Quotidiano Meeting – agosto 2010
«L’incontro di oggi ci ha testimoniato la non autosufficienza della scienza. La scienza non basta all’uomo come non gli basta il sapere teologico e filosofico.
Questo accade perché abbiamo un’esigenza di verità infinita e sconfinata». Lo scienziato Bersanelli confessa così i limiti inevitabili della ricerca scientifica nel concludere l’incontro tenuto ieri dal titolo “Quale bene dalla scienza?”
Ad intervenire sono stati Andrea Moro professore di Linguistica generale presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Edward Nelson professore di Matematica all’Università di Princeton. Hanno discusso di ciò che la scienza può offrire ad ogni uomo al di là del beneficio materiale. Moro, il primo a prendere parola ha spiegato l’affinità del metodo scientifico con l’esperienza umana. «Un metodo che è composto da tre elementi: stupore, imprevisto e capacità di fidarsi» Nelson invece appogiandosi allo sguardo profetico di Jules Verne ha indicato i rischi in cui incorre l’uomo attraverso un uso sconsiderato della scienza. Secondo Nelson il compito della scienza è «Celebrare i valori umani per evitare che questi vengano dimenticati». Poi Bersanelli cita S. Agostino e la provocazione porta i due ospiti a raccontare cosa significa fare scienza. “Il semplice sapere rende tristi”cita e poi incalza: «La scienza è sufficiente all’uomo?». È di nuovo Moro a riprendere la parola partendo da dove aveva cominciato: «Se non rendo il metodo commensurabile con me stesso e con le mie domande finisco per stufarmi presto della scienza». Andrea evidenzia l’importanza di mettere se stessi nel proprio lavoro e Nelson a modo suo ci spiega che è della stessa opinione. «Ho trovato un oracolo che risponde a tutte le mie domande. Eccolo – ed indica un orsacchiotto – se ci fosse un tale oracolo non saremmo soddisfatti. Perché? Mancherebbe l’avventura di fare scienza, di sbagliare, di provare un’altra via, di lottare contro l’ignoto, di scoprire e di rimanere stupiti nel vedere qualcosa di veramente nuovo».
«L’incontro di oggi ci ha testimoniato la non autosufficienza della scienza. La scienza non basta all’uomo come non gli basta il sapere teologico e filosofico.
Questo accade perché abbiamo un’esigenza di verità infinita e sconfinata». Lo scienziato Bersanelli confessa così i limiti inevitabili della ricerca scientifica nel concludere l’incontro tenuto ieri dal titolo “Quale bene dalla scienza?”
Ad intervenire sono stati Andrea Moro professore di Linguistica generale presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Edward Nelson professore di Matematica all’Università di Princeton. Hanno discusso di ciò che la scienza può offrire ad ogni uomo al di là del beneficio materiale. Moro, il primo a prendere parola ha spiegato l’affinità del metodo scientifico con l’esperienza umana. «Un metodo che è composto da tre elementi: stupore, imprevisto e capacità di fidarsi» Nelson invece appogiandosi allo sguardo profetico di Jules Verne ha indicato i rischi in cui incorre l’uomo attraverso un uso sconsiderato della scienza. Secondo Nelson il compito della scienza è «Celebrare i valori umani per evitare che questi vengano dimenticati». Poi Bersanelli cita S. Agostino e la provocazione porta i due ospiti a raccontare cosa significa fare scienza. “Il semplice sapere rende tristi”cita e poi incalza: «La scienza è sufficiente all’uomo?». È di nuovo Moro a riprendere la parola partendo da dove aveva cominciato: «Se non rendo il metodo commensurabile con me stesso e con le mie domande finisco per stufarmi presto della scienza». Andrea evidenzia l’importanza di mettere se stessi nel proprio lavoro e Nelson a modo suo ci spiega che è della stessa opinione. «Ho trovato un oracolo che risponde a tutte le mie domande. Eccolo – ed indica un orsacchiotto – se ci fosse un tale oracolo non saremmo soddisfatti. Perché? Mancherebbe l’avventura di fare scienza, di sbagliare, di provare un’altra via, di lottare contro l’ignoto, di scoprire e di rimanere stupiti nel vedere qualcosa di veramente nuovo».