Avvenire, 31 dicembre 2009, di Fiorenzo Facchini
L’ anno galileiano e l’anno darwiniano sono state ottime occasioni per richiamare l’attenzione sulla scienza. In particolare le ricorrenze darwiniane (200 anni dalla nascita di Darwin, 150 anni dalla pubblicazione della sua opera Le origini delle specie ) hanno consentito di divulgare le conoscenze sulla evoluzione della vita per la quale Charles Darwin ha proposto la teoria più largamente accettata.
Nell’anno che si conclude il pensiero di Darwin ha dominato la scena culturale. Le iniziative sono state davvero tante a ogni livello, nelle sedi accademiche, come nei centri culturali. Anche le mostre hanno fatto la loro parte. Molti i saggi su giornali, riviste e libri, dedicati alla evoluzione e alle sue problematiche, anche dal punto di vista religioso.
A mio modo di vedere avrebbe potuto esserci una maggiore attenzione al dibattito in corso nel mondo scientifico sulle modalità e sui meccanismi evolutivi, specialmente in relazione con le ricerche sulla biologia evolutiva e dello sviluppo e sulla epigenesi, affrontando criticamente i punti chiave del darwinismo. Tali ricerche non smentiscono la teoria di Darwin, almeno a certi livelli, ma mettono in evidenza la necessità di integrarla.
È stata richiamata l’attenzione sulla storia della vita sulla terra, non solo per gli aspetti che destano la curiosità sul passato, ma per il significato che possono avere per l’uomo di oggi e il suo futuro gli studi sulle origini della vita e sulle domande di tipo esistenziale che sollevano.
Spesso, specialmente nelle sedi massmediatiche, questa attenzione è stata associata a una certa visione della natura che molti scienziati vogliono ricavare dalla teoria di Darwin. La concezione evolutiva viene estesa ad aspetti più propriamente filosofici facendo assumere al discorso sulla evoluzione una connotazione ben precisa, quella ispirata al naturalismo, che dalla evoluzione vuole dedurre la negazione della creazione, di un finalismo nell’universo e della dimensione spirituale nell’uomo. Una operazione essenzialmente ideologica, sempre possibile, ma che non può essere sostenuta in nome della scienza e neppure della teoria darwiniana di cui rappresenta una estensione totalizzante. La concezione darwiniana viene utilizzata da alcuni perfino per la spiegazione della religione e dell’etica. Piegare una teoria scientifica in senso materialistico, ignorando o negando altri approcci, non è un buon servizio alla scienza e alla cultura e rivela una visione riduzionistica della realtà.
Nel dibattito che si è sviluppato non poteva mancare il riferimento alla creazione che ha avuto in alcune sedi qualificate (ricordo per brevità la Pontificia Accademia delle Scienze, la Pontificia Università Gregoriana e l’Istituto Stensen di Firenze) una particolare attenzione con la necessaria e coraggiosa apertura sotto diversi profili: scientifico, filosofico e teologico. Senza dubbio il ‘dopo Darwin’ riguarda anche la teologia cattolica. Da segnalare lo spazio dato al rapporto tra evoluzione e creazione nell’evento internazionale su Dio oggi, promosso a Roma nei giorni scorsi dal comitato per il Progetto culturale della Cei.
Il tema della creazione è stato presente, se pure marginalmente, anche in alcune sedi laiche. Nel dibattito non sono mancate voci ispirate al cosiddetto creazionismo (una parola che si è caricata di ambiguità per cui è meglio parlare di creazione nel rapporto con la evoluzione) e quindi critiche non solo del darwinismo, ma della teoria evolutiva in quanto tale in nome della creazione, quasi che evoluzione e creazione debbano essere viste in contrapposizione. Un equivoco che perdura in molte persone e ambiti culturali. Ad avallare questa posizione vengono avanzate critiche alla teoria evolutiva riprendendo alcuni luoghi comuni ormai superati (le lacune nelle serie evolutive) o aggrappandosi a notizie stravaganti non attendibili (i dinosauri contemporanei di Homo sapiens) o, peggio, viene sostenuta la inconciliabilità della evoluzione in quanto tale con la visione teologica della creazione, nonostante non siano mancati autorevoli pronunciamenti in senso contrario nell’ultimo decennio.
