L’universo «non è caos o risultato del caos, ma anzi appare sempre più chiaramente come complessità ordinata» che «ha origine nella Parola creatrice di Dio». Lo ha ribadito il Papa parlando giovedì mattina, 8 novembre, ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, ricevuti in udienza nella Sala Clementina.
Eccellenze,
Distinti Signori e Signore,
Saluto i membri della Pontificia Accademia delle Scienze in occasione di questa Assemblea Plenaria, ed esprimo la mia gratitudine al vostro presidente, professor Werner Arber, per le cordiali parole di saluto a nome vostro. Sono anche lieto di salutare il Vescovo Marcelo Sánchez Sorondo, vostro Cancelliere, e lo ringrazio per l’importante lavoro che svolge per voi.
La presente sessione plenaria su «Complexity and Analogy in Science: Theoretical, Methodological and Epistemological Aspects» (Complessità e analogia nella scienza: aspetti teoretici, metodologici ed epistemologici), tocca un argomento importante che dischiude una serie di prospettive che puntano verso una nuova visione dell’unità delle scienze. Di fatto, le importanti scoperte e i progressi degli ultimi anni c’invitano a esaminare la grande analogia tra fisica e biologia che si manifesta chiaramente ogni qualvolta otteniamo una comprensione più profonda dell’ordine naturale. Se è vero che alcune delle nuove nozioni ottenute in questo modo ci possono permettere di trarre anche conclusioni sui processi del passato, questa estrapolazione mette altresì in rilievo la grande unità della natura nella complessa struttura dell’universo e il mistero del posto che l’uomo occupa in esso. La complessità e la grandezza della scienza contemporanea in tutto ciò che consente all’uomo di sapere sulla natura ha ripercussioni dirette sugli esseri umani. Solo l’uomo può ampliare costantemente la propria conoscenza della verità e ordinarla saggiamente per il bene proprio e del suo ambiente.
Nei vostri dibattiti avete cercato di esaminare, da un lato, la dialettica in corso sulla costante espansione della ricerca scientifica, dei metodi e delle specializzazioni e, dall’altro, la ricerca di una visione comprensiva di questo universo in cui gli esseri umani, dotati di intelligenza e di libertà, sono chiamati a capire, amare, vivere e lavorare. Attualmente, la disponibilità di potenti strumenti di ricerca e il potenziale per compiere esperimenti altamente complessi e precisi hanno permesso alle scienze naturali di avvicinarsi alle fondamenta stesse della realtà materiale in quanto tale, pur senza riuscire a capire del tutto la sua struttura unificante e la sua unità ultima. L’infinita successione e la paziente integrazione di diverse teorie, dove i risultati ottenuti servono a loro volta come presupposto per nuove ricerche, attestano sia l’unità del processo scientifico, sia l’impeto costante degli scienziati verso una comprensione più appropriata della verità della natura e una visione più inclusiva della stessa. Possiamo pensare qui, per esempio, agli sforzi della scienza e della tecnologia per ridurre le diverse forme di energia a una forza elementare fondamentale, che ora sembra essere meglio espressa nell’emergente approccio della complessità come base per modelli esplicativi. Se questa forza fondamentale non sembra più essere tanto semplice, ciò sfida i ricercatori a elaborare una formulazione più ampia, capace di abbracciare sia i sistemi più semplici, sia quelli più complessi.
Questo approccio interdisciplinare alla complessità mostra anche che le scienze non sono mondi intellettuali separati l’uno dall’altro e dalla realtà, ma piuttosto che sono collegati tra loro e volti allo studio della natura quale realtà unificata, intelligibile e armoniosa nella sua indubbia complessità. Questa visione contiene punti di contatto fecondi con la visione dell’universo adottata dalla filosofia e dalla teologia cristiane, con la nozione di essere partecipato, in cui ogni singola creatura, dotata della propria perfezione, partecipa anche a una natura specifica, e ciò all’interno di un universo ordinato che ha origine nella Parola creatrice di Dio. È proprio questa intrinseca organizzazione «logica» e «analogica» della natura a incoraggiare la ricerca scientifica e a portare la mente umana a scoprire la compartecipazione orizzontale tra esseri e la partecipazione trascendente da parte del Primo Essere. L’universo non è caos o risultato del caos, ma anzi appare sempre più chiaramente come complessità ordinata che ci permette di salire, attraverso l’analisi comparativa e l’analogia, dalla specializzazione verso un punto di vista più universalizzante e viceversa. Mentre i primi istanti del cosmo e della vita eludono ancora l’osservazione scientifica, la scienza si ritrova però a riflettere su una vasta serie di processi che rivela un ordine di costanti e corrispondenze evidenti e serve da componente essenziale della creazione permanente.
È in questo contesto più ampio che vorrei osservare quanto si sia dimostrato fecondo l’uso dell’analogia nella filosofia e nella teologia, non soltanto come strumento di analisi orizzontale delle realtà della natura, ma anche come stimolo alla riflessione creativa su un piano trascendente più elevato. Proprio grazie alla nozione della creazione il pensiero cristiano ha utilizzato l’analogia non solo per investigare le realtà terrene, ma anche come mezzo per salire dall’ordine creato alla contemplazione del suo Creatore, con la dovuta considerazione per il principio secondo cui la trascendenza di Dio implica che ogni similarità con le sue creature necessariamente comporti una più grande dissimilarità: mentre la struttura della creatura è quella di essere un essere per partecipazione, quella di Dio è di essere un essere per essenza, o Esse subsistens. Nella grande impresa umana di cercare di dischiudere i misteri dell’uomo e dell’universo, sono convinto del bisogno urgente di dialogo costante e di cooperazione tra i mondi della scienza e della fede per edificare una cultura di rispetto per l’uomo, per la dignità e la libertà umana, per il futuro della nostra famiglia umana e per lo sviluppo sostenibile a lungo termine del nostro pianeta. Senza questa necessaria interazione, le grandi questioni dell’umanità lasciano l’ambito della ragione e della verità e sono abbandonate all’irrazionale, al mito o all’indifferenza, a grande detrimento dell’umanità stessa, della pace nel mondo e del nostro destino ultimo.
Cari amici, nel concludere queste riflessioni, vorrei attirare la vostra attenzione sull’Anno della fede che la Chiesa sta celebrando per commemorare il cinquantesimo anniversario del concilio Vaticano II. Ringraziandovi per il contributo specifico dell’Accademia al rafforzamento del rapporto tra ragione e fede, vi assicuro del mio profondo interesse per le vostre attività e delle mie preghiere per voi e per le vostre famiglie. Su tutti voi invoco le benedizioni di Dio Onnipotente della saggezza, della gioia e della pace.
(C) L’Osservatore Romano