Avvenire, 28 ottobre 2009, di Paolo Viana
Leggere la Caritas in veritate per un matematico è solo un problema di linguaggio. Del resto, l’autore della nuova enciclica sociale è lo stesso Papa che, nel discorso alla curia romana del dicembre 2007, parlava di un «ordine matematico» della terra e del cosmo, pur ricordando che «lo Spirito che li ha plasmati è più che matematica». È una noti zia, invece, che uno dei matematici più promettenti del mondo, medaglia Fields (il Nobel del settore) a 36 anni, venga da uno dei paesi più laicizzati d’Europa per dire che questo Papa è «tutt’altro che antimoderno » e che «gli scienziati si devono sentire interpellati dalla sua enciclica» perché nel magistero di Ratzinger si può trovare quel «fondamento solido per dare valore alla conoscenza » che li ossessiona. È successo lunedì sera a Milano, al teatro Nazionale, dove Laurent Lafforgue era ospite del Centro culturale di Milano e dell’Associazione Euresis.
Presentato dall’astronomo Marco Bersanelli, Lafforgue ha riletto la Caritas in veritate alla luce non di Galileo o di Gauss, ma di San Paolo, del profeta Isaia e dei Padri della Chiesa, avendo cura di distinguere quelli di lingua latina che «danno poco valore alla cultura rispetto alla fede» – dai greci, e rilevando che «il risultato dell’incontro tra fede cristiana e razionalità greca spalmato su secoli di storia è riassunto nel discorso di Benedetto XVI a Ratisbona». Un’ora e mezza di lezione per ribadire la battaglia che lo ha reso famoso in Francia, quella per liberare il sistema educativo nazionale dall’assedio della democratizzazione a tutti i costi, dello scientismo, del costruttivismo…
«Non è difficile per noi pensare al cristianesimo come alla religione dell’amore, mentre è più difficile capire che è anche la religione della conoscenza» ha detto, invitando a chiedersi «se il comandamento ebraico dell’amore esiga di insegnare la conoscenza, se ciò che dice San Giovanni della Croce – nella sera saremo esaminati sull’amore – si riferisce anche al sapere». Lafforgue ha cercato la risposta ovunque. Persino in Isaia e nelle sue «durissime» parole che «evocano il fenomeno della distruzione dei contenuti del sapere avvenuta nelle nostre università in questi decenni». Nel magistero di Benedetto XVI, è la sua lettura, si attua «il ricongiugtimento della matrice greca alla fede cristiana», secondo la quale, ed è la concezione del Logos, la verità, come l’amore, è sottratta al controllo della volontà e «l’amore risplende solo nella verità come Dio risplende solo nel Cristo, attraverso il Logos incarnato». Conclusione: la religione cristiana è tutt’altro che nemica della scienza: «per il cristiano le conoscenze sono come le scintille dell’unica verità e quindi ogni conoscenza è buona purchè ispirata dall’attesa della verità intera, il logos divino». Poiché «il mistero della relazione padre-figlio è il fondamento teologico della conoscenza e del suo valore ha aggiunto – il Papa nell’enciclica rafforza l’obbligo di coltivare il sapere».
Leggere la Caritas in veritate per un matematico è solo un problema di linguaggio. Del resto, l’autore della nuova enciclica sociale è lo stesso Papa che, nel discorso alla curia romana del dicembre 2007, parlava di un «ordine matematico» della terra e del cosmo, pur ricordando che «lo Spirito che li ha plasmati è più che matematica». È una noti zia, invece, che uno dei matematici più promettenti del mondo, medaglia Fields (il Nobel del settore) a 36 anni, venga da uno dei paesi più laicizzati d’Europa per dire che questo Papa è «tutt’altro che antimoderno » e che «gli scienziati si devono sentire interpellati dalla sua enciclica» perché nel magistero di Ratzinger si può trovare quel «fondamento solido per dare valore alla conoscenza » che li ossessiona. È successo lunedì sera a Milano, al teatro Nazionale, dove Laurent Lafforgue era ospite del Centro culturale di Milano e dell’Associazione Euresis.
Presentato dall’astronomo Marco Bersanelli, Lafforgue ha riletto la Caritas in veritate alla luce non di Galileo o di Gauss, ma di San Paolo, del profeta Isaia e dei Padri della Chiesa, avendo cura di distinguere quelli di lingua latina che «danno poco valore alla cultura rispetto alla fede» – dai greci, e rilevando che «il risultato dell’incontro tra fede cristiana e razionalità greca spalmato su secoli di storia è riassunto nel discorso di Benedetto XVI a Ratisbona». Un’ora e mezza di lezione per ribadire la battaglia che lo ha reso famoso in Francia, quella per liberare il sistema educativo nazionale dall’assedio della democratizzazione a tutti i costi, dello scientismo, del costruttivismo…
«Non è difficile per noi pensare al cristianesimo come alla religione dell’amore, mentre è più difficile capire che è anche la religione della conoscenza» ha detto, invitando a chiedersi «se il comandamento ebraico dell’amore esiga di insegnare la conoscenza, se ciò che dice San Giovanni della Croce – nella sera saremo esaminati sull’amore – si riferisce anche al sapere». Lafforgue ha cercato la risposta ovunque. Persino in Isaia e nelle sue «durissime» parole che «evocano il fenomeno della distruzione dei contenuti del sapere avvenuta nelle nostre università in questi decenni». Nel magistero di Benedetto XVI, è la sua lettura, si attua «il ricongiugtimento della matrice greca alla fede cristiana», secondo la quale, ed è la concezione del Logos, la verità, come l’amore, è sottratta al controllo della volontà e «l’amore risplende solo nella verità come Dio risplende solo nel Cristo, attraverso il Logos incarnato». Conclusione: la religione cristiana è tutt’altro che nemica della scienza: «per il cristiano le conoscenze sono come le scintille dell’unica verità e quindi ogni conoscenza è buona purchè ispirata dall’attesa della verità intera, il logos divino». Poiché «il mistero della relazione padre-figlio è il fondamento teologico della conoscenza e del suo valore ha aggiunto – il Papa nell’enciclica rafforza l’obbligo di coltivare il sapere».