Queste posizioni, che hanno come unico risultato quello di alimentare inutili polemiche, sembrano fare da contrappeso alle forme di fondamentalismo di segno opposto, degli evoluzionisti ad oltranza, che rifiutano il pensiero cattolico sulla creazione in rapporto con l’evoluzione giudicandolo come una intrusione in campi che non competono alla teologia. Di questi estremismi ha fatto esperienza diretta anche chi scrive, tacciato dalla rivista MicroMega come intregrista ratzingeriano e accusato, al termine di un recente incontro ecclesiale, di sostenere posizioni in disaccordo con Benedetto XVI. Potrei anche riferire che quando mi è capitato di esporre in una sede universitaria prestigiosa il pensiero cattolico su evoluzione e creazione, quale emerge da vari interventi del magistero, mi sono sentito dire polemicamente da un collega che non esiste altro che la razionalità scientifica. Il resto non interessa. È evidente che questo modo di vedere rappresenta un’autolimitazione nella conoscenza e preclude le possibilità di allargare il dialogo al piano filosofico e teologico. Altre volte però il dibattito è stato sereno, anche nella manifestazione di opinioni diverse.
Sul fronte ecclesiale si è accresciuto l’interesse per i temi dell’evoluzione, non senza qualche incertezza nella base di fronte all’evoluzionismo materialista propagandato abbondantemente dai grandi mezzi di comunicazione. Si avverte la necessità di affrontare in sede catechistica i racconti della Genesi e la teologia sulla creazione con un’adeguata preparazione, ma senza complessi di inferiorità di fronte alla scienza.
Nonostante tutto, direi che il bilancio dell’anno darwiniano sia positivo nell’insieme, particolarmente per un avvicinamento dell’opinione pubblica ad alcuni grandi temi della scienza, per i quali l’interesse è molto vivo. Tuttavia persistono alcune chiusure sia nell’ambito propriamente scientifico (come se il darwinismo rappresenti l’ultima parola sulla evoluzione), sia su aspetti più generali, quelli che vertono sul significato della storia della vita e sull’uomo. Ma sul fronte religioso si colgono anche preoccupazioni e timori sul tema dell’evoluzione. Non è ancora chiaro a tutti che l’evoluzione non rende superflua la creazione, ma esalta l’opera del Creatore che si esprime in modi sempre nuovi nel tempo.
A mio modo di vedere avrebbe potuto esserci una maggiore attenzione al dibattito in corso nel mondo scientifico sulle modalità e sui meccanismi evolutivi, specialmente in relazione con le ricerche sulla biologia evolutiva e dello sviluppo e sulla epigenesi, affrontando criticamente i punti chiave del darwinismo. Tali ricerche non smentiscono la teoria di Darwin, almeno a certi livelli, ma mettono in evidenza la necessità di integrarla.
È stata richiamata l’attenzione sulla storia della vita sulla terra, non solo per gli aspetti che destano la curiosità sul passato, ma per il significato che possono avere per l’uomo di oggi e il suo futuro gli studi sulle origini della vita e sulle domande di tipo esistenziale che sollevano.
Spesso, specialmente nelle sedi massmediatiche, questa attenzione è stata associata a una certa visione della natura che molti scienziati vogliono ricavare dalla teoria di Darwin. La concezione evolutiva viene estesa ad aspetti più propriamente filosofici facendo assumere al discorso sulla evoluzione una connotazione ben precisa, quella ispirata al naturalismo, che dalla evoluzione vuole dedurre la negazione della creazione, di un finalismo nell’universo e della dimensione spirituale nell’uomo. Una operazione essenzialmente ideologica, sempre possibile, ma che non può essere sostenuta in nome della scienza e neppure della teoria darwiniana di cui rappresenta una estensione totalizzante. La concezione darwiniana viene utilizzata da alcuni perfino per la spiegazione della religione e dell’etica. Piegare una teoria scientifica in senso materialistico, ignorando o negando altri approcci, non è un buon servizio alla scienza e alla cultura e rivela una visione riduzionistica della realtà.
