Avvenire, 14 Aprile 2012, di Lorenzo Fazzini
Il cardinale di Sydney George Pell e il biologo ateo Richard Dawkins faccia a faccia in Australia su fede e scienza: un dialogo a tutto campo. Il polemista: «I fisici cercano le origini dell’universo, inutile chiedersi il perchè». L’arcivescovo: «Ma interrogarsi distingue l’uomo dagli animali»
In Australia è stato il programma televisivo più visto sull’emittente Abc degli ultimi 2 anni. E ha dimostrato che il Paese oceanico «è molto meno secolare di quello che sembra», come ha scritto l’editorialista del The Australian Greg Sheridan. Sono stati quasi un milione gli australiani che lunedì scorso si sono sintonizzati sul programma Questions and Answers per ascoltare Richard Dawkins, «l’ateo più famoso del mondo», e il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, dialogare e dibattere su “Dio e la scienza”. Si è trattato del confronto più “alto” – finora – tra un esponente del New Atheism e un rappresentante della Chiesa cattolica (nel 2000, l’allora dialogo Ratzinger-Flores d’Arcais non vedeva ancora il direttore di MicroMega sposare le tesi neoateiste …). E così circa 863 mila spettatori hanno assistito al duello, di fioretto e “di spada”, tra il biologo darwinista e il cardinale d’Oceania. Ma in realtà spesso e volentieri le parti si son quasi rovesciate, anche se non sono mancate le “punture” reciproche. Come quando Pell ha definito «un teista» Charles Darwin perché «egli non poteva credere che il cosmo immenso e tutte le cose meravigliose del mondo sono nate per caso o per necessità». E alla piccata annotazione di Dawkins «questo non è vero!» – Pell ha replicato: «È a pagina 92 della sua autobiografia. Vai a leggertelo». Prendendosi così una bella dose di applausi del pubblico che assisteva dal vivo negli studi televisivi. Dicevamo del rovesciamento dei ruoli, un fatto sollecitato dalle domande interattive del pubblico (via Twitter). Ad esempio. Pell ha sostenuto in diverse occasioni che gli atei possono essere «persone buone e responsabili». Al giornalista-arbitro Tony Jones che gli chiedeva se l’ateismo fosse un atto cattivo, il cardinale ha risposto: «Nella maggior parte dei casi, no». E da parte sua il biologo senza Dio ha speso parole inconsuete pergli effetti benefici del credere: «E perfettamente possibile che credere in Dio abbia conseguenze positive sulla salute”. Per poi evidenziare: «Ammesso anche che Dio sia un placebo, a me in realtà interessa sapere se egli esiste o no». In chiave teologica, Dawkins ha rigettato l’idea che «il solo modo in cui noi possiamo esser redenti dal peccato sia tramite la morte di Gesù. Questa è un’idea orribile». E ha lanciato una sfida, non nuova, alla teologia, rifiutando la concezione che «Dio, il massimo di sapienza, conoscenza e potere non abbia pensato a un modo migliore di perdonare il nostro peccato se non venire sulla terra nel suo alter ego, cioè suo figlio, e lasciarsi torturare e uccidere cosicchè lui potesse perdonare se stesso». Al che Pell ha proposto come replica la sua esperienza di pastore tra la gente: «La prima Pasqua da prete mi trovavo in Italia, in un villaggio: tutti gli uomini erano andati in Germania e in Svizzera per trovare lavoro, venivano a casa solo tre settimane l’anno. Non sapevo cosa dire a quella gente. Ripetevo loro: “Guardate come anche Cristo ha sofferto. Egli è morto sulla croce e noi crediamo che attraverso la sua sofferenza il bene alla fine trionferà”». Patrlando del darwinismo, Dawkins ha sottolineato che la selezione evoluzionistica «non avviene per caso: nella natura ci sono schemi reali». E ha rimarcato: «Vivere in una società darwinista sarebbe una cosa molto spiacevole, sarebbe vivere in un mondo thatcheriano. Quel che possiamo imparare dall’evoluzione è una lezione oggettiva su come non costruire i nostri valori e le nostre società». Su un aspetto filosofico, centrale e fondativo, i due duellanti sono rimasti agli antipodi. Ovvero, sulla grande domanda del “perché”. Per Dawkins «la scienza sta lavorando sul problema dei fattori antecedenti che hanno portato alla nostra esistenza». Insomma, al momento nessuna risposta definitiva dai laboratori: «I fisici stanno ancora lavorando sulle origini dell’universo. Ma il “perché” in ogni altro senso, il “perché” nel senso di uno scopo, rappresenta» secondo Dawkins «una domanda senza significato». Al che Pell ha avuto gioco facile a ribattere: «Fa parte dell’essere umano chiedersi perché esiste. L’interrogarsi ci distingue dagli animali. E sul chiederci perché siamo qui la scienza non ha niente da dirci, sebbene vi sia un terreno comune» trae fede e ricerca scientifica.
L’autore de La delusione di Dio (Mondadori) ha ribadito di non volersi dichiarare ateo bensì «agnostico». Ma qui Pell ha spulciato in un blog di Dawkins nel 2002 – l’interessato si è mostrato sorpreso e spiazzato da questa citazione – per spiegare come la scelta dell’ateismo militante sia stata ben calcolata dal biologo di Oxford: «Egli stava discutendo se era agnostico o non teista. Disse di preferire il termine ateo perché più esplosivo e dinamico». Il bilancio? Il commentatore Sheridan su The Australian parla di “rivelazione” nell’aver seguito il dibattito Dawkins-Pell: «I media laici, coscientemente o inconsciamente, censurano le voci cristiane ortodosse. E ospitano di solito quelle che si concentrano su questioni sociali e più o meno non citano Dio, oppure coloro che entrano nel dibattito pubblico per condannare la comunità cristiana cui appartengono. Il cardinale Pell invece è stato chiaro, fiducioso in se stesso, erudito ma facilmente comprensibile come portavoce del cristianesimo australiano». Insomma, non tutta la televisione è “cattiva maestra”.