In ascolto dell’eco del Big Bang

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

L’Osservatore Romano, 27 ottobre 2010, di Maria Maggi
La prima mappa dei cielo realizzata dal satellite europeo Planck per lo studio della radiazione cosmica di fondo è completata. E basata sulle osservazioni compiute fra l’agosto 2009 e il giugno 2010 ed è un’anticipazione del primo consuntivo ufficiale dei dati acquisiti finora nella missione. Oltre a mostrare un quadro dettagliato dell’emissione galattica, ha ofltrto la prima concreta dimostrazione delle grandi prestazioni che è in grado di realizzare.
Il satellite Planck è stato lanciato il 14 maggio 2009, una data importante per la scienza europea e anche per l’Italia. Ha preso il volo dalla base di Kourou (Guyana francese) dopo ritardi e tentennamenti, assieme al satellite Herschel. Entrambi sono progetti dell’Agenzia spaziale europea (ESA). Numerosi scienziati italiani, a partire dal 1993, sono stati impegnati nel progetto dì Planck, che ha portato alla costruzione del più potente telescopio a microonde mai costruito, contenuto nel satellite. A circa otto settimane dal lancio Planck ha raggiunto la sua meta: il punto lagrangiano L2, attorno al quale sta ora orbitando. Si tratta di un punto di equilibrio a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, esternamente all’orbita terrestre in direzione opposta rispetto al Sole. Questa posizione é ottimale per una missione cosmologica, perché da lì si ha un ampio campo di vista, con minime interferenze da parte di Terra, Sole e Luna e si ha una buona stabilità termica, essenziale per non disturbare le misurazioni.
La missione di Planck, infatti, è quella di osservare l’universo in un tempo primordiale, molto vicino al momento stesso del Big Bang, circa 13,7 miliardi di anni fa. Queste osservazioni permetteranno agli scienziati di confermare i modelli di formazione dell’universo attualmente accettati, di rispondere ad alcune delle principali domande che l’uomo si pone. L’universo continuerà a espandersi all’infinito? Qual è l’esatta età dell’universo? Oppure, cercando di affiancare gli studi in corso ali’LHC del CERN, di cosa è fatta la «materia oscura»?
Per rispondere a queste domande, e a molte altre, Planck sta osservando la radiazione di fondo a microonde (cosmic microwave background), con la massima sensibilità mai raggiunta finora. La radiazione dì fondo non proviene da una regione precisa dello spazio, ma permea l’intero universo, essendo la prima luce che sia riuscita a liberarsi nel giovanissimo universo, fino ad allora estremamente caldo e denso tanto che la radiazione, gli elettroni, i protoni e le altre parti celle subatomiche, costituivano un unico plasma, detto «brodo» priniordiale. Per questo motivo l’universo era opaco e la radiazione (o luce) non poteva diffondersi liberamente.
Questa luce, liberatasi e quindi emessa 380.000 anni dopo il cosiddetto Big Bang, ha continuato a viaggiare nello spazio, e oggi si presenta a noi come una radiazione. detta appunto «di fondo», di ridottissima energia, che riempie quasi uniformemente l’universo. In realtà vi sono delle piccolissime differenze dette anisotropie nella temperatura della radiazione di fondo. E sono proprio queste piccole differenze che possono raccontarci tantissimo sulla formazione e composizione dell’universo.
Il fondo cosmico a microonde è il corpo nero più perfetto che l’uomo abbia mai osservato, ed emette radiazione a una temperatura bassissima ed estremamente costante di 2,73 gradi kelvin (circa -270 celsius). Anche per questo la missione che sta studiando la radiazione cosmica di fondo, inizialmente chiamata Cobras-Samba, è stata poi rinominata Planck in onore del grande fisico tedesco Max Planck, che per primo spiegò lo spettro dei corpo nero, introducendo il concetto di «quanto» di energia.
