Un grande occhio sul baby-universo

Benedetta CappelliniRassegna Stampa

Giulio Isola, Avvenire, 1 Aprile 2010
L’Italia, in prima fila con ricerca­tori e industria nel progetto in­ternazionale del radiotelesco­pio Ska (Square kilometers array) da 1-2 miliardi di dollari, ha lan­ciato la candidatura di Roma come sede di coordinamento del progetto. «Si sono già manifestati l’interesse e l’impegno del governo perchè le imprese italiane pos­sano partecipare al progetto», ha detto il viceministro per lo Sviluppo economico, Adolfo Urso. L’occasione è stata la con­ferenza stampa organizzata nell’ambito del convegno della Cooperazione gene­tica sulla scienza e la tecnologia (Cost), alla quale hanno partecipato rappresentati dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf ), di Finmeccanica e di Con­findustria. La candidatura di Roma ha trovato il pieno sostegno del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha auspicato che «tutte le forze politiche ed istituzionali siano al nostro fianco in questa importante impresa».

Come una gigantesca antenna
Ska è un progetto avveniristico che prevede 1.500 an­tenne distribuite su una superficie di un milione di metri quadrati: tutte insieme funzioneranno come un’unica gigantesca antenna dal diametro di 3.000 chilome­tri. «Permetterà di fare un e­norme passo in avanti nella conoscenza dell’universo», ha detto il presidente dell’Inaf, Tommaso Maccacaro. Il radio­telescopio sarà infatti così potente da studiare feno­meni ancora misteriosi, come il passaggio dall’univer­so «buio», come era subito dopo il Big Bang, a quello «trasparente alla luce» che vediamo ora. Permetterà anche di capire origine ed evo­luzione dei campi magnetici.

Roma candidata
Il radiotelescopio potrebbe es­sere realizzato in Australia o in Sudafrica e la cabina di regia potrebbe trovarsi a Roma. La proposta, avanzata dal viceministro Urso, ha trovato il pieno consenso del vi­cedirettore generale della Confindustria, Daniel K­raus, e del rappresentante della Finmeccanica nel gruppo di lavoro Ska, Giuseppe Viriglio, presidente della Telespazio. La sede, secondo Urso, potrebbe es­sere la Tiburtina Valley, con ricadute interessanti su ri­cerca e occupazione, considerando che a regime po­trebbero lavorare nella sede da 300 a 350 persone. Una proposta condivisa da Alemanno, per il quale «se la proposta italiana verrà accolta, questo potrebbe pro­durre grandi effetti positivi sulla ricerca e sull’occupa­zione, non solo quella di alta specializzazione». Si apre quindi un’intensa fase di negoziati a livello internazio­nale che, per gli esperti, potrà portare ad una decisio­ne entro l’anno.

Industria italiana in pole position
L’industria italiana ha tutte le competenze per parte­cipare in prima linea al progetto: dall’esperienza nella radiotrasmissione a quella maturata nella realizzazio­ne del telescopio Alma, in costruzione sulle Ande cile­ne, alla competenza nel controllo remoto di antenne e satelliti. «Posso assicurare la partecipazione attiva e costante delle imprese della Confindustria», ha detto Kraus, per il quale prendere parte al progetto aprirà un circolo virtuoso che favorirà un processo innova­tivo per le stesse aziende. Per Viriglio l’industria ita­liana ha inoltre le capacità per gestire in remoto le antenne, riducendo i costi di manutenzione a 200­300 milioni di euro (circa il 10% del costo totale del radiotelescopio).