Arrigo Levi, Corriere della Sera, 22 agosto 2012
Non so quanti di coloro che si sono sforzati di capire, non essendo fisici ma leggendo i giornali, che cosa sia il bosone, abbiano scoperto, ora che è scemato l’entusiasmo per la cattura, dopo una caccia durata 48 anni, di questa straordinaria particella che «dà la massa a tutte le altre», che il soprannome originale del bosone non era affatto quello di God particle, ossia «particella di Dio». Al contrario, il premio Nobel Leon Lederman, per spiegarne l’importanza ai profani, aveva scritto un libro intitolato The Goddamn particle: ossia, «La maledetta particella», maledetta da Dio perché da decenni non si faceva trovare, anche se gli scienziati sapevano che c’era. Fu l’editore ad avere l’idea di cambiare il titolo in The God particle. Il titolo piacque e prevalse. Del resto, una particella che in qualche modo dava vita e peso a tutte le altre, non doveva per forza avere qualcosa di divino? Non assicurava forse la Bibbia (Genesi, 1) che «in principio Iddio creò il cielo e la terra?». Chi scrisse, nell’antica lingua, Bereshit bara Elohim et hashamaim ve et haaretz, purtroppo non sapeva che avrebbe potuto scrivere, al posto del nome di Elohim, «bosone», o tutt’al più «bosone di Higgs», prevedendo il nome dello scienziato, oggi ancora vivente, che ne scoprì l’esistenza qualche decennio fa.
Ma allora, visto che al momento della creazione c’era presente il bosone a dare il giusto peso all’universo, Dio che ci sta a fare? Che c’entra? O forse non c’entra affatto, perché «Dio», all’attimo della creazione dell’universo, semplicemente non c’era? Non so quanto sia risultato convincente lo scienziato che, sull’«Osservatore Romano», si è sforzato di spiegarci, con i suoi «accenni balbettanti» (è lui stesso che così li ha definiti), che questa scoperta conferma che «lo spazio, ancorché vuoto, non coincide con il nulla» e che «una fluttuazione quantistica del vuoto può sì far emergere materia-energia lì dove non c’era»; ma che non per questo si tratta di una «creazione dal nulla, ovvero creatio ex nihilo», ma soltanto di una «trasformazione». Se ho capito bene, il lungo articolo del giornale vaticano mirava, o così mi è parso, a rassicurare i teologi e i credenti sull’esistenza di Dio, nonostante il bosone. L’autore ci assicura anzi che se «il bosone di Higgs» riuscisse a «far riavvicinare gli scienziati alla teologia e i teologi alla scienza», meriterebbe di trasformarsi davvero in «superparticella di Dio».
Questo mi sembra davvero un po’ troppo. Il Signore Iddio, come noi uomini l’abbiamo pensato e immaginato a fin di bene (anche se non sempre: a volte l’abbiamo stravolto e trasformato in una giustificazione per compiere azioni malvagie), con questa particella o superparticella oggi scoperta non credo abbia proprio nulla a che fare. L’Iddio che, forse con un eccesso di entusiasmo, i nostri antenati immaginarono addirittura come «Creatore del cielo e della terra», è comunque cosa nostra: ci è stato compagno di viaggio nel lungo percorso che la no- stra specie ha compiuto nel corso di decine di migliaia di anni. È, direi quasi, «cresciuto con noi» (per i credenti in Dio penso che siamo noi a essere cresciuti con Lui).
E bensì vero che c’è ancora oggi chi invoca il nome di Dio per compiere orrendi misfatti. Costoro ci fanno orrore. Ma anche noi laici non credenti rispettiamo e ci sentiamo vicini a coloro che trovano conforto e forza per fare opere buone nella loro fede in Dio e nelle loro invocazioni a Dio; e non ci sogniamo davvero di mettere in dubbio l’importanza della loro fede nell’esistenza di Dio. Con buona pace del bosone, che, con questa straordinaria storia del millenario dialogo tra l’uomo e Dio sul pianeta Terra non c’entra proprio per nulla. Preferiremmo soltanto che si smettesse di definire il bosone «particella di Dio». È una definizione che anche a noi laici suona irrispettosa e che può soltanto suscitare confusione. La scienza faccia la sua parte, e lasci che la nostra intensa riflessione sulle sorti dell’umanità, e su Dio, faccia la sua.