La radiazione di fondo, prevista teoricamente alla fine degli anni Quaranta da George Gamow fu scoperta per caso nel 1965 da Arno Penzias e Robert Wilson, che lavoravano presso i Bell Laboratories in New Jersey. Quella che sembrava una fastidiosa interferenza si rivelò essere la radiazione «fossile» del Big Bang e questa scoperta valse loro il Nobel per la fisica nel 1978.
Poi la missione Cobe lanciata nel 1989 misurò le prime anisotropie, ovvero differenze di temperatura di una parte su 100.000. Per questa scoperta i principali autori dell’esperimento (John Mather e George Smoot) vinsero il Nobel per la fisica nel 2006. Queste piccolissime differenze di temperatura possono sembrare insignificanti, ma non lo sotto assolutamente, perché ricalcano con precisione i «nodi» nella struttura fisica dell’universo primordiale, apparentemente del tutto uniforme, che hanno dato poi origine agli ammassi di materia che sono diventati galassie, stelle e pianeti. E quindi proprio grazie a queste piccolissime differenze che l’universo è diventato così vario e interessante come lo conosciamo oggi.
In seguito la radiazione di fondo fu studiata dal satellite WMAP (del 2001), e da una brillante piccola missione italiana basata su un pallone stratosferico, Boomerang, con due campagne nel 1998 e 2003. Tutte queste missioni hanno dato fondamentali contributi alla mappatura del fondo cosmico. Ma Planck sta scattando una foto dell’universo bambino cori una nitidezza dieci volte superiore. Sarà il ritratto più accurato mai ottenuto finora, anche perché la missione continuerà fino al 2012 ultimando quattro scansioni complete dei cielo.
Per osservare il cielo Planck dispone di due rivelatori che permettono l’osservazione nel campo delle onde radio e delle microonde. HFI (High Frequency Instrument) che osserva il ciclo tra i 100 e gli 857 GHz, è frutto di una collaborazione tra Europa e Canada. Per le frequenze più basse c’è il LFI (Low Frequency  Instrument): il termometro più sensibile che esista per misurare la temperatura dell’universo. Progettato e realizzato in Italia sotto la responsabilità dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), LFI è costituito da 11 antenne e 11 radiometri posizionati nel fuoco dei telescopio del satellite, in grado di captare il debolissimo residuo a microonde del Big Bang, nella banda compresa fra i 30 e i 70 GHz con una sensibilità tale da distinguere differenze di temperatura di qualche milionesimo di grado kelvin. Il responsabile (principal investigator) di questo strumento è Nazzareno Mandolesi, direttore dell’Istituto di astrofisica spaziale e fisica cosmica di Bologna. I dati sono elaborati e messi a disposizione degli scienziati da un gruppo operante presso l’Osservatorio astronomico di Trieste sotto la guida di Fabio Pasian, mentre un folto gruppo di ricercatori coordinati da Marco Bersanelli dell’Università di Milano stanno già lavorando sulla prima mappa inviata da Planck, per separare con opportune tecniche l’emissione della radiazione cosmica di fondo da quella della nostra galassia in cui siamo immersi. Già si può intravedere attraverso le strutture granulari e le anisotropie l’impronta dell’«inflazione cosmica» in cui l’universo si espanse di 40 ordini di grandezza ossia di un 1 seguito da 40 zeri. Secondo questa teoria, subito dopo il Big Bang, l’universo si sarebbe espanso in maniera accelerata e incredibilmente rapida producendo anche onde gravitazionali. Osservando una particolare polarizzazione delle microonde della radiazione cosmica si potrebbe individuare l’impronta delle onde gravitazionali presenti nel plasma primordiale, fornendo una sorta di sonda capace di arrivare ai primi istanti di vita dell’universo.
La radiazione cosmica di fondo porta con sé informazioni preziose in grado di dare delle risposte alle domande aperte della cosmologia moderna. L’analisi approfondita dei dati che Planck sta inviando permetterà dì decifrare il messaggio nascosto nell’eco del Big Bang.