Maurizio Vitali, Quotidiano del Meeting, 23 agosto 2015
Per apprezzare davvero l’acqua occorre provare la sete. Il primo dei filmati proposti nella mostra “Misteriosa è l’acqua” (a cura dell’Associazione Euresis), bellissime immagini con testo tratto da un racconto di Corman Mc-Carty, è fatto così bene che il visitatore sente quasi l’arsura, e così può condividere l’invocazione, il grido dell’uomo allo stremo delle forze in terra arida, l’immensa sua gratitudine per la piccola pozza che finalmente incontra come dono inaspettato, la leggerezza con cui ora può riprendere il cammino. Diciamolo subito: la dinamica della sete e l’esserci (misterioso come la mostra documenta) dell’acqua sono forse la migliore analogia, il miglior riflesso della mancanza che l’uomo sente in fondo al suo cuore, il desiderio dell’acqua che dà la vita eterna, cioè la vita piena. «La pista della sete ci è apparso un ottimo percorso di ricerca attorno al tema di questo Meeting – conferma Mario Gargantini, direttore di Emmeciquadro e tra i curatori della mostra – perché la sete è un’esperienza umana comune a tutti, che ci consente di andare alle sorgenti dell’umano che è esigenza di tutte quelle valenze che l’acqua richiama: vita, purezza, chiarità, limpidezza, freschezza».
Basterebbe già il titolo della mostra – Misteriosa è l’acqua – per incuriosirsi ed entrare a visitarla. Misteriosa l’acqua?, ci viene da dire. Se c’è una cosa che tutti conosciamo bene, è l’acqua. Pardon, crediamo di conoscere. Il titolo è tratto da una frase di Romano Guardini, tra i maggiori teologi del Novecento.
Godibilissimi e facili (cioè comprensibili, non banalizzati) sono i percorsi di questa esposizione che si snoda con pannelli, ovviamente, un paio di filmati e qualche piccolo esperimento pratico che funziona come il piccolo chimico, o come il trenino: è adattissimo ai bambini ma finisce con l’essere irresistibile per papà e nonni.
Il primo percorso è duplice: segue una linea della storia umana che in tutte le civiltà ha avuto nell’acqua l’elemento essenziale e fondante, e insieme il valore simbolico più profondo. L’uomo abita vicino all’acqua, beve, impara a far bere i campi e il bestiame; riesce con gli acquedotti romani a trasferirla dove serve. L’acqua è vita, anche potere: chi naviga per primo gli oceani è padrone del mondo. Chi non ha i fiumi se li inventa, tipo Milano che è città d’acqua per via dei Navigli, sui quali ha messo la testa uno che di testa ne aveva mica poca, come Leonardo. A Suez e Panama si tagliano continenti. In questo percorso si galoppa dalla Genesi in cui Dio separa le acque che stanno sopra il cielo da quelle che stanno sotto, alla Mesopotamia ( in mezzo ai fiumi), all’Egitto del Nilo (dalle cui acque sorge il sole), a Grecia, Roma, Medioevo su su fino ai giorni nostri, approfondendo il valore dell’acqua nella grandi religioni.
Un altro percorso è intitolato Il pianeta blu, fa vedere come il nostro pianeta sia inspiegabilmente e provvidenzialmente il pianeta dell’acqua. Da dove venga l’acqua è oggetto di ipotesi, non di certezze. E comunque, di tutti i posti dove l’acqua è presente nell’universo, la terra sembra proprio il più inadatto. E qui si entra nell’ulteriore percorso, quello scientifico, che spiega perché dobbiamo bere, com’è che un cactus sta benone nel deserto e il banano ci muore, come mai tutti gli esseri viventi, dall’ameba al tirannosauro passando per l’uomo, hanno lo stesso tipo di meccanismo per dissetarsi. Stabilendo una straordinaria «comunanza tra i viventi» ben richiamata dal titolo “fratelli d’acqua”.
«Queste considerazioni – sottolinea il prof. Gargantini – ci hanno portato ad allargare lo sguardo nella traiettoria della ecologia integrale indicata da Benedetto XVI e oggetto dell’Enciclica Laudato sii di papa Francesco: la natura come dono, l’unità profonda di tutta la realtà (che non si può fare a pezzi!), il senso e la cura della comune dimora».