Nel dibattito che si è sviluppato non poteva mancare il riferimento alla creazione che ha avuto in alcune sedi qualificate (ricordo per brevità la Pontificia Accademia delle Scienze, la Pontificia Università Gregoriana e l’Istituto Stensen di Firenze) una particolare attenzione con la necessaria e coraggiosa apertura sotto diversi profili: scientifico, filosofico e teologico. Senza dubbio il ‘dopo Darwin’ riguarda anche la teologia cattolica. Da segnalare lo spazio dato al rapporto tra evoluzione e creazione nell’evento internazionale su Dio oggi, promosso a Roma nei giorni scorsi dal comitato per il Progetto culturale della Cei.
Il tema della creazione è stato presente, se pure marginalmente, anche in alcune sedi laiche. Nel dibattito non sono mancate voci ispirate al cosiddetto creazionismo (una parola che si è caricata di ambiguità per cui è meglio parlare di creazione nel rapporto con la evoluzione) e quindi critiche non solo del darwinismo, ma della teoria evolutiva in quanto tale in nome della creazione, quasi che evoluzione e creazione debbano essere viste in contrapposizione. Un equivoco che perdura in molte persone e ambiti culturali. Ad avallare questa posizione vengono avanzate critiche alla teoria evolutiva riprendendo alcuni luoghi comuni ormai superati (le lacune nelle serie evolutive) o aggrappandosi a notizie stravaganti non attendibili (i dinosauri contemporanei di Homo sapiens) o, peggio, viene sostenuta la inconciliabilità della evoluzione in quanto tale con la visione teologica della creazione, nonostante non siano mancati autorevoli pronunciamenti in senso contrario nell’ultimo decennio.
Queste posizioni, che hanno come unico risultato quello di alimentare inutili polemiche, sembrano fare da contrappeso alle forme di fondamentalismo di segno opposto, degli evoluzionisti ad oltranza, che rifiutano il pensiero cattolico sulla creazione in rapporto con l’evoluzione giudicandolo come una intrusione in campi che non competono alla teologia. Di questi estremismi ha fatto esperienza diretta anche chi scrive, tacciato dalla rivista MicroMega come intregrista ratzingeriano e accusato, al termine di un recente incontro ecclesiale, di sostenere posizioni in disaccordo con Benedetto XVI. Potrei anche riferire che quando mi è capitato di esporre in una sede universitaria prestigiosa il pensiero cattolico su evoluzione e creazione, quale emerge da vari interventi del magistero, mi sono sentito dire polemicamente da un collega che non esiste altro che la razionalità scientifica. Il resto non interessa. È evidente che questo modo di vedere rappresenta un’autolimitazione nella conoscenza e preclude le possibilità di allargare il dialogo al piano filosofico e teologico. Altre volte però il dibattito è stato sereno, anche nella manifestazione di opinioni diverse.
Sul fronte ecclesiale si è accresciuto l’interesse per i temi dell’evoluzione, non senza qualche incertezza nella base di fronte all’evoluzionismo materialista propagandato abbondantemente dai grandi mezzi di comunicazione. Si avverte la necessità di affrontare in sede catechistica i racconti della Genesi e la teologia sulla creazione con un’adeguata preparazione, ma senza complessi di inferiorità di fronte alla scienza.
Nonostante tutto, direi che il bilancio dell’anno darwiniano sia positivo nell’insieme, particolarmente per un avvicinamento dell’opinione pubblica ad alcuni grandi temi della scienza, per i quali l’interesse è molto vivo. Tuttavia persistono alcune chiusure sia nell’ambito propriamente scientifico (come se il darwinismo rappresenti l’ultima parola sulla evoluzione), sia su aspetti più generali, quelli che vertono sul significato della storia della vita e sull’uomo. Ma sul fronte religioso si colgono anche preoccupazioni e timori sul tema dell’evoluzione. Non è ancora chiaro a tutti che l’evoluzione non rende superflua la creazione, ma esalta l’opera del Creatore che si esprime in modi sempre nuovi nel tempo.