Avvenire, 09 Febbraio 2012, di Roberto Timossi
Al Cern di Ginevra sembrano essere ormai molto vicini a dimostrare l’esistenza dell’ormai famoso bosone di Higgs o almeno così pare a seguito di alcuni esperimenti con LHC, il più grande acceleratore di particelle attualmente in attività. Certo la “prova provata” che la particella di Dio esista realmente non c’è ancora, ma non possiamo che auspicare che il risultato definitivo sia presto conseguito, perché si tratterebbe della conferma della validità del modello standard utilizzato per descrivere la struttura e il funzionamento del mondo atomico e subatomico. Con la presenza di questo bosone sarebbe inoltre spiegata la possibilità di esistenza del nostro Universo dopo il Big Bang, dal momento che da esso dipende la generazione di particelle dotate di massa, quindi in grado di interagire per far scaturire dall’energia primordiale la materia di cui anche noi siamo fatti. C’è chi sembra attendere i risultati della ricerca del bosone di Higgs come se si trattasse della scoperta della pietra filosofale della creazione, come se si fosse in procinto di acquisire un sapere in grado di porre la parola fine al problema dell’esistenza di Dio. Questo accade immancabilmente da quando il premio Nobel Leo Lederman pensò di chiamarlo “particella di Dio” sperando di convincere le autorità politiche statunitensi a non revocare i finanziamenti per l’acceleratore del Fermilab di Chicago. Fatto sta che per chi fa aperta propaganda di ateismo il bosone di Higgs da particella di Dio si è trasformata in “particella Dio”, ossia in qualcosa in grado di surrogare in tutto e per tutto il ruolo del Creatore trascendente. Forse per questo motivo qualcuno ha accolto con stupore il fatto che una delegazione del Comitato per il progetto culturale della Cei ha visitato nello scorso mese di gennaio i laboratori del Large Hadron Collider di Ginevra. In realtà l’idea che una scoperta scientifica possa trasformarsi in una negazione dell’esistenza di Dio è frutto di una visione più ideologica che scientifica. Come ha scritto il cosmologo Martin Bojowald in un recente saggio («Prima del Big Bang» edito da Bompiani), nonostante la scienza abbia compiuto e compia progressi inebrianti, non si deve mai perdere di vista le sue limitazioni, che sono tanto più grandi quanto più ci si avvicina ai suoi margini. Sia con la microfisica sia con l’astrofisica e la cosmologia gli scienziati stanno ormai operando ai confini estremi della conoscenza empirica. Anche sulla scoperta del bosone di Higgs occorre essere cauti e attendere che questa avvenga realmente; ma già fin d’ora si può affermare che con essa non verrebbe minimamente confutata o resa superflua l’esistenza di Dio. Per ammissione di molti illustri fisici, infatti, con questa particella non si svela fino in fondo il mistero della massa perché resterà sempre da spiegare come mai le masse delle particelle hanno determinati valori e non altri, per altro finemente sintonizzati per consentirci di esistere. Casomai risulterebbe vero l’esatto contrario, visto che la verifica sperimentale della validità del modello standard delle particelle elementari è anche la conferma della presenza nel mondo di una simmetria e forse addirittura di una supersimmetria, quindi di un ordine armonico che è la condizione prima per poter parlare dell’esistenza di un Creatore intelligente. Di fronte a ciò è altresì giusto l’invito rivolto da un autorevole esponente della delegazione della Cei in visita a Ginevra a un «ripensamento teologico sulla base della trama meravigliosa dei risultati che le scienze ci danno; diversamente il tentativo di rilegare Cristo al di fuori del creato potrebbe risultare facile».