dalla fusione nucleare hanno un obiettivo comune: riprodurre in laboratorio lo stesso tipo di processo energetico che tiene accese le stelle, che tuttavia è perseguito con tecniche completamente diverse.     Nel tentativo di accendere le loro palline, i ricercatori californiani della NIF utilizzano i potenti fasci laser che concentrano la radiazione sulle pareti di un cilindro d’oro, nel quale è posta una sferetta di berillio con il combustibile nucleare di deuterio e trizio.    «La radiazione laser -spiega la dottoressa Carmela Strangio del Gruppo Confinamento Inerziale dell’ENEA- penetra attraverso dei fori nella cavità cilindrica, viene convertita in raggi-X soffici, i quali trasformano in plasma la superficie della capsula sferica di berillio.     La pressione del plasma prodotto alla superficie fa implodere il guscio, comprimendo il combustibile nucleare che viene portato all’ignizione, producendo un’energia alcune diecine di volte quella della radiazione laser impiegata».     Ma, precisa la ricercatrice, attualmente la NIF è in grado di produrre solo qualche sparo di laser al giorno mentre, per le applicazioni energetiche, la frequenza dovrà raggiungere da 1 a 10 spari al secondo.
Un bel salto. Il confinamento inerziale, aggiunge il dottor Aldo Pizzuto, capo dell’Unità Fusione dell’ENEA, non è un’esclusiva della NIF: in Europa è stato avviato il programma di ricerca HIPER per lo sviluppo dei laser ripetitivi necessari alla fusione, cui partecipa anche l’Italia con Enea, Cnr e Cnism.    E in Francia, entro 4 anni, entrerà in funzione Megajoule, un progetto simile a quello portato avanti dalla NIF.

IL REATTORE «ITER»
Di tutt’altra natura è la tecnica del confinamento magnetico affidata al grande reattore ITER e parzialmente già sperimentata con diverse macchine di piccole e medie dimensioni in vari Paesi, fra cui l’Italia.     In questo caso la miscela di deuterio e trizio, destinata a essere trasformata in un plasma caldissimo, fino a 100 milioni di gradi, è contenuta in una camera di acciaio a forma di ciambella del diametro di circa due metri.     Ma poiché nessun contenitore metallico potrebbe resistere, in realtà essa rimarrà sospesa e stretta in un intenso campo magnetico, generato da potenti bobine che avvolgono la ciambella.     Attorno al 2020 ITER dovrebbe creare le condizioni fisiche affinché la reazione di fusione non solo venga innescata, come già è successo più volte nelle ciambelle più piccole (chiamate tokamak) realizzate finora, ma vada avanti in maniera controllata a piacimento degli operatori.    La costruzione di ITER è già iniziata a Cadarache, in Francia, vicino a Marsiglia, e potrebbe essere completata verso il 2018.     Il maggiore ostacolo finora sorto è quello economico, poiché i costi dell’impresa sono raddoppiati, rispetto a quanto previsto nel 2001, data del suo concepimento, e hanno ormai raggiunto i 10 miliardi di euro, di cui quasi la metà a carico dell’Europa (la quota di partecipazione italiana è balzata da 300 a 600 milioni).

CHI ARRIVERÀ PER PRIMO?
Chi arriverà per primo a tagliare il traguardo, le palline o le ciambelle?    Gli esperti seri non azzardano previsioni e neppure osano fare vane promesse.    La strada della fusione nucleare, sia quella inerziale che quella a confinamento magnetico, appare comunque fitta di ostacoli, lunga e tortuosa, tanto che le sue eventuali applicazioni energetiche potrebbero non appartenere a questo secolo.     Bisognerà ricordarsene quando, all’annuncio del prossimo risultato utile lungo questo non facile ma necessario percorso della ricerca applicata, qualche entusiasta annuncerà che l’energia da fusione è ormai dietro l’angolo.