Scienza e fede, particelle elementari

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Avvenire, 15 novembre 2012, di Roberto I. Zanini
«Amore per la scienza e amore per la fede». È questa in sintesi la motivazione del Premio internazionale Cultura cattolica, che domani sarà consegnato a Ugo Amaldi, fisico presso il Cern di Ginevra (la cerimonia, con inizio alle ore 20,30, avrà luogo al Museo civico di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza). Un amore apertamente manifestato in molti scritti, incontri pubblici e nei tanti dibattiti organizzati negli ultimi anni sul rapporto fra fede e scienza.

Professor Amaldi, ma la scienza cosa ha da insegnare alla fede?
«Le scienze studiano i fenomeni naturali e nei fatti non hanno nulla da dire alla fede. Però gli scienziati credenti e quelli che si pongono la domanda sulla fede sentono la necessità di integrare in maniera coerente la fede e la visione fisica del mondo. Così facendo devono affrontare questioni che si collocano alla frontiera fra alcune affermazioni del cristianesimo e ciò che loro sanno del mondo naturale. Difficoltà che talvolta possono essere illuminanti anche per coloro che non sono scienziati».

Ha un esempio immediato?
«Il primo che mi viene in mente è relativo al problema della morte e della sofferenza che per la fede sono conseguenze del peccato. Ma uno scienziato vede la morte come necessità, perché senza di essa non vi sarebbe evoluzione e di conseguenza non si sarebbe evoluto l’homo sapiens con la sua intelligenza. Due cose che apparentemente non possono andare d’accordo. D’altra parte non si può non restare meravigliati dalla complessità e dalla logica sottese alla maggior parte dei fenomeni naturali e questo è per uno scienziato credente un’apertura al trascendente».

Perché nel dibattito fra scienza e fede non entra quasi mai la figura di Cristo?
«Effettivamente, e purtroppo, in questi dibattiti Gesù non compare quasi mai. Si preferisce parlare del Dio Creatore, del Dio che mantiene l’universo in essere e non si connette mai la figura del Cristo con le conoscenze degli scienziati, né queste vengono mai connesse con lo Spirito Santo che, in quanto scienza e sapienza sarebbe perfettamente a tema. Ma tornando alla sua domanda, il motivo penso risieda nel fatto che il rapporto personale che il credente ha con Cristo è completamente diverso dal rapporto impersonale che lo scienziato ha con i fenomeni naturali che studia. Viaggiano su piani diversi. Invece il Dio Creatore è strettamente connesso con la natura che è l’oggetto di studio dello scienziato».

I sempre più frequenti dibattiti fra scienza e fede hanno maturato una nuova sensibilità nel mondo scientifico?
«La mia esperienza dice che questo dibattito è considerato interessante solo da coloro che a priori si pongono, anche se non credenti, il problema della fede. Gli agnostici, gli atei continuano a considerare con fastidio questa relazione fra scienza e fede, la vedono come inutile».

Nel suo ultimo libro, «Sempre più veloci» (in uscita da Zanichelli), lei spiega i motivi per i quali i fisici accelerano le particelle…
«I motivi sono essenzialmente tre: per studiare sempre più nei dettagli il mondo subatomico; per produrre, nelle collisioni fra particelle, nuove particelle che non esistono nel mondo intorno a noi, ma esistevano nel primo miliardesimo di secondo dopo il Big Bang. per poi studiare le relazioni che le legano alle particelle che formano la materia. Il terzo motivo è forse il più affascinante ed è dettato dal desiderio di ricostruire l’evoluzione dell’universo a partire da quel miliardesimo di secondo, in modo da giustificare la formazione delle stelle e delle galassie, che è accaduta milioni di anni dopo».

Il 4 luglio scorso il Cern ha annunciato una scoperta sensazionale…
«È stata dimostrata l’esistenza di un campo, un mezzo immateriale che riempie tutto lo spazio, che interagisce con le particelle che lo attraversano rallentandone alcune più di altre e quindi fornendole di massa maggiore o minore. L’esistenza di questo campo è stata provata osservando le sue oscillazioni localizzate, che vengono create nella collisione di particelle che noi chiamiamo particelle di Higgs. Pertanto queste particelle, il cosiddetto Bosone di Higgs, per i fisici sono un mezzo, non il fine della loro ricerca. Un mezzo che consente di affermare che lo spazio è tutto riempito da un campo che chiamiamo il Campo di Higgs, cioè quel qualcosa che dà la massa alle particelle».

Ciò che fornisce massa anche al mio e al suo corpo?
«Se gli elettroni che ruotano intorno ai nuclei atomici del mio corpo hanno una massa e non cessano mai di ruotare è perché esiste il Campo di Higgs. Se venisse cancellato il mio corpo si disintegrerebbe».

Nel 1992 lei ha istituito la Fondazione Tera per la terapia con le radiazioni adroniche. In cosa consiste?
«Ogni anno 120 mila italiani sono irradiati con fasci di raggi X, cioè fanno radioterapia, che, insieme a chirurgia e chemioterapia, è e resta fondamentale per la cura dei tumori. Tuttavia, fasci di protoni e ioni carbonio hanno la proprietà di essere più precisi dei raggi X e quindi di risparmiare i tessuti e gli organi sani molto vicini al tumore: cosa che accade in circa il 10% dei casi. La Fondazione ha completato nel 2003 a Pavia la progettazione di un acceleratore di protoni e ioni carbonio. Costruito dalla Fondazione Cnao e dall’Infn ha trattato il primo paziente nel settembre del 2011 e si prevede di trattarne più di mille ogni anno. È ancora presto per avere statistiche sull’efficacia di questa terapia, ma si tratta di un campo in cui i giapponesi sono all’avanguardia e al di fuori del Sol Levante esiste nel mondo un solo altro centro come quello di Pavia, a Heidelberg in Germania».